Automatica e necessaria, così Francesco Strippoli definisce la dinamica delle violenze sessuali che le donne migranti sono costrette a subire una volta arrivate nelle campagne italiane per cercare lavoro. Un fenomeno che non si limita alle donne ma che si estende anche agli uomini. Un intreccio tra illegalità, paramafiosi e violenze che annienta l’identità dei migranti causando ripercussioni psicologiche indelebili. Abbiamo affrontato l’argomento con l’attivista di NO CAP, movimento nato per contrastare il fenomeno del caporalato e tutelare il rispetto dei diritti umani. Da una precedente inchiesta tra Napoli e Caserta, infatti, è emerso come le violenze sessuali nei confronti dei braccianti da parte dei caporali siano un problema quotidiano.
I caporali intervengono direttamente con le violenze, oppure fanno da tramite. Qual è l’importanza del corpo all’interno del progetto migratorio per un bracciante o per un migrante?
«Noi di NO CAP ce ne siamo occupati quando abbiamo fatto dei progetti specifici di antitratta e sulla questione di genere. Proprio qui nel foggiano, abbiamo ideato un progetto capace di convincere le aziende ad assumere delle donne con le quali ci siamo interfacciati attraverso le associazioni che si occupano proprio di fermare la tratta.
Dunque di donne che sono state portate in Italia forzatamente per prostituirsi. Quest’ultime hanno raccontato le loro esperienze, ed è emerso che anche in campo lavorativo hanno subito sia violenze fisiche e sessuali che minacce o abusi di vario genere. Un altro fenomeno che ho affrontato in prima persona è un progetto, “100 donne No Cap” attraverso il quale abbiamo fatto assumere 100 donne per la raccolta dell’uva tra il Salento e il Metapontino. Tutte donne italiane che per lavorare in agricoltura erano costrette tramite caporalato a subire pressioni e violenze».
Il fenomeno delle violenze sessuali è legato anche agli uomini ed è molto esteso. Voi vi siete mai interfacciati a questo problema?
«Ci sono inchieste importanti sul territorio che hanno scovato dei caporali coinvolti in questo fenomeno. Se ne è parlato pure alle Iene quando parlarono del caporalato a Foggia. Per quanto riguarda le attività di NO CAP, non ci è mai capitato di ricevere testimonianze in questo senso dai lavoratori uomini. Forse per errore nostro, nel senso che solitamente leviamo i braccianti dai ghetti e li mettiamo al sicuro, ci assicuriamo abbiano i documenti e valutiamo le loro condizioni però poi non c’è da parte nostra la possibilità di approfondire il loro passato.
Anche se, siamo consapevoli che pure per possedere una “baracca” all’interno del ghetto devi sottostare a delle leggi di stampo mafioso. Sono situazioni, dunque, che in maniera preventiva, noi sappiamo possono esistere. Dalle violenze sessuali alle minacce ai familiari così come l’essere costretti a commettere azioni illegali per conto di qualcun altro. Sappiamo che queste persone possono aver vissuto di tutto».
Questo fenomeno di abusi e di violenze, legato sia al mondo maschile che femminile, pensi sia una dinamica estesa o ancora circoscritta e molto rara?
«A livello femminile posso confermare che è molto estesa. È, purtroppo, diventa quasi necessaria ed automatica per entrare nella lista delle chiamate dei caporali. È diventata proprio una richiesta esplicita in questi circuiti illegale, per avere più possibilità di lavorare. Quando abbiamo parlato con le donne nel Salento, tutte hanno confermato di aver vissuto questa situazione; ciò ci ha confermato che è un fenomeno sistemico. Per quanto riguarda quello maschile, invece, è variegato e andrebbe analizzato caso per caso».
Quali sono le ripercussioni psicologiche per i migranti che ritrovano nel luogo che dovrebbe essere di salvezza, quella dimensione di sfruttamento e di violenze già subita in viaggio?
«Tra le donne c’è una buona parte che non è arrivata qui come migrante che ha fatto una scelta. Molte sono state portate qui proprio per il circuito della prostituzione e dello sfruttamento. Quindi per molte non c’è un “luogo di salvezza” e il tutto è vissuto come una volenza. Le minoranze che, invece, sono venute di propria scelta in Italia per lavorare, hanno vissuto un approccio tristemente duro in quanto hanno comunque avuto a che fare con il mondo degli invisibili e degli oppressi».
Che messaggio vuoi lanciare a chi vede con diffidenza le organizzazioni che si battono per i diritti dei braccianti in seguito al caso Soumahoro?
«Personalmente ho scritto un articolo su tutte le ambiguità di Soumahoro a dicembre 2021, dunque un anno prima che il suo caso uscisse sui giornali. Ho descritto tutte le sue vicende più opache relative al foggiano: della raccolta fondi senza destinatari concreti e di quella per bambini nonostante non ci fosse traccia di quest’ultimi nel ghetto, e dell’atteggiamento paramafioso che aveva con tutte le altre associazioni in quanto non permetteva loro di entrare nei ghetti. Prendeva il controllo di quest’ultimi affidandosi anche ad alcuni caporali. Questo era un dato di fatto e lo sapevano tutti coloro si occupassero del mondo dell’accoglienza e del sociale a Foggia e in provincia.
Tutte le incongruenze
Pare addirittura che la Caritas avesse provato ad avvisare Fratoianni di queste incongruenze. Questo perché la Caritas, così come altre associazioni, hanno ricevuto minacce da Soumahoro e dai suoi sgherri. Quest’ultimi lo hanno abbandonato dopo che hanno scoperto di essere truffati economicamente a loro volta. Sinistra Italiana era al corrente di ciò e ha provato ad allertare i vertici nazionali che, però, non hanno prestato attenzione alla cosa perché interessati solo ad entrare in Parlamento.
Sono stati sfruttati i voti mediatici che aveva Soumahoro a livello nazionale, questo perché il suo consenso cresceva attraverso fonti come Propaganda Live che imbambolava i ragazzi convincendoli a votare una figura che purtroppo non ha rispettato le loro aspettative. Queste vicende sono state insabbiate ed ignorate per farlo entrare in parlamento, il tutto è avvenuto coscientemente!
Ormai la situazione si è cristallizzata, Sinistra Italiana non perderà i voti ricevuti ma rimarrà l’inganno ideato. Sin dall’inizio Sinistra Italiana, però, aveva calcolato tutto. Infatti, occultava la campagna elettorale di Aboubakar mentre appoggiava, ad esempio, Ilaria Cucchi. Questo proprio perché sapeva fosse un personaggio scomodo che avrebbe creato uno scandalo, si sono dissociati sin da subito.
Ne hanno risentito tutte le persone che a Foggia si occupano di associazionismo, perché adesso vengono accusati ingiustamente. È stato creato un danno clamoroso, difficile da scrollarsi di dosso. Si è venuto a creare un clima di sospetto e diffidenza, soprattutto nei confronti dello straniero che adesso viene visto ancora di più come il delinquente che viene qui per approfittare dello Stato italiano. Andrebbe data più attenzione e rilevanza alle periferie, così si rispetterebbe di più la giustizia sociale e si eviterebbero certi eventi sconvenienti. Era tutto un mero calcolo elettorale».