La magistratura di sorveglianza è un’istituzione che in Italia funziona malissimo

Fabio Russo 11/02/2023
Updated 2023/02/11 at 2:53 PM
4 Minuti per la lettura

Nel distretto di Corte di Appello di Napoli, in particolare, la situazione è drammatica. Se poi stringiamo il campo e facciamo riferimento in maniera specifica all’ufficio di sorveglianza presso il Tribunale di Napoli ci rendiamo conto che si tratta di un’istituzione che rasenta l’immobilismo.

Da anni e anni ci sentiamo dire sempre le stesse identiche cose: pochi magistrati a fronte di un carico di lavoro ciclopico, poco personale, poche risorse. E ciò nonostante, la situazione rimane sempre la stessa!

Seguire la fase esecutiva per un avvocato del Distretto di Corte di Appello di Napoli diventa un’impresa eroica: è come entrare in un limbo oscuro dove non si vede mai la luce. Lavorare per un detenuto definitivo, difatti, rappresenta soltanto un carico di responsabilità che lo espone ad inevitabili fallimenti. Meglio rifiutare il lavoro, piuttosto che armarsi di vani carichi di pazienza e santità, scapocollarsi avanti e indietro, sballottato da un ufficio ad un altro, snobbato dai magistrati, trattato male da funzionari e cancellieri, prodigarsi con istanze e solleciti inutili, senza mai riuscire ad ottenere una risposta.

L’odissea nelle stanze della corte d’appello

Istruttorie infinite per ottenere un misero parere dell’UEPE o un’agognata relazione comportamentale dall’educatrice del carcere. Istanze di provvisoria applicazione di misura alternativa che vengono decise dopo mesi e mesi, udienze camerali fissate ad anni dalla richiesta di affidamento in prova al servizio sociale, richieste di liberazione anticipata mai decise, o paradossalmente concesse dopo l’espiazione della condanna.

Inutili file davanti ad uno sportello per sentirsi dire dopo mezz’ora che tutto è fermo.

L’operatore ti invita a chiedere in cancelleria. Così aspetti mezz’ora fuori ad una stanza vuota. Quando il funzionario arriva fa finta di non vederti e ti chiude la porta in faccia. Gli fai presente che ti manda il collega perché a terminale risulta la stessa annotazione di 6 mesi prima, e chiedi di visionare il fascicolo, ma lui fa spallucce e ti dice adirato che non gli compete, in quanto esiste uno sportello, e ti manda dal dirigente.

Questo accade quasi tutti i giorni, con eccezioni talmente rare da essere del tutto ininfluenti.

Vorrei poter dire qualcosa delle novità introdotte dalla riforma Cartabia in tema di Giustizia Riparativa, istituto senz’altro utile nell’ottica di un ravvicinamento tra autore del reato e vittima, ma lo stato dell’arte è talmente opaco ed incerto, che gli stessi operatori, UEPE e Uffici di Sorveglianza, non sanno dove mettere le mani. Ed il tutto, ovviamente, ricade sempre sul legale che non riesce a dare risposte perché a sua volta non le riceve da chi di dovere.

Ed intanto passano i mesi, talvolta anni, scanditi da solleciti invani, mentre un detenuto attende la risposta.

Il nostro sistema penale si fonda sul principio della funzione educatrice e risocializzante della pena, funzione che ovviamente in queste condizioni diventa una bel proposito privo di contenuto.

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