Il libro di Paolo Mastroianni non è recentissimo (prima edizione nel 2006 e seconda edizione nel 2016) e l’ho letto con colpevole ritardo, ma è valsa la pena tanta attesa e, pertanto, è sinceramente consigliato. “Altrove” è scritto col cuore e con l’anima. Le storie sono intrecciate tra di loro pur avendo sempre la sensazione che si tratti di “sliding doors”; l’autore è capace di fornire sempre una visione estremamente realistica, pur con una retrospettiva personale e vissuta. Abbiamo avuto la possibilità di intervistarlo.
Ci racconti come nasce l’idea di “Altrove” e se hai intenzione di proseguire con altri lavori similari?
«Altrove nasce dal desiderio di rendere visibili e raccontare tratti di esistenza di persone ai margini di diverse età e razza, ciascuna col suo carico vitale di disperazione, amore, speranza di trovare un Altrove un po’ migliore… Dal piacere di esplorare vite diverse dalla mia e quegli istinti e quegli impulsi primordiali determinanti per riuscire a sopravvivere. Un piacere sopraffino che in qualche modo ho ritrovato col mio secondo libro, “Midland Metro”, e che mi tenta ad intraprendere percorsi nuovi similari».
Altrove è un romanzo che racconta diverse storie, come unite in un filo conduttore, in cui la parte reale si mescola sapientemente con la parte narrata. Come nasce il percorso Villa Literno/Caserta/Budapest/Londra? Ci sono altri personaggi non narrati che potrebbero essere aggiunti?
«Sì, diverse storie legate dall’incrociarsi dei diversi personaggi: una persona sullo sfondo di una storia che diventa il fulcro del racconto successivo. Incroci perlopiù casuali, talvolta senza effetto, talvolta portatori di uno stravolgimento devastante… A raccontare la “potenza potenziale” dell’incontro: due ragazzi seduti l’uno accanto all’altro in un autobus che possono ignorarsi, o conoscersi e dare inizio ad una vita intera insieme; incroci tra diversi personaggi, figli di diverse latitudini a raccontare la somiglianza di quegli istinti e quegli impulsi primordiali cui accennavo prima nel casertano, a Budapest, a Londra, nelle Filippine».
È mia convinzione che per raccontare un territorio bisogna viverlo. Qual è il tuo rapporto con la città di Caserta e il Litorale Domitio?
«Concordo con questa affermazione: Budapest, Londra, Varsavia, le Filippine… sono luoghi che, nella prima fase della mia carriera di ingegnere, ho frequentato densamente, fondendomi, contaminandomi, guadagnando conoscenza come un turista non può fare. Per quanto riguarda il nostro litorale, da Casertano, nella mia giovinezza, l’ho vissuto e frequentato, poi l’ho visto trasformarsi, degradarsi, diventare luogo di energia potenziale sotterranea».
Mi hanno colpito gli aggiornamenti biografici, le note con cui accenni per i personaggi principali cosa accade dopo. Come nasce questa idea?
«Mi attraeva la prospettiva di lasciar vivere i protagonisti oltre le pagine del libro, e che a farlo fosse il lettore stesso – stimolato dalle mie poche note – affiancandomi, sedendosi idealmente al mio fianco a farmi compagnia e al tempo stesso riducendo la tentazione narcisistica».