Selva Silvia Barbieri è una giovane fashion adaptive designer da Mercogliano, provincia di Avellino. Lo scorso marzo si laurea in Design della Moda all’Accademia della Moda IUAD (Napoli), presentando una tesi sperimentale intitolata “Modellistica sperimentale adattiva per un corpo maschile non deambulante”.
Ciò che lega Silvia a questo importante progetto è l’amicizia con Gerardo Santoro, un ragazzo affetto da distrofia Muscolare di Duchenne.
L’abbigliamento adattivo, nel mercato italiano, non se ne vede neanche l’ombra e nessuno si è mai chiesto quanto possa essere difficile, a volte anche doloroso indossare un certo tipo di abbigliamento per chi vive particolari esigenze. Infatti il suo lavoro si basa sull’osservazione antropometrica e la documentazione di interviste e prove prototipo, ponendosi l’obbiettivo di elaborare una nuova modellistica adattiva per avviare una produzione di abbigliamento che, oltre a facilitare la vestizione e la svestizione, che riesca ad avere un’identità inerente con le mode e i trend del momento.
Dal giorno della sua tesi ad oggi, Silvia ha ottenuto notevoli riconoscenti nel campo della moda, da “Fashion Graduate Italia 2020” a Milano Fashion Week dello scorso settembre. Ma il sogno più ambizioso a cui sta già lavorando, prende il nome di “MyBeat”, una tipologia d’abbigliamento pensato per tutti.
Conosciamo meglio Silvia in questa intervista, che con il suo brand di moda vuole migliorare la qualità di vita delle persone che hanno problemi motori.
Ciao Silvia, lo scorso marzo hai discusso la tua tesi di laurea dal titolo: “Modellistica sperimentale adattiva per un corpo maschile non deambulante”. Cosa ti lega a questa importante tematica?
«Sono circa 11 anni che studio moda ma solo nel 2019 ho iniziato ad osservarla da un’altra prospettiva. A farmi aprire gli occhi è stato un mio caro amico, Gerardo Santoro, affetto da distrofia muscolare di Duchenne. Mi ha fatto capire quanto è difficile, sia per lui che per i suoi familiari, “l’indossare” la maggior parte dei capi di abbigliamento. Inoltre, ci sono capi di abbigliamento che non indossa da anni per quanto sia difficile, fastidiosa e alcune volte anche dolorosa la vestizione e la svestizione. L’assenza di abbigliamento adattivo, nel mercato italiano, è stata la ragione principale che ha motivato questa mia scelta».
Perché hai pensato ad un corpo maschile?
«Durante la preparazione della mia tesi ho scelto di sfidare me stessa più volte e la scelta di progettare una collezione maschile è stata una delle tante sfide. Perché?! Progettare abbigliamento maschile, risulta molto più difficile rispetto a quello femminile. Se fossi riuscita a realizzare una collezione maschile poi, in un futuro, progettarne anche una femminile sarebbe stato più semplice».
Questo progetto ti ha permesso di essere a Milano Fashion Week. Che esperienza è stata?
«A Luglio 2022 sono rientrata tra i 12 finalisti degli Italian Fashion Talent Awards, portando a casa il premio “Livia Gregoretti Showroom” che mi ha premesso di esporre la mia prima collezione adattiva nel suo Showroom durante la Milano Fashion Week di settembre. È stato molto costruttivo. Al mio rientro ho capito, ancora di più, la strada che voglio percorrere e di continuare a migliorarmi per lavorare in questo progetto».
Parliamo di “MYBEAT”, ci illustri brevemente il progetto?
«Dal mio progetto tesi ad oggi c’è stata un’evoluzione. Stiamo progettando una tipologia di abbigliamento “PER TUTTI”, senza creare categorie, senza creare differenze. MyBeat è un progetto/prodotto su cui stiamo ancora lavorando e testando per migliorarlo. Sarà uno dei primi prodotti che presenterò per avviare la mia Start-up. È una Tracksuit (felpa+t-shirt+pantaloni) PER TUTTI. Tutte le agevolazioni di vestizione e svestizione si camuffano sotto forma di giochi estetici. Avrà un valore molto personale, diverso da persona a persona ma non posso dirvi altro. Il mio lavoro non è volto a sensibilizzare gli animi ma ad eliminare barriere che spesso, invece di risolvere un problema, lo evidenziano».
Un abbigliamento intelligente, alla portata di tutti. Hai ascoltato storie, hai ascoltato esigenze grazie ad un questionario; che riscontro hai ottenuto?
«Inaspettato. I social, se utilizzati bene, sono davvero utili per collegarti con quante più persone possibili. Per continuare le mie ricerche e migliorare le prestazioni del futuro abbigliamento che presenterò, ho scelto di avviare interviste dirette. Cerco di conoscere la persona intervistata, capire quali sono i suoi problemi e bisogni riguardanti l’abbigliamento per poi studiare le possibili soluzioni. Non è semplice generalizzare le soluzioni perché le disabilità sono diverse e numerose per questo motivo, credo, sia ancora un tabù per molte case di moda italiane. Ogni persona intervistata entra a far parte della Community N.O.I Now Over Impediment che si concentra sullo sviluppo delle ricerche per migliorare l’abbigliamento adattivo by Selva. Sui profili social della Community N.O.I viene pubblicata brevemente la sua storia, la sua opinione riguardante il fashion system e la sua opinione riguardante il mio progetto. Ho anche avuto modo di intervistare persone dal Texas, Canada, Turchia. Il fine è quello di poter creare un grande gruppo dove scambiare idee, opinioni e conoscere storie».
Se ti piacerebbe essere intervistat* ed entrare nella Community N.O.I, puoi contattare Silvia su:
- Facebook “Silvia Barbieri Selva”
- Instagram “Selva Silvia Barbieri”
- selvaxnoi@gmail.com