Ugento è un comune del basso Salento, in provincia di Lecce, distante quasi 60 kilometri dal capoluogo di provincia.
È piccola, Ugento. Conta poco più di 12.300 abitanti sul territorio in parte corrispondente all’antica Ozan (Uxentum in latino), importante città messapica. E’ piccola, ma ha visto operare un grande. E’ piccola, ma ha visto accoltellare Peppino Basile, colui che, probabilmente, più di tutti voleva il suo bene.
Allo scoccare della mezzanotte tra il 14 e il 15 giugno 2008, Peppino Basile non immaginava il destino che lo aspettava… o forse sì! Stando ai racconti degli amici sapeva di vivere con una spada di Damocle sulla testa, ma quasi affrontava questa sua condizione con ironia, probabilmente maschera di una profonda consapevolezza. Era fastidioso Peppino. Dopo aver aderito al partito “L’Italia dei Valori” di Antonio Di Pietro, era diventato consigliere comunale ad Ugento e provinciale a Lecce. E lottava. Lottava per il bene comune, lottava contro i malaffari, lottava contro un modo di fare politica sporco, basato su sotterfugi, accordi sottobanco e infiltrazioni criminali. Non sapeva star zitto, Peppino.
Allo scoccare della mezzanotte tra il 14 e il 15 giugno 2008, Peppino Basile non immaginava che alle 01.35, dopo aver accompagnato a Gemini l’amico Silvio Fersini, con cui aveva trascorso la serata, e dopo essersi fermato a comprare le sigarette ad un distributore automatico, fuori casa sua lo avrebbero aspettato una ventina di coltellate. Coltellate che spensero Peppino, che frenarono la sua azione. Coltellate che eliminarono il “fastidioso” Peppino che proprio quella sera, durante il tragitto, mostrò a Silvio Fersini un sito di stoccaggi di rifiuti che sarebbe stato al centro dell’ennesima denuncia politica. Portare alla luce la verità era il suo chiodo fisso.
Dopo 12 anni non c’è ancora verità, non c’è ancora giustizia.
Chi ha pugnalato Peppino Basile? Perché? Certo, le minacce non erano mancate durante gli ultimi mesi della sua vita. Aveva rinvenuto una testa mozzata di cavallo davanti all’uscio della sua porta di casa e in più occasioni anche Consiglieri “avversari” non avevano mancato dal fare riferimento alla brutta fine che poteva fare uno che parla troppo, uno che protesta troppo, uno che va contro il “sistema”, da cui era veramente ossessionato, e di cui aveva denunciato l’esistenza stesso in aula il 15 febbraio 2008, 4 mesi prima del suo assassinio. Sempre nel 2008 scritte minatorie tappezzarono Ugento. Una recitava “Peppino devi morire”.
Certamente non basta questo per stabilire che si tratti di un delitto politico o mafioso, o entrambi se volete. Come non basta nemmeno la rivelazione del pentito di giustizia Giovanni Vaccaro che accusava l’imprenditore Bove quale mandante dell’omicidio, eseguito materialmente da due extracomunitari. Non bastano le dichiarazioni di Vaccaro, che vedono l’omicidio come la messa a tacere di quel Peppino che i fatti suoi proprio non voleva farseli e che aveva scoperto l’ennesimo malaffare edilizio. Vaccaro viene ritenuto inattendibile e l’ipotesi di omicidio di stampo mafioso viene accantonata per mancanza di ulteriori prove, non riscontrabili nemmeno in lettere inviate da Bove prima e dopo il delitto in cui l’imprenditore scriveva “Comunque stai tranquillo che a quell’infame ci penso io, però l’indirizzo che mi hai mandato è sbagliato e ho dovuto sbattere un po’ per vedere dove è che abita questo cornuto, ma ora lo so e quindi è solo questione di tempo, giusto il tempo per organizzare una bella festa. Non appena gli farò la cresima ti farò subito sapere”.
Si battono più piste: dal delitto passionale, dovuto alla presunta natura di “sciupafemmine” di Peppino Basile, al delitto d’impeto a opera dei Colitti, i suoi vicini di casa. Una testimone – l’unica – dichiarò di aver sentito le ultime parole di Peppino prima che il coltello lo uccidesse.
“Aiuto, aiuto. Cummara Tetta, compare, aiutatemi”.
Vittorio e Antonia “Tetta” Colitti erano proprio i vicini di Peppino Basile. Gli ultimi nomi pronunciati prima della morte. Un’invocazione d’aiuto che secondo gli inquirenti viene fatta proprio ad uno dei suoi carnefici e a sua moglie. Ad aprire questa pista investigativa che porterà all’arresto di Vittorio Colitti e del suo omonimo nipote (all’epoca minorenne) la testimonianza di una bambina di soli cinque anni, evidentemente ritenuta più attendibile delle ipotesi elencate prima. La piccola parlò di un uomo basso e anziano e di un ragazzo più alto e giovane. “Il nonno e il fratello di Luca”, suo compagno di giochi, rispettivamente nipote e fratello dei due Vittorio. Secondo la linea della difesa, la bambina subì delle pressioni durante l’interrogatorio. Le rilevazioni fatte in casa Colitti – dopo il ritrovamento del corpo – non trovarono alcuna traccia ematica di Peppino Basile.
Tra le lettere inviate dall’imprenditore accusato da Giovanni Vaccaro come mandante dell’assassinio c’era anche una che riportava: “Allora per quanto riguarda il Libro di Ugento ho visto in tv che hanno arrestato nonno e nipote… contenti loro, contenti tutti, compresi noi… ah ah ah ah”. Anche questa non è bastata come prova.
I due Vittorio Colitti, comunque, sono stati assolti con formula piena, ma solo dopo anni di battaglie e di carcere che purtroppo nessuno gli restituirà. Rimane il dolore per essere stati immischiati in un delitto in cui non erano altro che parte lesa, per l’assassinio di Peppino, molto più che un vicino. “Gli portavo il rispetto di un genitore, mi ha visto crescere” racconterà anni dopo Vittorio Colitti junior, indelebilmente segnato da questa vicenda.
E intanto, la verità? Non è mai venuta a galla.
Sono ormai passati 12 anni da quella notte di giugno in cui il guerriero, il fastidioso, il Politico Peppino Basile venne assassinato. La città, chi gli voleva bene, continua a ricordarlo e ogni anno in suo onore organizza una commemorazione e degli eventi per i giovani, a cui lui stesso dedicava cuore e tempo.
Restano tanti dubbi, tanti silenzi, tanta confusione. Tra ciò che è accaduto quella notte, ciò che è accaduto subito dopo, durante le indagini e ciò che priva ancora oggi, 12 anni dopo, questo caso di una definitiva risoluzione, con conseguente giustizia per Peppino.
Intanto, nel 2019 Libera lo ha inserito nell’elenco delle vittime innocenti di mafia. Per qualcuno, per tanti, è chiaro quali sono le mani sporche del sangue di Peppino, anche se la giustizia non ha fatto ancora (si spera) il suo corso.
“Malapuglia”, Andrea Leccese racconta il fenomeno della mafia Pugliese
di Angelo Velardi