La missione yemenita di Giulia Maistrelli

Rossella Schender 01/04/2021
Updated 2021/04/02 at 5:34 PM
5 Minuti per la lettura

A 6.601,98 km circa dalle nostre coste, in Yemen, si consuma un conflitto da ben cinque anni. Gli scontri interni al paese, la distruzione delle strutture sanitarie e la carenza di personale medico qualificato oltre che di medicinali e attrezzature mediche hanno contribuito al crollo del sistema sanitario. La mancanza di acqua pulita e l’insufficienza di vaccini danno ampio spazio alle epidemie infettive di diffondersi.
Medici Senza Frontiere opera sul suolo yemenita – così come in altre parti del mondo – per fornire assistenza in più di 20 strutture sanitarie.

Indice
Mocha è una zona altamente militarizzata, vista la presenza di diverse fazioni, ci si sente un bersaglio?Quali sono le problematiche più frequenti legate alla gravidanza?«Il centro ha un reparto maternità nato per offrire solo chirurgia d’urgenza ma, nel tempo, si è attrezzato per offrire anche cure per casi complicati, complicanze post-aborto, post-partum quali emorragie, patologie ipertensive della gravidanza, travagli prolungati o ostruiti. Le donne spaventate dalla situazione provano a partorire in casa e, nel momento in cui incombe un’urgenza, sono troppo distanti dall’ospedale e arrivano in situazioni critiche. A volte occorrono giorni prima che si presentino al centro e dobbiamo far fronte a rotture dell’utero, complicanza peggiore da travaglio ostruito, o alla mortalità neonatale. Tra le problematiche maggiori ci sono i rimedi casalinghi provati pur di non mettersi a rischio. Ho per questo voluto incontrare le ostetriche e levatrici tradizionali del posto e organizzato quattro settimane di training di emergenze ostetriche neonatali e donato dei kit d’emergenza dotati di rianimatori neonatali per poter rendere il loro lavoro più semplice. Il loro senso del dovere è stato un fattore molto importante, spesso devono gestire situazioni difficili senza corrente elettrica, acqua potabile, farmaci e attrezzature. Generalmente in ospedale queste emergenze richiedono un’equipe di medici ampia e una batteria di medicinali da ospedale di terzo livello».Qual è il rapporto instaurato con i medici locali?Come ci si muove per le attrezzature mediche, per le medicine?Continuerai a lavorare con MSF?

Dal 2018 a Mocha, centro portuale sulla costa ovest dello Yemen a circa 70 km dalla front-line dove ci sono i combattimenti, è stato reso operativo un centro di emergenza trauma-chirurgico 24 ore su 24 dotato di una sala operatoria e un reparto maternità.
Giulia Maistrelli, ostetrica e operatrice umanitaria di Medici Senza Frontiere dal 2018, è partita per una missione proprio a Mocha nel luglio del 2020 rientrando in Italia solo lo scorso gennaio.

Mocha è una zona altamente militarizzata, vista la presenza di diverse fazioni, ci si sente un bersaglio?

«Più che altro, dato che esplosioni e sparatorie sono all’ordine del giorno, il pericolo principale è quello di essere colpiti come danno collaterale. Le armi a lungo raggio sono molto pericolose, il 6 novembre 2019, infatti, l’ospedale di Mocha è stato gravemente danneggiato ostacolando così la nostra capacità di fornire assistenza. L’essere di Medici Senza Frontiere è però un fattore protettivo: la comunità ha molto a cuore il nostro intervento».

Quali sono le problematiche più frequenti legate alla gravidanza?
«Il centro ha un reparto maternità nato per offrire solo chirurgia d’urgenza ma, nel tempo, si è attrezzato per offrire anche cure per casi complicati, complicanze post-aborto, post-partum quali emorragie, patologie ipertensive della gravidanza, travagli prolungati o ostruiti. Le donne spaventate dalla situazione provano a partorire in casa e, nel momento in cui incombe un’urgenza, sono troppo distanti dall’ospedale e arrivano in situazioni critiche. A volte occorrono giorni prima che si presentino al centro e dobbiamo far fronte a rotture dell’utero, complicanza peggiore da travaglio ostruito, o alla mortalità neonatale. Tra le problematiche maggiori ci sono i rimedi casalinghi provati pur di non mettersi a rischio. Ho per questo voluto incontrare le ostetriche e levatrici tradizionali del posto e organizzato quattro settimane di training di emergenze ostetriche neonatali e donato dei kit d’emergenza dotati di rianimatori neonatali per poter rendere il loro lavoro più semplice. Il loro senso del dovere è stato un fattore molto importante, spesso devono gestire situazioni difficili senza corrente elettrica, acqua potabile, farmaci e attrezzature. Generalmente in ospedale queste emergenze richiedono un’equipe di medici ampia e una batteria di medicinali da ospedale di terzo livello».
Qual è il rapporto instaurato con i medici locali?

«Il team è estremamente competente e la maggior parte di medici, ostetriche e infermieri yemeniti non sono di Mocha ma si son spostati per lavorare con Medici Senza Frontiere. È stata la prima volta nella mia carriera che ho dovuto quasi litigare con lo staff perché prendessero dei giorni di riposo o tornassero a casa. Sono persone che sentono il lavoro in ospedale come una missione di vita, hanno sete di conoscenza e voglia di aiutare il prossimo. Questo mi ha fatto crescere molto anche sul campo personale».

Come ci si muove per le attrezzature mediche, per le medicine?

«Alcuni medicinali e attrezzature sono locali, quindi si comprano in blocco. Avevamo poi un ordine internazionale ogni 6 mesi, c’era un grosso lavoro di pianificazione e organizzazione semestrale per anticipare quelle che potevano essere le esigenze della metà anno successiva. A causa del Covid ci sono stati dei ritardi nelle consegne ed è capitato di avere delle carenze, di antibiotici o vaccini per esempio, ma mai di farmaci critici».

Continuerai a lavorare con MSF?

«Sì, mi sto indirizzando verso i progetti contro la violenza sessuale: credo fortemente nei progetti che possono avere un impatto sulla qualità di vita specialmente delle donne».

di Rossella Schender

TRATTO DA MAGAZINE INFORMARE NUMERO 216

APRILE 2021

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