Giovedì 12 Maggio, in diretta mondiale, abbiamo assistito ad una delle più importanti scoperte in ambito scientifico ed astronomico: è stato fotografato Sagittarius A*, il buco nero che si trova al centro della nostra galassia, la Via Lattea.
Dopo 3 anni dalla prima foto di M87, il buco nero centrale della galassia ellittica gigante Virgo A, grazie alla collaborazione internazionale Event Horizon Telescope (Eht) e con il contributo italiano di Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), Università Federico II di Napoli e Università di Cagliari, la ricerca ha raggiunto un altro grandissimo traguardo.
Sagittarius A* non è visibile direttamente perché non emette luce, si vede uno spesso anello di gas brillante, che circonda una regione centrale scura chiamata ‘ombra’. L’anello è prodotto dalla luce distorta dalla potente gravità del buco nero, che ha una massa pari a quattro milioni di volte quella del Sole ed è distante dalla Terra 27.000 anni luce, in direzione della costellazione del Sagittario. Esso, inoltre, mille volte più piccolo e meno massiccio rispetto a quello di M87.
La parte più esterna di un buco nero è chiamata orizzonte degli eventi, è la superficie limite oltre la quale nessun evento può influenzare un osservatore esterno; l’intenso campo gravitazionale che circonda il buco nero riesce a trattenere anche la luce, per questo motivo si dicono “neri”.
Lo scatto è stato ottenuto grazie a una rete globale di otto radiotelescopi, compreso il più potente del mondo, Alma (Atacama Large millimeter/submillimeter Array). Un radiotelescopio è un telescopio che, a differenza di quelli classici che osservano la luce visibile, è specializzato nel rilevare onde radio emesse dalle varie radiosorgenti sparse per l’Universo. Molte di queste apparecchiature, sono state puntate verso il cuore della galassia per diverse notti nell’Aprile 2017, raccogliendo dati per molte ore di seguito, similmente a quando si fa una lunga esposizione con una macchina fotografica.
Il vicepresidente dell’Infn (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), Marco Pallavicini, ha dichiarato: “Questo è un bellissimo giorno per la ricerca perché adesso abbiamo la prova geografica e visibile di quanto sia importante la collaborazione internazionale nel campo della ricerca. È la prova che l’Italia è presente nei più importanti risultati scientifici, lavorando in sinergia. Ottenere questa immagine è stato il nostro obiettivo sin dall’inizio del progetto, concepito nel 2000, e poterla rivelare al mondo oggi ci ripaga di tanti anni di lavoro”.