«Io vi perdono, ma voi vi dovete inginocchiare».

Daniela Russo 23/05/2019
Updated 2019/05/24 at 4:52 PM
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«Io vi perdono, ma voi vi dovete inginocchiare».

Rosaria Schifani aveva 22 anni quando il marito, Vito Schifani, perse la vita nella strage di Capaci.

Era al volante della Fiat Croma che avrebbe riaccompagnato il Giudice Falcone a Palermo, il 23 maggio 1992. Le immagini di quei giorni fanno ancora rabbrividire, così come il suo volto segnato dal dolore accompagnato da quelle parole dette con la forza di chi non vuole arrendersi: Io vi perdono ma voi vi dovete inginocchiare.

Sono passati 27 anni da quell’attentato, trascorsi tutti nel ricordo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino perché è nel ricordo che i loro sorrisi vivono ancora.

Dimenticare ci renderebbe complici di una strage voluta da uomini abituati ai dimenticatoi. Dimenticare equivarrebbe a dire che il male non si può vincere, rifugiandosi nelle paure che non fanno altro che negare la nostra voce, ci tappano le bocche.

Dimenticare ci abituerebbe all’indifferenza, ci farebbe pensare che il presente e il futuro non ci interessano. Saremmo convinti che il male non appartiene a noi, alla nostra storia e a quegli anni accecati dal dolore e trafitti dall’ingiustizia.

Gli uomini si distinguono dalle bestie perché quest’ultime credono nella forza, e fanno della morte il loro unico verbo, e Giovanni Falcone questo lo sapeva.

Gli uomini credono nella legge, nella trasparenza. Questo era il principio di Falcone, che amaramente disse: “Per essere credibili bisogna essere ammazzati”.

Ricordare, difendere i valori della convivenza civile nel rispetto della legge e difenderli: per questa sua difesa Falcone viene ucciso dalle bestie.

Forse col sangue celebrano l’abisso in cui si trova il loro animo, e forse noi siamo stati pessimi ad aspettare che il sangue si riversasse per unirci sul serio al grido di Falcone. Quest’uomo non può essere dimenticato, nell’animo di tutti deve restare un esempio, la prova della legge che unisce gli uomini.

Immaginiamo che la nostra morte ci venga annunciata. Proviamo a vederci in mezzo al sangue, con il corpo a metà tra l’asfalto e le lamiere taglienti, contorte.

Con questo pensiero è davvero possibile dimenticare?

È possibile crocifiggere il domani dei nostri figli, gettarli nelle mani di chi uccide nascondendosi dietro bombe o minacce?

Noi crediamo non sia possibile.

Ricordiamo Falcone per ricordarci di tutti gli innocenti, morti in quei luoghi dove il sangue gronda ancora dai muri, attraverso le lacrime di chi non accetterà mai tutto quello che è stato.

Ricordiamo per avere il diritto di definirci liberi e giusti, per non permettere mai più a questa maledetta paura di smorzare in gola il nostro grido: il silenzio è mafia, il silenzio UCCIDE.

di Daniela Russo

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