libro napoli racket

L’esperienza del “Metodo Ercolano” contro il racket: la presentazione del libro a Napoli

Redazione Informare 08/05/2022
Updated 2022/05/08 at 5:00 PM
10 Minuti per la lettura
Fiumi di belle parole e slogan. Parlando di lotta alla Camorra, molto di ciò che sentiamo si limita a questo. Ma come si fa a fermare il circolo vizioso che alimenta la criminalità organizzata? Ad aver provato a dare uno stop a questo domino maligno è Nino Daniele, già sindaco di Ercolano – città meglio conosciuta grazie al suo altissimo valore culturale e storico. Daniele nel corso del suo mandato si è impegnato nel contrasto delle mafie che tra le strade della città e nei palazzi del comune muovevano le mani, usando il terrore del piombo per estorcere e l’odore dei soldi per corrompere.

Del suo percorso ne parla nel libro “Ercolano – Una storia Antiracket”, volume presentato nella sede napoletana di Magazine Informare al salotto Le Zifere, nel cuore del centro storico di Napoli. L’evento – moderato dal direttore di Informare Antonio Casaccio – è stato aperto dal professore ed editore Roberto Nicolucci, seguito da Tano Grasso (Presidente Onorario della Federazione delle associazioni antiracket e antiusura italiane), Antonio Di Florio (ex Comandante della Tenenza dei Carabinieri di Ercolano), Mimmo Falco (Vicepresidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania), Cesare Sirignano (Magistrato della Procura di Napoli Nord), Tommaso Morlando (Fondatore di Magazine Informare – Officina Volturno) ed il Mons. Antonio di Donna, vescovo di Acerra. In un avvicendarsi di preziose testimonianze la ricerca di un antidoto a paura e omertà, per una ricerca coraggiosa della verità, elemento fondamentale per un vero cambiamento.

Ma «come si arriva, dunque, alla verità – o meglio – alle verità?» si è chiesto Nino Daniele nel corso del suo viaggio. Poi la risposta: «Alle verità si arriva attraverso la cultura e la comprensione del tempo e del mondo nel quale viviamo. Più conosciamo, più siamo in grado di comprendere e debellare i nostri mali sociali. Tra questi, appunto, quel male che usa la paura come strumento per affermare il proprio potere. E non è solo una prerogativa delle mafie, ma ha anche a che fare con l’ambito politico: governare con la paura è diventata una tendenza che ha cominciato ad affermarsi nel mondo in cui viviamo».

Erano gli anni dei morti ammazzati, della violenza, dell’indifferenza. «Io ho provato, in questo libro, a descrivere quello stato d’animo e la condizione di Ercolano. Il termine che mi è venuto per rappresentarlo è “sfiducia”. Si viveva in una condizione in cui nessuno si fidava dello Stato. Non che mancassero le parole, i grandi discorsi contro la camorra. Di parole e di slogan, ne eravamo pieni. Ma ci voleva anche il coraggio di fare qualcosa. Non si facevano i nomi dei boss, come una sorta di autocensura, un binario parallelo tra la vita di tutti i giorni e la vita influenzata dalla camorra. Ma si può vivere in una comunità in cui il sentimento prevalente è la sfiducia

Allora la ricerca di una risposta concreta. «Aldo Masullo disse: “Non si può vivere senza fiducia, non solo senza riceverne, ma anche senza dare fiducia”. E qual è dunque il compito della politica nei confronti di una comunità che si ritrova in queste condizioni? Provare a ricostruire la fiducia. Noi abbiamo fatto un lavoro in questa direzione. Con il Tenente dei Carabinieri Antonio Di Florio, cominciammo con le passeggiate nelle strade dove le istituzioni non arrivarono in passato e che rappresentavano le roccaforti dei clan dell’epoca. Incontrammo i commercianti e i cittadini. Avevo l’interrogativo di cosa poter fare e non rimanere a fare il Sindaco senza prendere in mano la situazione».

«Noi non abbiamo mai accettato la denominazione di “Modello Ercolano”, ma parliamo di “Metodo Ercolano”. Abbiamo messo in campo una strategia. Questa strategia ci ha portato a numeri che sono sotto gli occhi di tutti e nell’introduzione del libro. Nel giro di quattro anni, i clan sono stati letteralmente sgominati. Sono stati effettuati quattrocento/cinquecento arresti, ottanta/novanta ergastoli già passati in giudicato e comminati ai capi e ai killer dei clan. Da allora, non ci sono stati più fatti di sangue, ma non perché si è registrata una pax tra i clan. Bensì, perché sono stati messi in condizione di non nuocere e questa situazione permane tutt’ora così».

informareonline-libro napoli racket
Da sx Antonio Casaccio, Cesare Sirignano, Tommaso Morlando e Tano Grasso

A fare da eco al racconto degli eventi dell’ex Sindaco di Ercolano, le dichiarazioni di Tano Grasso. Il Presidente Onorario del FAI è una figura fondamentale nella lotta alla mafia. La sua visione è quella dell’unità di intenti tra soggetti economici, istituzionali e civili. «La nostra strategia è stata fare unione. Facendo unione, il miracolo avvenne. La paura era scomparsa attraverso la condivisione. Acquistavi la capacità di incidere, quella capacità che il singolo non può mai avere. Lungi da noi pensare ad un sistema di lotta attraverso l’esposizione di un singolo imprenditore, quella visione eroica di solitudine contro la mafia o la camorra. Invece il sistema mafioso va combattuto con sinergie, attraverso le Istituzioni e anche attraverso il ruolo delle parrocchie. Ci vuole l’apertura di mettere insieme vari soggetti nell’opposizione al racket e alle mafie».

E cita il giudice Giovanni Falcone, il suo lavoro per riformare l’approccio sul fenomeno del malaffare. «La sua forza – spiega Grasso – è stata quella di capire, di riformare il metodo di indagare. La sua grande intuizione è stata quella di guardare il fenomeno plurisecolare della mafia nel suo insieme ed innovare la strategia di contrasto».
Su queste basi si è avuto il primo Maxi Processo che finì per costare la vita dello stesso Falcone.

Una preziosa testimonianza arriva anche dall’intervento del Mons. Antonio Di Donna. Il Vescovo di Acerra ha ricordato le sue origini: Ercolano, i suoi ricordi d’infanzia, quello che la sua città ha attraversato negli di piombo dove la camorra imponeva il suo comando. «Il libro su Ercolano, racconta di una città che è stata liberata a partire da un gesto molto semplice, ma non scontato: le passeggiate del Sindaco Nino Daniele e del tenente Di Florio nei luoghi in cui le istituzioni non erano ancora entrate. Questo è potuto accadere grazie ad una serie di coincidenze straordinarie che hanno reso possibile la liberazione di territorio». Parole accompagnate da esempi concreti di chi ha dovuto pagare le conseguenze della sua ribellione alla prepotenza: il Vescovo di Acerra ha quindi ricordato il coraggio di uomini come Filippo Nocerino. Ancora oggi Nocerino paga le conseguenze del suo gesto coraggioso di denunciare la Camorra per estorsione, nei primi anni duemila. Ancora oggi vive con tutele e vigilanze che hanno stravolta la sua vita e quella dei suoi cari. «Dobbiamo dirlo con forza: la libertà ha un prezzo» ha ricordato Di Donna, ripensando al lavoro svolto dalla chiesa di Ercolano contro lo stato di cose in città.

A chiudere i lavori il magistrato Cesare Sirignano, ex pm della DDA di Napoli. Sirignano, che vive sotto scorta da anni proprio perché oggetto di minacce di morte da parte del clan dei Casalesi, ha messo a segno indagini nel basso Lazio che hanno portato a smantellare organizzazioni criminali dedite al riciclaggio, al traffico di droga, all’estorsione. «Ormai ad Ercolano si è instaurato un rapporto di fiducia tra soggetti civili, le associazioni e le istituzioni. Poi c’è stata la forte presenza dello Stato, della politica e degli operatori commerciali lontani dal fare doppiogioco con i clan. Un moto dal basso che ha costituito le basi di questa piccola grande rivoluzione nel territorio di Ercolano. Un territorio molto diverso da quello comandato dal clan dei casalesi, molto più vasto e sconfinato che arrivava a coinvolgere direttamente gli imprenditori del luogo. Le attività dei clan interessavano molti ambiti, e tutti i lavori provenivano dalle solite famiglie».

Nell’avvicendarsi delle testimonianze, diventa chiaro il percorso da seguire per porre fine a pratiche oppressive come l’usura. Prima ancora di agire economicamente, è necessario emanciparsi da vecchi schemi mentali per fermare il gioco della criminalità. E poter dire, finalmente, di aver fatto davvero qualcosa contro la Camorra.

di Ciro Giso e Gianrenzo Orbassano

TRATTO DA MAGAZINE INFORMARE

N°229 – MAGGIO 2022

Condividi questo Articolo
Lascia un Commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *