Discutere di ambiente rappresenta sempre una imperdibile occasione per confrontarsi su temi che attengono alla salvaguardia della salute ed allo sviluppo socioeconomico del nostro paese. L’epidemia sanitaria degli ultimi anni ha costretto l’umanità ad interrogarsi seriamente anche sullo stato di salute della terra, solo per pochi mesi per il lockdown forzato trasformatasi in una oasi felice senza smog, con aria e mari puliti e con ridotti livelli di inquinamento acustico ed ambientale. La sperimentazione di nuove forme di lavoro e di didattica, altra conseguenza del lockdown, è stata accolta con particolare favore ed unitamente alle temporanee privazioni delle libertà individuali ha fatto riscoprire valori sociali e familiari in parte smarriti.
Le gravi conseguenze determinate dalla pandemia in tutto il mondo, peraltro, hanno obbligato i governi a stanziare ingenti investimenti di risorse finanziarie per il sostegno delle famiglie e per il rilancio dell’economia alimentando le speranze di una vera e propria transizione ecologica, imponendo di occuparsi del tema della economia sostenibile e rispettosa del pianeta che abitiamo.
L’AZIONE EMERGENZIALE E IL RUOLO DELLE MAFIE
Da molti anni il nostro paese per le sue caratteristiche geologiche e geomorfologiche ha vissuto e continua a vivere emergenze di ogni tipo con alluvioni, allagamenti, incendi ma anche siccità e carenza di materie prime. In un territorio con questi gravi e sempre più frequenti fenomeni dalle conseguenze anche drammatiche non è più tollerabile la mancanza di consapevolezza o di attenzione da parte dell’uomo e non è accettabile che il problema venga affrontato con insufficienti azioni di prevenzione o con una pianificazione territoriale non adeguata.
Le soluzioni emergenziali, onerose e frutto di estemporanee pianificazioni di interventi, rappresentano, invece, in molte parti di Italia il modus operandi delle pubbliche amministrazioni. Non di meno la mancata programmazione degli interventi e la conseguente necessaria azione emergenziale favoriscono l’insinuarsi delle mafie e della impresa mafiosa spesso in grado di assicurare tempestivamente servizi e manodopera per svolgere i lavori necessari. In questo scenario occupa un ruolo primario il settore della gestione dei rifiuti. Ogni anno, infatti, si producono in Europa 2,5 miliardi di tonnellate di rifiuti (circa 5 tonnellate pro capite); il 90% è costituito da rifiuti speciali, prodotti da industrie e aziende e gestiti e smaltiti da un sistema di aziende private; il restante 10% è costituito di rifiuti urbani.
UNA RISPOSTA ANCORA INSUFFICIENTE
Negli ultimi anni per meglio tutelare l’ambiente e contrastare la criminalità che lucra devastando i territori, sono stati prodotti apprezzabili sforzi normativi con l’introduzione di nuove fattispecie di reati ambientali. La risposta complessiva dello Stato, tuttavia, appare ancora insufficiente.
La repressione giudiziaria, infatti, non è in grado di arginare fenomeni così diffusi e per tanto tempo vissuti in silenzio dalle popolazioni del sud Italia, per limitarci a queste. I controlli, i sequestri, le chiusure di imprese e di aziende a seguito dell’accertamento di violazione della normativa ambientale, sono stati sempre più numerosi facendo emergere dati statistici impressionanti. Anche l’impiego di droni e di risorse umane per accertare ad es. gli scarichi nel fiume Sarno e nei Regi Lagni e per individuare i responsabili dell’inquinamento del mare si sono rilevati preziosi, ma comunque incapaci di interrompere il fiume di liquidi che ogni giorno viene sversato dalle aziende.
Il problema reale del territorio del Sud Italia e della Campania in particolare è costituito dalla mancanza di una concreta capacità di attivare meccanismi virtuosi che coinvolgano le popolazioni, di programmare interventi di rigenerazione e di ripresa edilizia e, soprattutto, di valorizzazione delle enormi risorse naturali e paesaggistiche.
LE CONSEGUENZE SULLE PERIFERIE
Nel corso degli anni si è assistito ad un progressivo declino delle città e delle periferie e a un mortificante degrado urbano in uno scenario di perenne e dannosa conflittualità istituzionale.
Territori periferici che in passato hanno raccolto le preferenze di gran parte della popolazione urbana sono stati prima saccheggiati, poi repressi ed ancora dopo privati delle risorse necessarie e vitali per un recupero ambientale spesso sulla base di valutazioni geo-criminali che li hanno ulteriormente penalizzati.
Il Litorale Domizio, infatti, con la sua splendida macchia mediterranea e le spiagge infinite, si è trasformato in un ammasso di cemento, in un ricettacolo di rifiuti, in un dormitorio multietnico ed in una polveriera pronta ad esplodere. Un cane che si morde la coda. La mafia opprime lo sviluppo, crea dipendenza, offre occasioni di lavoro nei traffici illegali, risolve diatribe, controlla il territorio ed argina i fenomeni di criminalità comune. Lo Stato reclama denaro per tasse relative a servizi inadeguati o addirittura inesistenti, non offre lavoro e si mostra incapace di programmare lo sviluppo e cosa ancora più penalizzante non investe per il timore che l’enorme flusso di denaro potrebbe finire nelle tasche delle mafie. Si attiva, dunque, una spirale per cui il territorio degenera sempre più e la mafia rappresenta l’ultima spiaggia, l’unica occasione di lavoro per molti giovani.
LA MIOPIA SULLE MAFIE
Insomma, un circuito vizioso che per di più allontana gli investitori privati, annienta i progetti e le ambizioni dei politici più seri e finisce per danneggiare irrimediabilmente ed inevitabilmente il territorio.
L’argomento della presenza mafiosa costituisce ormai un leitmotiv tutte le volte che solo si ipotizza di destinare somme di denaro a quei territori riducendo le possibilità di sviluppo e rafforzando l’idea che lo Stato abbandona i progetti per la sua incapacità di assicurare le risorse e di incanalarle nella giusta direzione. Eppure, sull’intero territorio nazionale le risorse vengono assicurate senza alcuna altrettanto rigorosa e pressante valutazione geo-criminale interessando zone che al pari di quelle campane sono intrise di presenze mafiose. La miope ricostruzione della mafia che spara e che estorce denaro agli operatori commerciali, continua ad orientare la destinazione delle risorse privando di una reale e concreta alternativa le popolazioni dei territori non incluse nell’elenco dei fortunati.
E tutto ciò accade nonostante in Campania, negli ultimi anni, siano stati raggiunti risultati straordinari sul piano giudiziario e del riscatto sociale. I clan che da oltre un trentennio controllavano la vita delle persone e condizionavano la destinazione delle risorse finanziarie sono stati fortemente indeboliti.
RIFIUTI ANCORA “ORO”
I reati ambientali, gli incendi, gli sversamenti, gli interramenti di rifiuti ed in genere il traffico di rifiuti costituiscono la cartina di tornasole del degrado e richiedono interventi ancora più incisivi di quelli già attuati. Non è una novità che il settore dei rifiuti costituisca terra di conquista e di particolare interesse delle mafie e che il trasporto dei rifiuti e le discariche sono quasi sempre riconducibili direttamente o indirettamente a organizzazioni mafiose. Fenomeni così estesi richiedono una risposta dello Stato a tutto campo e soprattutto un costante coordinamento tra gli uffici periferici e le distrettuali ed un continuo scambio di informazioni.
L’introduzione del reato di traffico illecito di rifiuti, unica ipotesi tra i reati ambientali nell’alveo delle competenze delle direzioni distrettuali antimafia (art. 51, comma 3bis c.p.p.) si è rivelato preziosa ai fini del contrasto della criminalità ambientale consentendo il ricorso a strumenti più efficaci, ma non ha risolto il problema del coordinamento rimesso sostanzialmente a forme spontanee e alla buona volontà dei singoli uffici giudiziari.
Le ultime indagini sul traffico di rifiuti hanno disvelato l’esistenza di potenti broker
Inoltre hanno accertato anche il sistema attraverso il quale le organizzazioni criminali ed in particolare imprese di trasporto già note alle cronache giudiziarie gestiscono il traffico illecito di rifiuti. Un rapido sguardo alla mappatura dei percorsi dei rifiuti in territorio nazionale ed estero consente di cogliere pienamente ed immediatamente il livello di mobilità e di fluidità del traffico e rende plasticamente evidente che, solo attraverso un efficace coordinamento nazionale interno e con gli altri paesi destinatari dei rifiuti provenienti dall’Italia (ad es. Repubblica Ceca, Croazia e Bulgaria) è possibile individuare i broker e i soggetti titolari di ditte di trasporto o di imprese coinvolte nella gestione del lucroso settore.
Insomma, le mafie si coordinano e si alleano per gestire servizi e si mimetizzano avvalendosi di terzi per rendere più difficile risalire al reale gestore del settore. Solo con una organizzazione della risposta dello Stato ugualmente efficace il fenomeno potrà essere arginato.
di Cesare Sirignano