Il prossimo 28 maggio in Turchia si svolgerà il ballottaggio tra l’attuale presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, e Kemal Kilicdaroglu, il leader dell’opposizione.
I risultati del primo turno
Come abbiamo già approfondito, nonostante i sondaggi lo dessero già per destituito, Erdogan ha riportato un risultato importante al primo turno, mancandogli, per raggiungere la maggioranza necessaria, poco più di mezzo punto. Mentre Kilicdaroglu è sotto Erdogan di ben 5 punti.
È ancora possibile una sconfitta di Erdogan contro Kilicdaroglu?
La risposta è sì, basta guardare al terzo posto sul podio. Il pacchetto di voti che servirebbe a Kilicdaroglu per vincere, infatti, è detenuto dal partito guidato da Sinan Ogan. Il partito in questione ha una linea politica fortemente anti-migranti e anti-minoranze, prima tra tutte quella dei curdi. Secondo i media locali, Ogan potrebbe anche decidere di allearsi con Kilicdaroglu in cambio di un ministero.
Ma perché è così importante il voto turco?
La linea politica decisa ad Ankara ha rilievo ben oltre i confini turchi. La Turchia, infatti, è il secondo esercito della NATO, dopo quello statunitense. La mediazione turca ha fatto sì che il grano ucraino continuasse a fluire verso i porti internazionali. La Turchia ospita milioni di profughi e ha accordi miliardari con l’Unione Europea per tenerseli, bloccando le migrazioni verso gli stati UE. Ancora, l’intervento turco ha tenuto in piedi lo stato Libico di Tripoli, sostenendolo militarmente e politicamente. Sempre i turchi, infine, hanno sostenuto la ribellione siriana contro il presidente Assad.
Cosa accadrebbe se vincesse Kilicdaroglu?
Se vincesse Erdogan è chiaro che le cose continuerebbero ad andare in questa direzione. La linea politica internazionale di Kilicdaroglu, emersa dalla propaganda, invece, mira a stringere molto di più i rapporti con l’Unione Europea e a limitare l’intervento negli affari interni dei paesi vicini. Per la politica interna, invece, si è dichiarato il ripristinatore della democrazia e ha detto di voler abbandonare il nazionalismo islamico di Erdogan.
Tutto molto bello, anche se non troppo convincente o coerente. Kilicdaroglu, infatti, ha espresso la sua posizione anche sulla presenza dei profughi siriani in suolo turco. Il problema si risolverebbe, per il leader, con una sorta di “aiutiamoli a casa loro” versione turca. Che andrebbe meglio tradotto in una forma di deportazione forzata verso le fauci del nemico, il dittatore Assad, lo stesso che i turchi stessi avevano aiutato (senza successo) a destituire.
Insomma, sia Erdogan deposto o meno, nulla assicura che il suo sfidante sia tanto migliore. Forse c’è solo da sperare che vinca il male minore.