“Non dimenticare mai che una crisi politica, economica o religiosa sarà sufficiente per mettere in discussione i diritti delle donne” – Simone De Beauvoir
In questo periodo di intensa crisi pandemica e politica l’affermazione della filosofa francese si presta più che mai attuale. Lo abbiamo visto con i diritti rovesciati delle donne afgane e di quelli che ogni giorno vengono calpestati nei paesi in via di sviluppo, ma non solo. Le donne in Europa sono quelle che maggiormente hanno risentito sul piano lavorativo della crisi pandemica, finendo nel principale mirino delle e-mail di licenziamento tempestivo.
Altre, invece, si sono trovate ancora una volte legate alla figura di sostegno e supporto familiare, per la quale anno rinunciato al loro impiego e alle loro aspirazioni. Nel Sud Italia le statistiche non mentono: le donne sono inoccupate sono in una percentuale più alta rispetto al Nord. Questo perché?
Andiamo ad analizzare la risposta attraverso un percorso fatto di rivoluzione e ribellione, costernato dai nomi delle filosofe coraggiose in un mondo che ancora rigettava l’idea di autonomia femminile.
La Francia Illuminista
Ci troviamo nella Francia Illuminista e i primi pensieri di uguaglianza fra uomini e donne nascono proprio in seno ai più grandi pensatori legati alla tradizione dei Lumi, quali Helvétius, d’Alembert e Condocert che analizzano il rapporto uomo-donna. A questi pensatori però, deve essere accostato anche il discorso delle prime grandi donne illuministe: la filosofa Emilie Le Tonnelier de Bretuil, signora di Chatalet, e l’inglese Mary Wollstonecraft.
Helvètius, come Madame de Chatalet, pone rilievo a quello che è il ruolo dell’educazione femminile. Tutti i limiti che la filosofia morale era solita ad attribuire alle donne, come la scarsa capacità raziocinante, la prevalenza delle passioni e dell’irritabilità nervosa (tutti elementi che vediamo ancora adesso attribuire, specialmente nei contesti politici o di potere, alle donne), erano frutto di un’educazione sbagliata, che non sosteneva le donne nel tirar fuori il meglio di sé e delle loro capacità.
Madame de Chatalet
Madame de Chatalet ci dice infatti che la ragione è unica, per gli uomini e per le donne, ed è dunque necessario che essi abbiano la possibilità di svilupparla allo stesso modo e secondo le stesse modalità. Sostiene inoltre l’infondatezza della volontà di precludere le donne dallo studio delle scienze matematiche e fisiche, considerando questo un grave attentato nei confronti della loro intima natura.
Chatalet era una donna e una filosofa cresciuta in un ricco contesto culturale e che poteva dunque comprendere il suo ruolo sociale e discutere in merito ad esso, facendo sì che i primi oggetti di studio delle filosofe donne fosse proprio la loro femminilità in relazione all’altro sesso.
D’Alembert e Condocert
D’Alembert inoltre, ci fornisce spunti interessanti in merito alla considerazione proprio della natura femminile. Egli schiera apertamente contro Rousseau, sostenendo che l’inferiorità della donna non potesse essere in alcun modo giustificabile da un qualche improbabile dato di natura. Al contrario, questa era semplicemente frutto di un fatto e di un processo culturale, determinato dal condizionamento di fatti storici.
Scriverà infatti che la schiavitù delle donne era dovuta all’avvilimento al quale le avevano relegate, al linguaggio futile e umiliante che gli rivolgevano, quasi non considerandole degne di raziocinio, e infine all’educazione funesta, quasi omicida, che gli era state sempre riservata nel corso dei secoli.
A prendere una posizione ancora più attiva sarà poi Condocert, il quale si schiererà apertamente a favore del suffragio femminile, riflettendo sempre sulla ragione ugualmente distribuita tra i sessi.
Mary Wollstonecraft
Ma la vera rivoluzione femminista (per la prima volta utilizziamo questo termine), avviene proprio con Mary Wollstonecraft che mette in atto la prima critica formale ai pregiudizi maschili di Montesquieu e Voltaire, e consequenzialmente alla rivoluzione francese, auspica e annuncia una rivoluzione delle donne.
Wollstonecraft denuncia il dominio secolare maschile attraverso quello che possiamo considerare con il primo vero manifesto moderno del pensiero femminista, ovvero Rivendicazione dei diritti delle donne del 1792. Il destino della rivoluzione francese si intreccia con quello dell’emancipazione femminile, attraverso un progresso civile di cui gioveranno anche gli uomini.
La tesi della filosofa inglese si basa sul fatto che le donne, come gli uomini, sono portate in tribunale e giudicate responsabili delle loro azioni criminose, dunque ritenute capaci di raziocinio e di distinguere il vero dal falso.
Una riflessione importante è apportata alla tematica del matrimonio, sulla quale potremmo ritornare per molteplici temi, data la sua triste attualità.
Viene enunciato e presentato per la prima volta il concetto di matrimonio paritario, cioè voluto da entrambi i coniugi e basato sul rispetto e la stima. Viceversa, il matrimonio non si presenta essere che null’altro se non una gabbia per la donna.
Sempre nei suoi scritti inoltre esprime la sua volontà di estensione dei diritti politici femminili, tra cui appunto il voto, ma anche la possibilità per le donne di godere dei propri beni e di accedere a lavori più prestigiosi grazie all’istruzione elementare fornita in maniera gratuita dallo Stato.
I parallelismi evidenziati tra i due tipi di rivoluzione sono evidenti ed è importante riportarli alla luce, soprattutto quando i diritti femminili vengono minati.