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La Rota degli Esposti: secoli di storia nel simbolo della contraddizione di Napoli

Silvia De Martino 08/02/2023
Updated 2023/02/08 at 12:51 PM
6 Minuti per la lettura

Napoli, 1767. Una donna, una madre, povera, fragile, con problemi familiari alle spalle. Ha messo al mondo suo figlio, frutto di un rapporto non voluto o forse è solo impossibilitata a prendersene cura. La vita non è stata docile con lei, le ha chiesto di fare un sacrificio, di rinunciare a quanto di più bello le abbia dato.  

E allora si incammina. È notte, fuori piove e qualche lacrima le riga il viso, ma ha fatto una scelta: la decisione di fare qualcosa con la speranza un giorno di riuscire a cambiare il destino e recuperare un rapporto perduto. È sola per i quartieri di Napoli, scende vico dopo vico fino ad arrivare nel ventre del quartiere Forcella. Ha fatto una scelta, che cambierà la sua vita senza dubbio, ma che soprattutto la cambierà a suo figlio. Avvolto in quella coperta che ha lavorato personalmente per tenerlo al caldo, con quel bracciale chiuso in un sacchettino per provare a riconoscerlo tra qualche anno e con quelle poche righe che è riuscita a scrivere tra una lacrima e l’altra. Lo poggia su quella lastra di marmo e si convince a suonare la campanella. In un attimo si volta, scappa ed inizia a correre. Dall’altro lato del muro la “rotara” di turno si prepara ad accogliere tra le proprie braccia il nuovo “esposto”, l’abbandonato, per provare a dargli quel futuro che in famiglia gli era negato.  

Quante storie così potrebbe raccontare la Ruota della Reale Santa Casa dell’Annunziata. A quante di queste vicende ha dovuto assistere inerme nel corso del suo operato. Non è documentata la data dell’entrata in vigore della rota dei trovatelli napoletana, ma con larga probabilità le sue origini risalgono al 1300, mentre la sua chiusura definitiva avvenne il 27 giugno 1875, data incisa ad oggi sull’esterno del torno. Per secoli la Ruota dell’Annunziata ha rappresentato un luogo sicuro a cui poter affidare i propri figli per le donne di Napoli chiamate a sostenere difficoltà economiche, di salute o anche di rapporti familiari.   

Si tratta di un luogo antico, tra i più popolari di Napoli, simbolo di una città che vive di contraddizioni. La Rota dei trovatelli è l’emblema di quella Napoli antica, che concilia solidarietà e disperazione, amore e tormento, speranza e cruda realtà. In questo la Ruota dell’Annunziata ha per secoli rappresentato il capoluogo campano, con la sua meravigliosa dicotomia d’essere luogo di disperazione e abbandono e al contempo di rinascita e futuro.  

Esposito e non solo: la scelta de cognome

Al momento dell’immissione i bambini venivano registrati, indicando la data, il numero progressivo dell’anno, l’ora in cui erano stati abbandonati, il nome che gli veniva attribuito nel battezzarlo, la presumibile età, le caratteristiche somatiche, le condizioni fisiche ed eventuali altre notizie. Venivano inoltre raccolte le cosiddette “cartule”, ovvero tutti i beni lasciati al momento dell’abbandono, e catalogate usando il numero di matricola del bambino. Il nome veniva scelto casualmente mentre per il cognome fino al 1811 si attribuì “Esposito”, ossia abbandonato. Questa consuetudine venne poi eliminata tramite il decreto di Gioacchino Murat n.985 del 3 giugno di quell’anno. Così sul registro del 1° agosto 1811 compare il primo cognome diverso da Esposito: si tratta di Pietro Abbadessa, il numero 1262 di quell’anno.  

Successivamente si continuò fino al 1817 con l’usanza di attribuire un cognome identico a tutti gli esposti entrati nella stessa giornata. A seguire si passò alle provenienze toponomastiche e dal 1836 si iniziò a lavorare di fantasia, derivando i cognomi dalle caratteristiche fisiche o morali del bambino

Ruota dei Trovatelli: i numeri e il tasso di mortalità

Il primo registro conservato è del 1623 e conta 1006 immissioni, ma le cifre sono vertiginosamente salite negli anni a seguire. Per la carestia del 1764 gli immessi furono addirittura 4675 e nel 1797 e ‘98 si arrivò a 2500 e 2621. Gli abbandoni sono poi andati gradualmente a diminuire dopo i due conflitti mondiali, in cui vi fu una media di 1570 immissioni nella rota, fino ad arrivare a 171 nel 1970

Oltre al quantitativo ingente di bambini che ogni anno la Reale Santa Casa dell’Annunziata accoglieva, l’Istituto fu chiamato a sostenere una pesante crisi che durò ben oltre la metà dell’Ottocento. Le condizioni complesse all’interno dell’Ospizio dei trovatelli portarono a picchi dell’indice di mortalità. A volte più della metà degli esposti in un anno non riusciva a sopravvivere: sia perché molti venivano abbandonati in condizioni fisiche già precarie, sia per problematiche igieniche, mediche o nutrizionali derivanti da comportamenti disonesti dei dipendenti o anche per l’assunzione di balie cagionevoli di salute. Si arrivò a tassi di mortalità dell’80-90%.  

Nonostante le difficoltà dei periodi di crisi, però, il brefotrofio della Reale Santa casa dell’Annunziata ha rappresentato per secoli un luogo d’accoglienza esemplare e soprattutto un simbolo della carità napoletana, che racchiude sette secoli di storia nel quartiere Forcella.  

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