Copyright online

Social vs. Diritto d’autore: la battaglia del copyright online

Angelo Velardi 26/07/2022
Updated 2022/07/26 at 1:20 PM
4 Minuti per la lettura

Il 21 luglio 2022 è stato scritto un altro capitolo nell’annosa questione tra social network e industria dell’intrattenimento.

Epic Sound, etichetta discografica svedese con sedi negli USA, in Germania e in Olanda, ha avviato una causa contro il colosso social Meta e la “sua” Facebook. Pomo della discordia il copyright continuamente violato e aggirato dagli utenti del social network. La Epic Sound non si lamenta soltanto delle continue violazioni, ma della deliberata agevolazione di Meta alla pubblicazione di musica non licenziata, dell’ostruzionismo nel consentire controlli ai titolari dei diritti d’autore e della riluttanza a trovare un accordo per l’utilizzo del catalogo musicale.

In attesa del verdetto della U.S. District Courts, California Northern District Court, si ripresenta ancora una volta il dibattito riguardo alla regolamentazione del web e dei social network, troppo spesso in grado di divincolarsi tra le leggi statali in nome di uno status di apolide che ha fatto superare diversi limiti. La possibilità di riutilizzo più o meno leciti di contenuti, d’altronde, è diventato un vero e proprio fattore concorrenziale per questo tipo di piattaforme. E questo non accade solo lontano da noi, anche in Italia il presidente dell’associazione dei Fonografici italiani, Sergio Cerruti, ha parlato a La Repubblica di “quotidiano caso di pirateria legale”. 

Uno dei punti focali del contendere è l’utilizzo di contenuti musicali su Facebook (ed altri siti) presi da YouTube, senza che all’autore vengano corrisposti diritti di sfruttamento. Ovviamente lo scopo non sarebbe il pagamento di ogni singolo brano, ma il raggiungimento di un accordo che in qualche modo riconosca il lavoro creativo. Sempre Cerruti al quotidiano italiano continuava: «Siamo di fronte alla creazione di un sistema non concorrenziale che rende il nostro mercato disfunzionale, favorendo le grandi compagni che sottoscrivono con Meta accordi a livello internazionale, evadendo ogni responsabilità di natura economica e normativa a livello locale».

Come potrebbe essere risolta la questione?

Meta e il mondo social potrebbero farla franca ancora una volta, ma prima o poi (decisamente in ritardo) una strada da perseguire si dovrà trovare. Le piattaforme, dal loro canto, hanno attivato dei sistemi per gestire le segnalazioni di violazione e hanno stipulato accordi con le Major, ma si tratta di azioni insufficienti di fronte alla mole immensa di utilizzi non autorizzati di contenuti. Certo, è impensabile che esse gestiscano le licenze di tutti i contenuti prima della loro pubblicazione, ma la stipulazione di accordi “a catalogo” potrebbe essere un passo verso i titolari delle opere protette. E per i content creator che non appartengono ad alcuna “scuderia”? In questo caso la tutela dei diritti è veramente ai minimi termini.

È chiaro che siamo di fronte ad azioni deliberatamente illegali e l’unico rimedio sarebbe un efficace sistema di sanzioni giudiziarie.

Tuttavia, nonostante la legge preveda già la responsabilità diretta degli utenti, da decenni legislatori e corti ne hanno completamente ignorato l’esistenza. In primis, perché puntare il dito contro gli utenti significherebbe generare un numero ingestibile di processi per violazione, ma anche perché la scelta sarebbe fortemente impopolare e facilmente etichettabile come contraria all’innovazione.

Insomma, che si contrasti con l’efficacia delle norme già esistenti o che si studino regole più specifiche, che provino a tenere conto di tutti gli attori in gioco, urge che si trovi il modo affinché piattaforme e utenti che traggono vantaggio dal riuso della creatività e del talento altrui riconoscano il giusto compenso ai veri creatori.

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