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La cultura classica in declino: la Howard University cancella la facoltà di studi classici

Luisa Del Prete 04/06/2021
Updated 2021/06/19 at 8:41 PM
5 Minuti per la lettura

La Howard University di Washington DC, autentica Università americana storicamente nera e aperta a tutti senza distinzione di sesso, religione e razza, chiude la facoltà di studi classici. Il college, nel corso degli anni, è stato frequentato dalla vicepresidente degli Stati Uniti d’America, Kamala Harris, da Toni Morrison, la prima afroamericana a vincere il premio Nobel per la letteratura nel 1993, e da Thurgood Marshall, primo afroamericano a diventare Giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America.

L’Università, in un comunicato, afferma: «La Howard University ha deciso di chiudere il Dipartimento dei Classici come parte dei suoi sforzi di prioritarizzazione e sta attualmente negoziando con la facoltà e con altre unità del college su come meglio riposizionare e riutilizzare i nostri programmi e il personale. Queste discussioni si sono svolte in un clima cordiale, e la facoltà rimane fiduciosa che il dipartimento possa essere mantenuto intatto a un certo livello, con la sua facoltà e i suoi programmi».

Una disposizione che accende gli animi dei più grandi studiosi contemporanei, come ad esempio l’intervento del filosofo Cornel West e di Jeremy Tate al Washington Post, i quali tuonano contro questa decisione dicendo che è un grave errore cancellare questo scambio culturale per i crimini dell’Occidente che, a quanto pare nella cultura afroamericana, sono diventati così centrali che è diventato difficile vedere quel che di buono l’Occidente ha da offrire.

Affermano che questa è una “catastrofe spirituale”: trascurare o disprezzare i classici è un segno di declino morale e ristrettezza intellettuale di vedute. Ricordano come i classici siano alla radice della formazione di eroi della lotta per i diritti civili dei neri, da Frederick Douglass che leggeva di nascosto Cicerone e Omero a Martin Luther King che da ragazzino in seminario si innamorò dei classici greci e nella sua “Lettera dal carcere di Birmingham”, testo sacro dell’antirazzismo, cita per tre volte Socrate.

La lunga marcia delle grandi Università americane verso l’abolizione degli studi classici greci e latini, è iniziata negli anni Ottanta e fu definita dal filosofo conservatore Allan Bloom come “la chiusura della mente americana” in quanto, in nome del politically correct, si sta eliminando una cultura che è fondata da grandi pensatori e creatori di dialogo, e che invece vengono classificati, dalle opere di Omero a quelle di Platone, da Catullo a Cicerone, come pericolosi “dead white males” (uomini bianchi morti) teorici della “supremazia bianca” sulle altre razze.

Tutto ciò viene visto dall’Europa con sconforto, mentre gli accademici americani tendono a pronunciarsi poco o ad astenersi per non essere accusati di collaborazionismo con quelli che vengono visti come antichi suprematisti bianchi, fautori di schiavitù e patriarcato. Proprio per questo motivo, da cancellare al più presto dai vari curricula accademici, venendo rimpiazzati da autori esplicitamente antirazzisti.

A schierarsi a favore dell’abolizione dei classici in altri atenei USA, è lo storico Dan-el Padilla Peralta, professore associato di classici all’Università Princeton che ricerca ed insegna “la Repubblica Romana e il primo Impero”, nonché la ricezione classica nelle culture americane e latinoamericane contemporanee.

Egli, considerato uno dei migliori classicisti della nuova generazione, spera che questo campo muoia al più presto e che greci e romani siano abbattuti dai loro piedistalli anche a costo di distruggere la disciplina, affermando di non voler avere più niente a che fare per com’è stata finora insegnata.

Dalla letteratura al cinema, dall’eliminazione delle statue di Cristoforo Colombo alla cancellazione (non solo alla Howard University) degli studi classici: una vera e propria tabula rasa della cultura occidentale, volendo forzatamente eliminare quelle che sono le origini di una cultura, identificando i fautori del pensiero come i classici greci e latini, come invece dei suprematisti bianchi. I classici ci insegnano a vivere in modo più intenso, più critico, più compassionevole; a imparare a prestare attenzione alle cose che contano e distogliere la nostra attenzione da ciò che è superficiale.

di Luisa Del Prete

TRATTO DA MAGAZINE INFORMARE 

N°218 – GIUGNO 2021

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