Una bambina che aspettava solo di essere accolta. Un quarantenne single pronto a prenderla con sé. Quella di Luca Trapanese è la storia di un’adozione che ha commosso l’Italia intera e non solo, perché è il primo e ancora l’unico, omosessuale, cattolico, padre di una bambina down che ha adottato nel 2018. Ma chi è Luca Trapanese?
Un uomo che dell’amore ha fatto il motore della sua vita. Classe 1977, si dedica al volontariato sin dall’adolescenza. Coordina progetti di sviluppo economico e sociale in India e in Africa.
Ha fondato la onlus A Ruota Libera, punto di riferimento per le famiglie napoletane con persone disabili, ma anche comunità per ragazzi orfani e disabili, una scuola di recupero di antichi mestieri napoletani per giovani disagiati e una casa-famiglia per bambini con gravi patologie, unica in tutto il Sud Italia.
Queste esperienze lo hanno reso un uomo e un padre speciale, un riconoscimento che si è trasformato in nomina come Assessore alle Politiche sociali voluto dal neo sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, lo scorso 22 ottobre.
Una svolta per la città e per i cittadini che ripongono molte speranze in una persona come Luca. Gli chiediamo subito: se l’aspettava?
«No, non lo sapevo affatto, me lo ha anticipato un’amica giornalista che avrei fatto parte della giunta Manfredi come tecnico».
Ha accettato senza esitare?
«Sì, perché anche questo lo ritengo un gesto d’amore. L’amore si può declinare in varie forme come la paternità, verso un’altra persona, l’amore verso la propria città, Napoli. Certo non sarà facile, è molto impegnativo e faticoso, bisogna pensare al bene del cittadino e non è tutto così scontato».
Quali sono le prime tre cose che intende fare come Assessore? Quali le priorità sociali in una città come Napoli?
«Penso sia indispensabile partire dal tessuto sociale, dal territorio. Ho ascoltato e continuerò ad ascoltare le persone, gli enti, le organizzazioni che si sono sostituite alle istituzioni fornendo, spesso, servizi migliori.
Mi piacerebbe aprire un Registro degli affidi che a Napoli non esiste, con tutto quello che ne consegue, perché non siamo ancora preparati all’affido in Italia, soprattutto al Sud. In previsione del freddo vorremmo riattivare un dormitorio pubblico completamente ristrutturato con fondi europei nel centro di Napoli, e passare da 40 a 80 posti su 120 per via del Covid. Non da ultimo indagare la periferia e conoscere i parroci e le associazioni che lavorano in situazioni di degrado e che sono i veri eroi della nostra società, secondo me».
Come gestisci il tuo nuovo ruolo in politica e il ruolo di genitore?
«È tutta una questione di organizzazione. Alba va a scuola ed esce alle tre, quindi per una buona parte della giornata siamo autonomi, poi naturalmente c’è una persona che mi aiuta. Io lavoro e quando torno a casa mi dedico ad Alba; poi c’è il week end, quello è sacro, dal venerdì alla domenica il tempo è tutto nostro. Poi è chiaro che è importante, anzi fondamentale, non la quantità ma la qualità del tempo che si dedica ai figli.
Alba è una bambina piena di gioia. I figli sono felici se i genitori sono sereni. Si può crescere con un padre, con una mamma e un papà, due mamme o due papà senza problemi se si è sereni e consapevoli di essere dei genitori.
Alba è una bambina che vive la sua quotidianità con grande serenità e felicità, per esempio, non c’è stato mai un giorno che lei abbia pianto portandola a scuola: mi abbraccia e mi dà un bacio che dura cinque minuti e poi se ne va per mano con la maestra. Alba sta bene poiché è circondata da tanta serenità».
Dopo qualche anno qual è il bilancio della tua paternità: torneresti ad adottare un bambino disabile?
«Assolutamente sì, senza alcun dubbio. La disabilità fa parte della mia vita e penso che ciò che ci spaventa può invece renderci felici. Bisogna rieducare alla diversità, alla disabilità.
C’è troppa ignoranza in merito invece bisognerebbe interrogarsi almeno per capire di cosa hanno bisogno le persone disabili per avere un po’ di pace o almeno di cosa hanno bisogno le famiglie troppo spesso lasciate da sole».
L’undici novembre esce il tuo primo romanzo “Le nostre imperfezioni” edito da Salani. Qual è il messaggio in breve?
«C’è molto di Luca in questo romanzo, molte esperienze forti.
Ho ancora molto da raccontare. Il libro parla di omosessualità e amore, e disabilità: la vita è imperfetta non esiste la perfezione e la normalità; e nessuno può arrogarsi il diritto di stabilire cosa lo è o non lo è».
di Fernanda Esposito
TRATTO DA MAGAZINE INFORMARE
N°223 – NOVEMBRE 2021