Affascina nella sua spire di forze sacre e profane, cattura nell’energico contrasto tra religiosità solenne e esoterismo luciferino chiunque si avvicini alla sua storia
Napoli, che venera con devozione il suo patrono San Gennaro che dal 1389 la protegge con il miracolo della liquefazione del sangue, racchiude in sé misteri, scaramanzie e racconti secolari. La tradizione riserva già alla fondazione della città storie diverse della mitologia greca, con protagonista Partenope. Suggestiva è la narrazione della sirena e delle sue sorelle Ligea e Leucosia, citate da Omero nell’Odissea. Ulisse, avvisato dalla maga Circe, aveva ordinato ai suoi uomini di usare tappi di cera per proteggerli dal canto ammaliatore delle incantatrici che li avrebbero uccisi, non prima di essersi fatto legare all’albero maestro della nave. Partenope fu la prima a cantare ma il vascello non si fermò, i canti soavi non sortirono il loro fascino seduttivo sull’equipaggio e a nulla valsero le urla imploranti di Ulisse. Straziata, Partenope si schiantò contro gli scogli e fu riconsegnata alla terra sull’isolotto di Megaride, lì dove sorge il Castel dell’Ovo. Si dissolse allora nella morfologia della città di cui divenne protettrice, con il capo poggiato sull’altura di Capodimonte e i piedi su quella di Posillipo. La storia della bella principessa greca Partenope racconta, invece, di un amore contrastato dal re suo padre, perché promessa in sposa a Eumeo. La fanciulla ed il suo amato Cimone decisero di fuggire su una nave e sbarcarono sul litorale “partenopeo”, una terra fertile, accogliente e mite dove vissero felici.
A Napoli esistono personaggi diffusamente noti e invocati, come ‘o munaciello e ‘a bella ‘mbriana. Il primo (piccolo monaco) deriva probabilmente dagli antichi “pozzari” che si occupavano della gestione delle cisterne nel sottosuolo. Indossavano mantelli simili a sai da monaco e si narra che attraverso i cunicoli sotterranei giungessero nelle case dove rubavano del cibo o corteggiavano le donne. Da qui l’immagine dello spiritello imprevedibile e dispettoso che può sottrarre oggetti ma può anche lasciare beni in cambio di qualche “palpeggiamento” o per simpatia. Esiste pure una versione che sostiene che ‘o munaciello sia stato un personaggio reale durante il regno di Alfonso V d’Aragona (1416-1458), il frutto deforme di un amore infelice tra Caterinella Frezza, figlia di un ricco mercante, e il garzone Stefano Mariconda. ‘A bella ‘mbriana è invece una creatura benevola, gentile, descritta come una donna bella e ben vestita, portatrice di benessere e salute. È una figura solare, tanto che ‘mbriana deriva dal latino meridiana, ovvero simbolo del sole e del calore. L’usanza induce a lasciarle una sedia libera o a salutarla e il suo legame con il geco, nel quale si trasforma se intravista, rende l’animaletto un prediletto delle credenze popolari perché portatore di fortuna.
I napoletani hanno sempre affiancato alla vita la morte, tanto da dare origine ad uno dei luoghi più suggestivi nel ventre della Sanità, il Cimitero delle Fontanelle. Una cava di tufo dove si stipavano i corpi dei poveri con i quali, nei secoli, furono accatastati quelli della peste del 1656 e delle due epidemie di colera del 1836 e del 1884. La devozione popolare trasformò queste “anime del Purgatorio”, definite “malimorti”, in anime capaci di intercessione per l’ottenimento delle grazie. Da ciò la pratica dell’adozione della “capuzzella” (testa), un cranio prescelto da curare meticolosamente. Alle “anime pezzentelle” (anime abbandonate) portatrici di conforto si affianca sovente l’immagine di fantasmi rancorosi, disperati, alla ricerca del riposo eterno.
Nei pressi di Porta Nolana, lungo Corso Garibaldi, esiste un palazzo disabitato per l’inquietante apparizione del fantasma di un soldato spagnolo impiccato al suo interno quando, ai tempi della dominazione spagnola, era adibito a caserma. È denominato “Palazzo dell’impiccato” e terrorizzerebbe per le visioni della testa mozzata che appare penzoloni ad una delle finestre o in cima alle scale. Il soldato sarebbe stato vittima di una delle rivolte popolari ai tempi di Masaniello (1600 ca.) e le apparizioni sarebbero accompagnate da urla strazianti di combattenti che muoiono in guerra, folate di vento e passi di soldati, soprattutto nelle ore serali.
A Corso Secondigliano, al civico 148, ogni 10 agosto apparirebbe il “fantasma di San Lorenzo”. Siamo agli inizi del Novecento e la sventurata Milena, ventisettenne, sarebbe stata data in sposa a Cosimo per volontà paterna e su accordi economici delle famiglie. Non amando lo sposo prescelto e non potendo opporsi al matrimonio, terminati i festeggiamenti con il suo abito bianco e illibato la fanciulla si allontanò nel cruciale momento dell’adempimento dei doveri coniugali, si recò nell’attico del palazzo, volse un ultimo sguardo alle stelle di San Lorenzo, scavalcò la balaustra e si lanciò nel vuoto.
Un breve, coinvolgente viaggio tra vecchi palazzi e sotterranei, tra narrazioni tramandate e dati storici, tra credenze e ritualità di un popolo antico e umanamente sorprendente.
di Barbara Giardiello
Foto di Maria Grazia Scrima
Tratto da Informare n° 176 Dicembre 2017