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Luca Barbareschi: faccia da duro, anima sensibile

Teresa Coscia 22/02/2019
Updated 2021/01/20 at 6:01 PM
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Luca Barbareschi non ha bisogno di grandi presentazioni, il cognome parla per lui. Un nome, un attore e un personaggio che ha segnato non solo la generazione degli ultimi 45 anni ma anche buona parte dei successi del cinema italiano. Una brillante carriera che ha permesso a Luca Barbareschi di toccare molte forme di arte, grazie ad una naturale versatilità spazia dal teatro all’attore di fiction e film per il cinema. Direttore artistico del teatro Eliseo di Roma, con la sua casa di produzione Casanova, tra le ultime produzioni cinematografiche e fiction tv, ha prodotto “Io sono Mia”, il docufilm dedicato a Mia Martini, che ha riscosso un notevole successo televisivo; Tra i nuovi progetti verranno trattati temi attuali, al cinema, con “Modalità Aereo” di Fausto Brizzi, una commedia attuale sugli smartphone, e poi co-produrrà “J’accuse”, il nuovo film di Polanski.  

Lo incontriamo in un momento importante, durante la tournée dello spettacolo a teatro, “Il penitente”, di David Mamet, nella doppia veste di regista e protagonista, un’opera di grande sostanza ma brillante, che attraversa l’Italia e continua a registrare il tutto esaurito in ogni appuntamento, riscuotendo grande successo da parte del pubblico. 

In un film, come in un libro ognuno trova ciò che gli pare. Luca Barbareschi, nel tradurre e portare in scena “Il penitente”, cosa ha scoperto? 

«Ho la fortuna di fare degli spettacoli, che hanno un’elaborazione importante per quella che è la mia vita spirituale e artistica. “Il penitente” è nato da una chiacchierata con Roman Polanski, ne parlai poi a David Mamet in America, in cui gli dissi: “Scriviamo qualcosa sulla tragedia del pensiero politicamente corretto”, perché penso sta devastando l’Occidente e dobbiamo raccontarlo, attraverso un caso emblematico che però in qualche modo parli del privato e non del pubblico, come in parte nella vita privata di una persona, una tragedia. Penso che Mamet si sia ispirato poi quando ha deciso cosa scrivere al “caso Tarasoff”, che è la storia di uno psichiatra che è stato incriminato per la stessa ragione, per cui quando traduco e lavoro su un testo di questo tipo, in realtà metto molte cose che mi appartengono, scelgo sempre nel teatro qualcosa che è parte della mia vita.  L’ho fatto col “Cyrano de Bergerac”, è la storia di un uomo che ha un sogno, che addirittura perde nella vita, paga con la morte, infondo il suo amore verso l’assoluto lo porta addirittura a rinunciare anche all’amore, se lei guarda bene il Cyrano, l’ultima parola quando Rossana capisce che lui lo amo, lui non dice “Dammi un bacio” dice “Cosa ti porti via, prima di morire?”; in un testo romantico uno avrebbe detto “Un tuo bacio”, lui dice “Il mio pennacchio”, che è molto romantico ma è anche terribile, vuol dire che a lui non gli basta neanche quello che gli potrebbe dare la terra. Nella vita paghiamo le nostre presunzioni, a volte siamo schiavi dei nostri sogni». 

 In scena e in tournée con attori straordinari.
«Servivano degli attori bravi, degli attori che come delle partiture jazz conoscano la musica, e sappiano appoggiarsi non solo sulla battuta ma sui sentimenti. Io ho una maniera di lavorare molto legata alle emozioni, perché le emozioni sono l’unico veicolo. L’artista secondo me è un veicolo di emozioni, tutti possiamo essere artisti, dipende quando condividiamo e quando restituiamo effettivamente al pubblico. Io non so se sono un bravo attore, so di essere un artista, un attore molto generoso, in ogni spettacolo mi spendo fino al limite della mia fatica. La gente per uscire da casa deve avere una cosa che è diversa, è unica, deve trovare la passione non il narcisismo dell’attore. Questo testo è molto bello perché parla della fine del pensiero razionale, della logica». 

Con la sua casa di produzione “Casanova”, ha prodotto il film “Io sono Mia”. Come nasce l’idea di un film su Mimì? 
«Io conoscevo Mimì, al di là di quello, volevo fare un film sulla maldicenza, la maldicenza è il peccato maggiore per l’umanità. In una giornata, non si può non parlare male di qualcuno, non ce la farà mai, le scapperà sempre qualcosa contro qualcuno, perché la cosa più difficile è riuscire a non parlare male di qualcuno. Questa è una storia di una donna povera che ce l’ha fatta, e la fanno morire dicendo che porta male. Nessuno porta male, non esiste niente di tutto questo, eppure il potere della maldicenza può uccidere. Mi piaceva raccontare non solo attraverso la sua musica come l’arte vince ed ha vinto Mimì. Lo stesso percorso ho raccontato Adriano Olivetti, che è un prodotto mio, Pietro Mennea, o Walter Chiari, un grande artista morto nell’oblio, ho fatto un film sulla sua vita per riscattarlo, ancora oggi ricordiamo Walter». 

Al cinema dal 21 febbraio, ha prodotto “Modalità aereo. Perché le persone dovrebbero andare al cinema? 
«Il film di Fausto Brizzi, è molto divertente, molto attuale, che racconta due cose principali: la prima è come la vita di un essere umano può essere distrutta dallo smartphone, la seconda è che in qualche modo dobbiamo spegnere questi telefonini. E’ un film che facendo ridere come diceva Totò: “Ridendo castigo i morti” (ride ndr).  

 Proprietario e direttore artistico del Teatro Eliseo di Roma. Cosa dice di solito per incoraggiare i giovani ad avvicinarsi al teatro?
«Sentiti in alto, senti che la tua creatività è frutto dell’amore, l’amore è quello che muove il mondo il resto sono solo chiacchiere e distintivo, per citare Mamet». 

Quali sono le soddisfazioni lavorative che una volta spenti i microfoni porta a casa con se?
«La restituzione affettiva col pubblico, io ho il privilegio ogni sera di recitare in una sinagoga che è un teatro, un luogo di culto, in cui la gente paga per venire ad ascoltare le mie parole. Ho questa fortuna nella vita, da 45 anni, ed ogni sera su un libricino prendo degli appunti, in cui io ringrazio il privilegio di aver potuto nella mia vita parlare ogni sera con delle persone perché è un luogo di restituzione, ed è un luogo di elaborazione affettiva enorme per cui il teatro è l’ultimo posto in cui neuroni e specchi funzionano; se un ragazzo guarda un videogioco, il ragazzo avrà un processo imitativo pericoloso, diventerà violento, se un ragazzo vede la cosa più violenta di Shakespeare che è “Andronico”, dove si mozzano mani piedi e teste, lo vivrà come rappresentazione della violenza e la violenza dentro di noi, la rielaborerà verso qualcosa di costruttivo». 

 Quali sono gli altri progetti in agenda?
«Uscirà “Dolce Roma” un film con la Gerini, poi uscirà con Zingaretti “Thanks for Vaselina” sulla famiglia distopica; Uscirà “La strada di casa 2”; e poi il film del secolo, che sarà il mio nuovo film di Polanski “J’accuse” sull’antisemitismo in Europa; Émile Zola, che si fece due anni di galera per aver scritto “J’accuse”, la falsità delle connessioni tra magistratura e governo, per mettere in galere un innocente e coprire le malefatte di governo e magistrati». 

 

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