Un’intervista importante quella fatta al Presidente della Junior Domitia Luigi Lauritano, con l’intenzione e la voglia di mettere i puntini sulle “i”. Noi, da sempre sostenitori degli azzurri, abbiamo ascoltato le sue parole talvolta amare, ma che gridano “noi non molliamo, mai”!
L’ultima partita ha portato la squadra in C1. Da cosa è dipeso secondo lei?
«Quando ad inizio anno fai un progetto speri che le persone che hai individuato possono portarlo a termine. Quest’anno è stato molto particolare e al di là del risultato del campo (che rispettiamo sempre) i miei ragazzi valgono più di quello che dice la classifica, altrimenti non si spiegherebbero tutte le chiamate che sto ricevendo. I motivi per i quali siamo retrocessi sono molteplici e non tutti legati alla lealtà sportiva, ma questo è un altro discorso che affronterò nelle sedi opportune».
Pensa possa aver influito cambiare più volte allenatore quest’anno?
«Per quanto riguarda gli allenatori, mister D’Alicandro ha dato le dimissioni dopo un paio di mesi. Decisi di ingaggiare Mister Gatti che ha esperienza anche di squadre che hanno fatto categorie maggiori della B per cercare di avere alla guida un mister esperto, ma purtroppo ha dato le dimissioni dopo 9 gare senza vittorie. A quel punto decisi di affidare la squadra a Mister Bosco della U19 per responsabilizzare i ragazzi e devo dire che qualche risultato è arrivato anche in trasferta, poi a seguito di espulsioni ed infortuni (che ci hanno accompagnato per tutta la stagione) siamo capitolati. Ci tengo a dire però che perdere o retrocedere non è mai un fallimento».
«La domanda da porre – continua il Presidente – sarebbe: “Tu nel tuo lavoro ottieni una vittoria ogni anno?” No. Ogni anno si lavora per raggiungere un obiettivo (ottenere una promozione, oppure formare un gruppo, per togliere qualcuno dalla strada) e non sono fallimenti sono passi verso il successo. Jordan ha giocato 15 anni nei Chicago Bulls, ne ha vinti 6, gli altri 9 erano fallimento?».
Cosa secondo lei non ha da rimproverarsi la squadra?
«Abbiamo rilanciato giocatori che erano stati isolati, messi da parte e sono risultati vincenti, abbiamo formato giocatori e fatto giocare ragazzi nei campionati nazionali, abbiamo dato una chiara impronta di quello che vogliamo essere e sicuramente di quello che non vogliamo essere. Certo ho commesso degli errori, mi sono fidato troppo, cercherò di non commetterne più. Come sono certo che i ragazzi che quest’anno sono retrocessi hanno arricchito il proprio bagaglio di esperienze che forgiano, che formano e che migliorano».
Poi conclude: «Credo che un passo in avanti debba farlo anche la Divisione, che spinge le società a far giocare ed investire sugli italiani giovani e poi trincerandosi dietro ad un regolamento ridicolo, che hanno la possibilità di cambiare solo nel caso lo volessero. Il Calcio a 5 è solo passione, null’altro. La Divisione dovrebbe tutelare tutti quei presidenti che continuano a portare i ragazzi a giocare, e dovrebbe farlo anche modificando i regolamenti, quei regolamenti che consentono a tutti di iscriversi. La selezione la fa il campo è vero ma spesso e volentieri la fanno gli spalti, questo va cambiato. Non ci sono grossi sponsor, non ci sono introiti, non c’è nulla che possa invogliare qualcuno ad investire, c’è solo voglia, alla Divisione il compito di non farcela passare».