Per qualcuno è stato il più fedele dei seguaci di Caravaggio, per altri ha consumato il suo tradimento a partire dall’uso del disegno, in entrambi casi non si può scrivere una storia della pittura del Seicento napoletano senza includere Battistello Caracciolo (Napoli, 1578 – 1635).
La mostra organizzata al Museo di Capodimonte dal 9 giugno al 2 ottobre punta a riaccendere l’interesse su un pittore complesso, dedicandogli quella che può essere a buon diritto ritenuta la prima esposizione monografica sull’artista. Il direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte, Sylvain Bellenger, e i curatori Stefano Causa e Patrizia Piscitello ci raccontano il progetto.
Direttore, come si inserisce la mostra di Battistello nella programmazione di Capodimonte?
«Le mostre per un museo sono la colonna vertebrale dell’attività culturale, ancor più che la collezione permanente, perché è con le mostre che siamo obbligati a riflettere sul senso della storia dell’arte. All’inizio del mio mandato, mi sono accorto che il grande progetto “Picasso e il Mediterraneo” non aveva coinvolto la città di Napoli, anche se la presenza del Maestro spagnolo in città è ampiamente documentata: era il sintomo di quanto fossimo al di fuori della logica della collaborazione tra i grandi musei internazionali, pur essendo in grado di fornire un grande contributo agli studi con i suoi giovani e più strutturati specialisti.
Dopo Picasso ho pensato a Caravaggio, che è conosciuto dal grande pubblico soprattutto per le sue opere romane, quando a Napoli conserviamo tre capolavori assoluti della sua produzione. Poi è stato il momento delle due esposizioni organizzate con il Petit Palais di Parigi, una sua Vincenzo Gemito, l’altra su Luca Giordano. Battistello è un altro tassello di questa rete che stiamo strutturando per portare Napoli nel mondo e il mondo a Napoli».
Stefano Causa e Patrizia Piscitello hanno curato per il Museo di Capodimonte la mostra su Luca Giordano e il riallestimento delle sale dedicate al Seicento Napoletano, quale è stato il loro contributo al progetto?
«Causa e Piscitello hanno una sensibilità completare nel modo di proporre al pubblico un racconto della storia dell’arte che sia immediato e accattivante. Entrambi storici dell’arte raffinatissimi, Piscitello ha uno sguardo omnicomprensivo sull’allestimento, a partire dai colori delle sale per arrivare all’illuminazione, il che, in una società visiva come la nostra, è essenziale per conquistare l’attenzione del pubblico. Causa propone una lettura dell’arte figurativa non solo in senso filologico, ma arricchita dal suo personale interesse per la musica, la letteratura, il cinema. L’obiettivo primario è sempre quello di permettere al pubblico di ritrovarsi nell’arte antica e far cadere quelle barriere che fanno ritenere il museo come qualcosa di lontano e incomprensibile. Con le mostre si deve parlare di umanità eterna, al di là del tempo e dello spazio».
Quali sono gli obiettivi di questa mostra?
«Il primo obiettivo è quello di riportare Battistello Caracciolo nella percezione identitaria della città e tutto parte dal lavoro di sistemazione e studio delle opere prodotte. Il secondo obiettivo è raccontare una storia coinvolgendo il visitatore, perché il pubblico spesso si annoia nella vastità delle grandi sale dei musei che intimoriscono invece di risvegliare la curiosità.
Inoltre abbiamo inteso riconnetterci al territorio restaurando ed esponendo in modo più visibile delle opere straordinarie poco conosciute dagli stessi storici dell’arte. Anche la digitalizzazione gioca un ruolo fondamentale: attraverso la fotografia si può cogliere il più nitido dettaglio e la loro pubblicazione on line è il più grande gesto democratico che un museo possa fare».
A proposito dei restauri Patrizia Piscitello, storica dell’arte nonché responsabile dell’Ufficio Mostre del Museo di Capodimonte, ci racconta quanto emerso: «Nell’Immacolata Concezione della chiesa parrocchiale di Roccadaspide (SA) sono state eliminate molte ridipinture del volto, ma soprattutto, dopo la pulitura, si evidenzia un panneggio straordinario, tra i più preziosi della produzione del Seicento napoletano.
Lo stato di conservazione del San Luigi Gonzaga proveniente dalla chiesa del Gesù Vecchio di Napoli era molto precario tanto da rende ostica la lettura della figura del santo sorretto dai putti nella fascia inferiore e l’architettura della balaustra. Altro dettaglio interessante riguarda La liberazione dal carcere del Pio Monte di Misericordia. Qui la pulitura ha consentito di apprezzare il dettaglio della celata veneziana, una tipologia di elmo, indossato dal soldato addormentato sulla sinistra. Un dettaglio identico a quanto dipinto da Caravaggio nella Negazione di Pietro del Metropolitan di New York».
Come sottolinea Stefano Causa, professore storico dell’arte e autore dell’unico volume monografico dedicato a Caracciolo (2020) «La prima vera novità di questa mostra è la presenza della scultura in marmo, in legno e anche in argento, perché Battistello ha dei rapporti con la scultura napoletana, con Michelangelo Naccherino, Cosimo Fanzago, Pietro Bernini, che pur non essendo originari di Napoli hanno qui lasciato opere straordinarie. Ma a completare il ritratto concorre anche la presenza in mostra di opere di pittori che ha conosciuto o dei quali ha visto la produzione, da Francesco Curia a Orazio Gentileschi e Jusepe De Ribera.
Un altro aspetto singolare di Battistello Caracciolo è la sua profonda conoscenza teologica, ampliamente esaminata nei saggi del catalogo che abbiamo pensato in modo multidisciplinare, affrontando il tema museologico, quello economico circa lo studio dei contratti degli artisti a Napoli nel Seicento, e la fotografia intesa come la riproduzione dell’opera d’arte».
La mostra è stata possibile grazie alla collaborazione con numerosi musei stranieri che hanno concesso opere provenienti dalle collezioni di loro pertinenza: per la prima volta in assoluto sarà possibile confrontare il Cristo confortato dall’Angelo del Kunsthistorisches Museum di Vienna con la versione attualmente conservata a Vho, così come la presenza di 18 disegni provenienti dalla collezione del Nationalmuseum di Stoccolma tratteggiano le peculiarità del Caracciolo disegnatore.
Ma Battistello Caracciolo è anche in città e possiamo trovare le sue opere negli affreschi del Palazzo Reale di Napoli, nel San Michele Arcangelo di Santa Maria La Nova dove il pittore veste i panni del restauratore andando a integrare un dipinto di Teodoro d’Errico e nella chiesa della Certosa di San Martino, perché, come sottolinea Piscitello «andare a San Martino fa bene al cuore».
TRATTO DA MAGAZINE INFORMARE
N°230 – GIUGNO 2022