Tra i protagonisti della pittura contemporanea neoespressionista, Raffaele Croce spicca per l’estrema riconoscibilità stilistica: la tecnica impiegata e le tematiche affrontate dimostrano uno studio e una ricerca approfonditi, appassionati perché sinceri e mossi da un’esigenza emotiva viscerale, tra le pieghe della realtà e della psiche. A Sessa Aurunca presso la sede della Galleria Toro Arte contemporanea, abbiamo visto dal vivo le sue opere e l’artista in persona. Lo abbiamo intervistato per capire senza mediazioni la sua visione dell’arte e del suo universo artistico.
SEVENTY IN ART LIVE è la sua ultima personale, perché questo titolo?
«Sono più di undici anni che la Galleria Toro mi rappresenta e all’origine del mio percorso, in occasione dei miei sessant’anni, fu celebrato con un evento dove io dipinsi live un quadro. Dopo dieci anni per i miei settant’anni mi hanno proposto di ripetere lo stesso tipo di evento, ecco spiegato il titolo».
Un’ennesima prova di valore artistico con una personale che ha riscosso notevole successo di pubblico e di critica. Qual è il quadro dipinto live, ce ne parli?
«Il mio “PASIPHAE ter”, ispirato alla leggenda di Pasifae, la madre del Minotauro. Il personaggio mitologico appartiene all’immaginario collettivo e soprattutto culturale, tra miti, visioni e testimonianze storiche di cui ancora si può trovar traccia nel mondo moderno. Insisto su questo tema perché c’è il tema dell’inganno come nelle guerre di oggi che nascono da inganni e bugie … Pasifae è un tema già usato da André Masson e Jackson Pollock».

Ha accettato la sfida nonostante la fatica e l’estenuazione di dipingere un quadro simile. Perché?
«Erroneamente molti pensano che l’arte contemporanea sia frutto di improvvisazione e casualità. Dipingendo live, sono convinto che si può far capire meglio l’arte non realistica; si può apprezzare come un’artista affronta l’opera e la sviluppa. Soprattutto con l’arte informale non esiste il caso, l’arte deve obbedire ad una serie di protocolli e a criteri di seria ricerca e studio approfondito, per arrivare ai necessari automatismi, alla definizione della campitura, della pennellata fresca e al bilanciamento degli oggetti rappresentati nella composizione e, a questo, si arriva solo dopo una lunga militanza ed esperienza».
Ritorniamo al tema della sua mostra: “NO WAR”…
«No Guerra: la tragedia che ha investito soprattutto l’Europa, il rischio di una guerra nucleare mondiale, è stato di grande impatto modificando e alterando, sia l’equilibrio e le relazioni tra gli Stati, sia quello economico e sociale del mondo intero. Basti pensare alle popolazioni coinvolte, soprattutto a quella ucraina. Io sono contro la guerra a prescindere, prima ancora di sapere chi ha torto o ragione, tutti perdono con la guerra e soffrono enormemente i più deboli, quelli che non c’entrano nulla. Dalla guerra si esce tutti sconfitti.
Il mio vuole essere un grido di dolore contro la barbarie della guerra. Ho raccolto l’invito del critico Giorgio Agnisola che invitava gli artisti a lui vicino, ed io mi onoro di essergli vicinissimo, a far sentire quel grido di dolore attraverso le opere, esprimersi con l’arte per mandare un messaggio, una testimonianza storica».
Come nella serie Aleppo e Acropolis, una produzione corposa dove lei si è sempre schierato contro la guerra. NO alla guerra sì alla vita, un inno di speranza dunque?
«Sì è vero è un inno alla vita, chi sa osservare vede senza dubbio scene drammatiche nelle mie opere, ma i colori sono vivaci. Uno stratagemma per aumentare la temperatura, l’attrito, la fruizione: brandelli di essere umani al centro e i colori invece accattivanti.
L’uso del colore vivace e l’uso massiccio di pennellate corpose, il suo stile è riconoscibile immediatamente. Sì è vero, è anche materico .. una ricerca che dura da vent’anni per arrivare ad una cifra inconfondibilmente e tipicamente personale».
Presente e futuro dell’artista Croce?
«Il Presente è questo, mostre in Spagna, grazie alla Toro arte, con i galleristi Francesco Maria Toro e Claudia Grasso, per avermi dato tante opportunità soprattutto in Spagna dove si stanno sviluppando relazioni importanti. Per un pittore storico come me, molto influenzato dalle situazioni contingenti, il futuro è difficile da prevedere. Sicuramente, per il 2023, continuerò con le serie sulle “Crocefissioni”; i “Golgota” e i “San Sebastiano”; anche perché parteciperò ad una serie di mostre di arte sacra con Giorgio Agnisola, un progetto di respiro nazionale».