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Luigi Gaetti: un confronto costruttivo con la redazione di Informare

Antonio Casaccio 05/06/2019
Updated 2019/11/13 at 12:33 PM
6 Minuti per la lettura
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Il sottosegretario di Stato agli Interni Luigi Gaetti

È di sicuro uno dei Ministeri nevralgici del governo gialloverde, è attualmente nelle mani del leader leghista Matteo Salvini ma, oltre l’immigrazione, questo ha differenti importanti competenze e tante di queste, come quella antimafia, fanno parte del lavoro di Luigi Gaetti, sottosegretario del suddetto Ministero.

Durante la giornata per il ricordo della morte dell’imprenditore castellano Mimmo Noviello per mano del clan dei Casalesi, il sottosegretario Luigi Gaetti ha fatto visita alla nostra redazione, restando entusiasmato dall’azione svolta negli anni dall’associazione Officina Volturno e dal suo magazine Informare.

La visita di una tale carica politica ci ha fatto sentire la vicinanza delle istituzioni al nostro lavoro e alle nostre denunce; questo incontro, oltre che occasione di intervista, è stato modo per sederci a tavolo con un sottosegretario che si è dato all’ascolto dei nostri giovani.

Lei ha già avuto passate esperienze in termini di antimafia…

«Sono stato vicepresidente della commissione antimafia con la Bindi, e quando ci sono state le elezioni, i tre papabili sottosegretari all’Interno mi chiesero delle deleghe molto tecniche. Data la mia esperienza con l’antimafia, mi hanno chiesto se avessi voluto continuare quella attività. Sono uno dei sottosegretari, insieme a sanità ed agricoltura, a non essere parlamentare».

Lei dice di non conoscere ancora bene le realtà del casertano pur avendo grosse esperienze, eppure si tratta di problematiche di rilevanza nazionale. La domanda nasce spontanea: come mai?

«Bisogna toccare con mano le problematiche. Ognuno di noi ha il suo percorso, il mio è molto diverso dai 5 stelle perché lo dico con orgoglio: io guadagnavo più da medico che da senatore, per cui mi sento molto libero.

Ho sempre preferito utilizzare un sistema di studio, analisi, esposti in procura e confronto. Non conosco queste realtà in senso stretto ma è ovvio che il problema della camorra l’abbiamo spesso approfondito, ma lo ripeto: un conto è la conoscenza accademica, mentre l’esperienza si fa parlando con la gente».

Lei si è occupato spesso di testimoni e collaboratori di giustizia, molti di loro ripetono di sentirsi abbandonati dallo Stato e soli. Come siete intervenuti? Quali falle avete trovato e quali persistono?

«Collaboratori e testimoni sono due cose diverse. È un discorso complesso: ogni testimone entra in un sistema di protezione, dopodiché, viene aiutato in un percorso economico entrando in una località protetta.

In secondo piano parliamo di sicurezza, molti di loro lamentano il fatto di non essere più scortati, ma viene creato un tavolo tecnico prefettizio con le Forze dell’Ordine, dove si valutano tutti gli elementi e si mettono in atto i controlli.

Hai ragione su una questione: loro vengono lasciati soli per quanto riguarda il livello psicologico, questo è certo ed è una falla. C’è quindi una problematica reale accompagnata da una problematica percepita. Va anche detto che ogni caso è a sé, non si può quindi parlare in maniera generalizzata».

La preoccupa la situazione dei commercianti che non denunciano il racket e in merito alla posizione dell’Europa riguardo la lotta alla criminalità, lei crede sia necessaria una presa di posizione?

«Il fatto che ci siano poche denunce è vero, non solo qui al Sud ma in tutta Italia. Noi ci siamo impegnati a girare in molti contesti e abbiamo cambiato alcuni provvedimenti.

E’ tutto un problema di sensibilità, perché non bisogna far gravare tutto su una persona che denuncia, il problema è nel sistema. Se denunciassero tutti sarebbe diverso. Per quanto riguarda l’Europa bisogna lavorare non in maniera repressiva, cercando di uniformare i provvedimenti perché noi ad esempio abbiamo il sequestro e la confisca mentre in Europa c’è solo la confisca.

Io sono sostenitore della prevenzione e dello sviluppo sociale. Mancano i sindacati e le associazioni di categoria che dovrebbero informare i loro associati di poter fare denunce. Bisogna ragionare in termini culturali».

Il dibattito sulla lotta alle mafie ultimamente sta passando anche attraverso la legalizzazione delle droghe leggere. Qual è il punto di vista del governo?

«Al governo non è oggetto di discussione la legalizzazione, anche se c’è una legge che Luigifiliera fondamentale per tutta una serie di settori.

Personalmente sostengo l’utilizzo della canapa ad uso medico, l’istituto farmaceutico militare lavora la canapa per valutare gli effetti dei farmaci a base di thc.

Io credo anche che dal punto di vista ludico possa avere un significato solamente per sottrarre denaro alle mafie, come diceva Roberti nella sua relazione da procuratore nazionale, anche se personalmente ritengo questo “divertimento” poco intelligente».

di Antonio Casaccio

TRATTO DA MAGAZINE INFORMARE N°194
GIUGNO 2019

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