Chi denuncia la mafia non è isolato, al suo fianco oltre le leggi dello Stato c’è uno strumento essenziale: le associazioni antiracket e antiusura. Parliamo di un legame associativo capace di mettere in connessione le tante esperienze di denuncia, creando una rete di sostegno a beneficio degli imprenditori. Tutte le associazioni sono unite nella FAI, la Federazione della Associazioni Antiracket e Antiusura Italiane, di cui il presidente è Luigi Ferrucci, imprenditore di Castel Volturno che ha denunciato i suoi estorsori.
Da tempo la FAI è vigile e testimone sull’accordo quadro firmato dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana) e il Ministero dell’Interno sui rapporti tra testimoni di giustizia e banche. L’accordo stabilisce alcuni strumenti utili come l’Osservatorio Nazionale per il coordinamento di iniziative e confronti sulla normativa, oltre che alcune linee guida per le banche come un iter procedurale dettagliato per la gestione delle richieste di finanziamento, in modo tale da agevolare l’accesso al credito per la vittima.
Purtroppo, ci sono ancora istituti bancari che non si adeguano all’accordo quadro, creano ostacoli ai testimoni di giustizia che vogliono accedere alle linee di credito. «La difficoltà con la banca e gli altri istituti c’è – afferma Luigi Ferrucci – ci dovrebbe essere una maggiore sensibilità nei confronti di chi denuncia la mafia da parte degli istituti bancari. La nostra esperienza ci dice che attraverso la nostra azione e quella delle Prefetture siamo riusciti ad avere disponibilità dai vari istituti; abbiamo attivato spesso tavoli di contrattazione per risolvere il problema bancario della vittima».
Una situazione che diventa ancora più grave quando si tratta di agenzie assicurative, che aumentano le polizze a seconda del rischio di vita, molto più alto per un operatore economico che ha denunciato la mafia. «Per le assicurazioni è diverso perché si tratta di compagnie private che fanno calcoli di rischio su chiunque stipuli un contratto, quindi ad un rischio di vita più elevato si chiedono maggiori garanzie etc.» – afferma il presidente della FAI.
Così il sistema finanziario è monco sulla lotta alla mafia, la quale dovrebbe vedere il coinvolgimento di tutti gli attori sociali, politici ed economici. Sul versante della tutela il legislatore si è mosso bene, con l’istituzione di un fondo per l’imprenditore che ha denunciato e ha subìto danni conseguenti (legge 44/1999). La 44/99 è una legge economica che mira al reinserimento nell’economia legale dell’impresa anche se, come afferma Ferrucci: «Il suo utilizzo è molto limitato a fronte di fenomeni estorsivi che continuano ad esistere. Dobbiamo fare di tutto per allargare il volume delle denunce». Difatti la FAI da anni spiega che il solo fondo di solidarietà per le vittime del racket non basta: «Non dobbiamo pensare che queste due leggi possano invogliare la vittima alla denuncia dato che intervengono solo a seguito di ritorsioni».
Sulle modifiche alla L. 44/99 la FAI ha le idee chiare, lavorando da oltre trent’anni accanto agli operatori economici che scelgono di denunciare. «L’impianto della legge va bene com’è, ma dev’essere applicata in modo più veloce rivedendo le procedure di comunicazione tra i vari attori del processo – afferma Ferrucci. Bisogna dare più strumenti alle prefetture e assistere meglio le vittime con l’aiuto delle associazioni antiracket». Se il sistema finanziario ha ancora strada da fare per un contrasto efficace ad una mafia sempre più addentra all’economia legale, dall’altro lato è compito dello Stato sostenere il lavoro interamente volontario della FAI. Su entrambi i fronti c’è ancora strada da fare.