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Le diseguaglianze al tempo del Covid

Angela Di Micco 17/12/2020
Updated 2021/01/12 at 4:24 PM
4 Minuti per la lettura

In periodo di crisi, gli effetti delle diseguaglianze diventano maggiormente evidenti. Riflettere su quanto sta accadendo nel periodo della pandemia Covid, non è semplice.

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Il dibattito in rete si è concentrato sulla questione delle migrazioni, dell’inclusione e della coabitazione, in un territorio dove sono presenti diverse culture e nazionalità. Roger Adjicoude, portavoce della rete CSL, ha preso spunto dall’opera dell’artista Jago, presente in Piazza del Plebiscito a Napoli.“Lookdown”, titolo della scultura, ci invita a riflettere proprio sul popolo degli “invisibili” presenti nel nostro territorio. “La migrazione è una scelta articolata”, spiega Adjicoude, ognuno ha il diritto di lasciare la propria terra di origine o restare lì. Quando guardiamo quella persona come indesiderata, ci rendiamo poi conto che può esserci utile per il nostro vivere quotidiano.Dinamiche che possono sfociare nella riaccensione delle diseguaglianze e di quella “distanza razzista”, unico strumento a disposizione dei poveri autoctoni, per accaparrarsi le poche risorse messe a disposizione dal nostro welfare. L’impatto del Covid sul nostro territorio, arrivato in modo inaspettato, ha deflagrato quelle diseguaglianze già presenti anche per le donne migrate, che affrontano lo stesso viaggio, lo stesso percorso dei maschi. Anche loro vogliono “riemergere” con una progettualità di vita.Progettualità che può essere elaborata con una visione a lungo termine. Attività che assicurino iniziative imprenditoriali, il raggiungimento familiare e scambi reali di incontri per un lavoro comune di crescita del territorio. Progettualità che ci faccia rimanere umani perché non abbiamo scelto di nascere nello spazio tempo in cui ci troviamo ma che dia il diritto ad ogni individuo a cercare di autodeterminarsi.

L’Italia, come altri paesi, si è trovata di fronte a questa criticità, divenuta poi punto di riflessione per la rete CSL Coordinamento per lo Sviluppo Locale.

Il dibattito in rete si è concentrato sulla questione delle migrazioni, dell’inclusione e della coabitazione, in un territorio dove sono presenti diverse culture e nazionalità. Roger Adjicoude, portavoce della rete CSL, ha preso spunto dall’opera dell’artista Jago, presente in Piazza del Plebiscito a Napoli.
“Lookdown”, titolo della scultura, ci invita a riflettere proprio sul popolo degli “invisibili” presenti nel nostro territorio. “La migrazione è una scelta articolata”, spiega Adjicoude, ognuno ha il diritto di lasciare la propria terra di origine o restare lì. Quando guardiamo quella persona come indesiderata, ci rendiamo poi conto che può esserci utile per il nostro vivere quotidiano.

Nel nostro imago si è creata una duplice errata visione: da un lato consideriamo il rifugiato come buono, come avente diritto all’accoglienza. Dall’altro vediamo il migrante per “motivi economici”, come non degno di accettazione, anche se risulta essere poi indispensabile alla nostra economia.

Seguendo allora l’invito di Jago ci rendiamo conto come, in questo periodo di Covid, quella scultura rappresenta anche queste persone, verso le quali non è rivolta alcuna empatia. Persone che partecipano al nostro sviluppo ma che non hanno gli stessi diritti degli autoctoni.

“Guardarci intorno e vedere gli invisibili”, è il punto cruciale del Dott. Mario Lupoli. Se prendiamo come riferimento una precedente esperienza di Cantiere Giovani, ci accorgiamo come la dimensione sanitaria, il lavoro e la conoscenza della lingua italiana, siano i cardini della questione dell’integrazione. Tutto ciò ci porta ad avere una visione di costruzione stabile della vita.

“La seconda ondata della pandemia – spiega il Prof. Ciro Pizzo – ha riscritturato criticità esistenti”. Tendiamo infatti ad aprire la porta ai migranti e a “tollerare” la loro presenza solo perché coprono le nostre necessità (colf, assistenza agli anziani).

La questione non è quindi il “lookdown”. Il Covid ha in qualche modo livellato le posizioni sociali facendo si che gli “invisibili” siano al nostro fianco, con le nostre stesse aspettative ma nel contempo ha generato anche delle paure. Ed è proprio questo progetto di stabilità di vita sul nostro territorio a spaventarci, a farci sentire defraudati del nostro diritto di richiesta a far scattare dinamiche di “insabbiamento” degli invisibili.

Dinamiche che possono sfociare nella riaccensione delle diseguaglianze e di quella “distanza razzista”, unico strumento a disposizione dei poveri autoctoni, per accaparrarsi le poche risorse messe a disposizione dal nostro welfare. L’impatto del Covid sul nostro territorio, arrivato in modo inaspettato, ha deflagrato quelle diseguaglianze già presenti anche per le donne migrate, che affrontano lo stesso viaggio, lo stesso percorso dei maschi. Anche loro vogliono “riemergere” con una progettualità di vita.
Progettualità che può essere elaborata con una visione a lungo termine. Attività che assicurino iniziative imprenditoriali, il raggiungimento familiare e scambi reali di incontri per un lavoro comune di crescita del territorio. Progettualità che ci faccia rimanere umani perché non abbiamo scelto di nascere nello spazio tempo in cui ci troviamo ma che dia il diritto ad ogni individuo a cercare di autodeterminarsi.

di Angela Di Micco

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