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La voce del padrone compie 40 anni, Destrieri: «Battiato era un genio, un vulcano in eruzione»

Angelo Velardi 08/10/2021
Updated 2021/10/08 at 3:07 PM
5 Minuti per la lettura

«Era un vulcano in eruzione. Per “La voce del padrone” componeva un brano al giorno, ognuno incredibilmente bello! Quando mi fece sentire “Bandiera bianca” mi vennero i brividi». La grandezza del personaggio è direttamente proporzionale alla sua disponibilità. Filippo Destrieri è lo storico tastierista di Franco Battiato, nonché amico personale del Maestro siciliano. Chi meglio di lui poteva parlarci, a quarant’anni dalla sua uscita, de “La voce del padrone”?

Indice
È rimasto sé stesso quando venivano ad ascoltarci cento persone così come quando c’è stato il boom. Dentro era sempre un vulcano, un genio. Secondo me era in contatto con qualcosa di superiore, era ed è sovraumano».
La venerazione di Filippo per Battiato si percepisce dal coinvolgimento con cui racconta ogni istante passato al suo fianco, ma anche dai progetti che ha per il futuro.
«Io sono innamorato della voce di Battiato, che è a dir poco miracolosa, unica. Tre anni fa, quando capii che Franco stava male e non avrebbe più cantato, ho cominciato a rielaborare i suoi brani degli anni ‘70, partendo dalla sua voce, tenendo la sua voce.
Ho lavorato sulla musica, sulle tastiere, ma la sua voce l’ho lasciata per portarla in giro con uno spettacolo in cui lui fosse assoluto protagonista. “Il padrone della voce” è un tributo in cui canta solo lui, in cui c’è la sua voce originale, i suoi video, le sue interviste.
Canterà Franco, nessun altro!».
L’altro progetto, in piedi ormai dal 2005, con cui Filippo porta in giro per l’Italia la musica di Battiato è Equipaggio Sperimentale, una tribute band fondata insieme a Don Marco Rapelli. Lo scorso 17 settembre ha suonato a Caserta, al Lizard Club, in un evento organizzato dall’Associazione Sant’Isidoro e da Rockalvi. «Sono felicissimo per quella serata. Sono riconoscente per l’opportunità di festeggiare il quarantennale de “La voce del padrone” con chi veramente ama Battiato. Non riesco ad esprimere quanto mi abbia toccato il cuore. Siamo felicissimi che in giro per l’Italia ci chiedono in tanti la sua musica. Battiato è quello che cerca “l’uno al di sopra del bene e del male” ed è questo che voglio portare in giro: musica di qualità, di spessore artistico, di spiritualità, di misticismo. Io suonerò la musica di Battiato per tutta la vita.
Lo dissi quarant’anni fa, lo confermo ancora oggi, a maggior ragione adesso che lui non c’è più».

«Il disco si è fatto in poco tempo: si lavorava a casa e si andava in studio con le idee già chiare.
I brani erano troppo belli, ma non ci aspettavamo che saremmo arrivati a vendere un milione di copie. Ricordo che abbiamo festeggiato le centomila copie al Palalido di Milano, con un concerto che celebrava il primo Disco d’oro di Battiato. Ci aspettavamo un aumento di spettatori alle nostre date, ma nessuno di noi immaginava che arrivassimo a suonare davanti a ventimila persone di lì a poco».

Poi arrivò San Giovanni Valdarno. «Scoppiò il boom “dal giorno alla notte” come diceva Franco.
Era fine estate ‘82 e ci dicono: “non cominciate a suonare perché sta ancora arrivando gente, l’autostrada è bloccata”. Attendavamo due-tremila persone, ne arrivarono ventimila! Ogni volta che passavamo di nuovo di là Franco mi toccava col gomito e mi diceva: “Filippo, ti ricordi qui?!”. Da lì fu un’escalation».
Parlare con Filippo Destrieri significa attingere da fonte diretta all’arte di Battiato, ma anche percepire chi era Franco, quello che per lui, prima di essere un grande artista, diventò un amico personale. «Una persona squisita, generosa, che non aveva difetti, sempre allegro e positivo.

È rimasto sé stesso quando venivano ad ascoltarci cento persone così come quando c’è stato il boom. Dentro era sempre un vulcano, un genio. Secondo me era in contatto con qualcosa di superiore, era ed è sovraumano».
La venerazione di Filippo per Battiato si percepisce dal coinvolgimento con cui racconta ogni istante passato al suo fianco, ma anche dai progetti che ha per il futuro.
«Io sono innamorato della voce di Battiato, che è a dir poco miracolosa, unica. Tre anni fa, quando capii che Franco stava male e non avrebbe più cantato, ho cominciato a rielaborare i suoi brani degli anni ‘70, partendo dalla sua voce, tenendo la sua voce.
Ho lavorato sulla musica, sulle tastiere, ma la sua voce l’ho lasciata per portarla in giro con uno spettacolo in cui lui fosse assoluto protagonista. “Il padrone della voce” è un tributo in cui canta solo lui, in cui c’è la sua voce originale, i suoi video, le sue interviste.
Canterà Franco, nessun altro!».
L’altro progetto, in piedi ormai dal 2005, con cui Filippo porta in giro per l’Italia la musica di Battiato è Equipaggio Sperimentale, una tribute band fondata insieme a Don Marco Rapelli. Lo scorso 17 settembre ha suonato a Caserta, al Lizard Club, in un evento organizzato dall’Associazione Sant’Isidoro e da Rockalvi. «Sono felicissimo per quella serata. Sono riconoscente per l’opportunità di festeggiare il quarantennale de “La voce del padrone” con chi veramente ama Battiato. Non riesco ad esprimere quanto mi abbia toccato il cuore. Siamo felicissimi che in giro per l’Italia ci chiedono in tanti la sua musica. Battiato è quello che cerca “l’uno al di sopra del bene e del male” ed è questo che voglio portare in giro: musica di qualità, di spessore artistico, di spiritualità, di misticismo. Io suonerò la musica di Battiato per tutta la vita.
Lo dissi quarant’anni fa, lo confermo ancora oggi, a maggior ragione adesso che lui non c’è più».

Ma cosa lascia Battiato alla società del ventunesimo secolo? «A tutti noi lascia le sue opere da ascoltare, da leggere, da studiare. Lascia la sua capacità di spaziare in tutti i settori dell’arte, di sperimentare continuamente, senza mai cavalcare l’onda del successo. In realtà, poi, Franco ha deciso cosa lasciarci: ascoltate la canzone “Testamento”».

“Lascio agli eredi l’imparzialità.
La volontà di crescere e capire.
Uno sguardo feroce e indulgente
[…]
We never died”.
He will never die.

di Angelo Velardi

TRATTO DA MAGAZINE INFORMARE

N°222 – OTTOBRE 2021

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