Jorit prende sempre una posizione. L’ha fatto con la tragedia di Luana D’Orazio, con il murales di Pasolini a Scampia e lo fa anche questa volta con una denuncia aperta alla censura dinnanzi al conflitto Russia-Ucraina.
Il suo è un inno di pace che si innalza a seguito della bufera social scatenata dall’Università Bicocca di Milano, la quale a seguito dell’attacco russo all’Ucraina ha deciso di sospendere un corso su Doestoevskij (poi ripristinato) tenuto dal docente Paolo Nori.
Jorit sostiene che solo attraverso la cultura si comprende la guerra e si orienta verso la pace, una cultura che deve partire dalla scuola. Insieme alla “Fondazione Jorit“, lo street artist napoletano ha deciso di dar vita ad un progetto che coinvolge ben diciotto scuole del territorio campano. L’obiettivo è quello della rivalutazione del territorio e delle diverse forme d’arte a partire dalla cultura.
È lungo il Viale Kennedy di Fuorigrotta che il volto dello scrittore russo sarà accompagnato da una frase tratta da “Uccellacci ed Uccellini“, la pellicola firmata Pasolini che vede l’ultima interpretazione di Totò e del giovanissimo Ninetto Davoli. Cento anni dalla nascita di Pasolini e vediamo i due geni accostarsi, in maniera non casuale: il richiamo alla cultura come unica chiave per aprire gli occhi dinnanzi alla realtà e ad interpretarla nella sua totalità.
Dostoevskij porta il peso della voce della verità, insieme a Pasolini è un vero e proprio martire del proprio paese, che l’ha rinnegato e relegato in un contesto di sofferenza e di condanna a morte verso tutte le denunce sociali.
Studiare Dostoevskij non è semplicemente un meccanico atto di apprendimento, non si limita alla frugalità del testo scolastico, ma è un vero e proprio atto rivoluzionario contro l’oppressione dell’identità dei cittadini, un atto di difesa verso i civili arrestati a Mosca per protestare contro la guerra, un atto di tutela verso i giovani russi che si sono visti aggrediti per cause che nn dipendevano da loro.
A collaborare con Jorit questa volta è un artista olandese, a rimarcare l’internazionalità di una generazione per la quale non esiste nazionalità, non esiste paese che non sia il mondo.