Angelo Spagnoletti

INTERVISTA. Angelo Spagnoletti: “L’attore? Un modo diverso di guardare il mondo”

Giovanni Iodice 23/04/2023
Updated 2023/04/21 at 10:13 PM
6 Minuti per la lettura

Angelo Spagnoletti è un giovane e talentuoso attore campano, di origine beneventana. Noto per aver partecipato alla serie di successo “Generazione56k”, ha studiato presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Nel 2016 esordisce nella webserie, composta da dodici puntate, dal titolo “Genitori vs Figli” e recita in diversi short movie. Numerosi sono i lavori televisivi così come quelli teatrali cui ha preso parte ad oggi. Tra gli ultimi “Circeo”. Nel corso dell’intervista rilasciata al nostro magazine l’attore racconta gli esordi, il successo dovuto alla partecipazione a “Generazione 56k” ed i prossimi progetti.

Come ti avvicini al mondo dell’arte in generale e della recitazione in particolare?

“Ho fatto le mie prime esperienze teatrali a scuola. Lì ho scoperto il teatro, me ne sono innamorato. Successivamente è diventato il mio lavoro. Ho frequentato il Centro Sperimentale a Roma. Poi tanta gavetta, che continua ancora oggi, progetti indipendenti, provini e cortometraggi. Il ruolo importante è stato in Generazione56k”.

Beneventano di origine, romano di adozione…

“È inevitabile trasferirsi in un centro dove il teatro oppure il cinema possa essere alla portata. Sono di un paesino in provincia di Benevento. Sono molto legato a Molinara ed a San Giorgio la Molara. Le radici non si possono perdere, vanno mantenute perché sono il nutrimento dell’attore che si è, di quello che si può diventare. È inevitabile andare via in centri grandi come Roma che, ad oggi, è il riferimento del cinema; è la mia seconda casa”.

Il successo è arrivato con “Generazione56k”. Ci racconti come sei giunto al progetto e qualche aneddoto?

“Senza Generazione569k, ad oggi, avrei una carriera diversa. È stato fondamentale; mi hanno scelto come tutti gli altri progetti attraverso dei provini. Ne ho fatti diversi per Generazione56k. Francesco Ebbasta ha visto in me l’attore che avrebbe potuto dare corpo al personaggio interpretato. Ho un ricordo molto bello di quella esperienza, quasi nostalgico. Era un periodo particolare, segnato dal primo lockdown per l’emergenza sanitaria da Covid-19; un momento difficile. Per me è stato un evento di rinascita. Sebbene all’inizio della mia carriera, quello fu il momento giusto, la salvezza. In quel periodo si recitava seguendo le regole del distanziamento. Era un modo di fare cinema meno rilassato rispetto a come lo si fa oggigiorno. Se ci penso sembra siano passati secoli. Ne siamo usciti. Generazione56k è stato, come detto, un set nostalgico, anche per le tematiche trattate”.

Qual è il tuo rapporto con i social nell’epoca segnata dal progresso tecnologico?

“Non ho un rapporto con i social, li utilizzo poco. Stimo molto chi riesce ad utilizzarli bene. Sono un po’ critico verso i social perché credo si sia perso il confine tra ciò che è l’attore ed il modo di essere attore e come una carriera attoriale debba proseguire su determinati binari. C’è poi l’influencer. L’attore non è influencer, è anche influencer. In tanti oggi pensano di essere attori. Per come lo faccio io è una missione, un modo diverso di guardare il mondo. È un modo attraverso bisogna dare spazio a personaggi, a storie che fanno riflettere. L’apparire costantemente è come una mancanza di rispetto per i personaggi che l’attore deve interpretare”.

Qual è la caratteristica principale che un buon attore, oggi soprattutto, deve avere?

“Venendo dal teatro sono molto legato ad un lavoro quotidiano, ad un impegno su ciò che si può fare concretamente, sulla conoscenza di se stessi, del personaggio. Bisogna empatizzare con le storie proposte. La sfida è dover prendere qualche provino. Non so quale sia la caratteristica principale. Le caratteristiche da dover utilizzare sono quelle utili al personaggio che bisogna interpretare, che si ha di fronte. È un allenamento continuo; occorre andare in profondità”.

Arriva poi la partecipazione a “Circeo”, serie di successo…

“Era totalmente un altro contesto, una storia diversa. Lì è stato bello poter interpretare oltre che il personaggio, una situazione del tutto differente. Più passavano giorni, costruendo il personaggio, più mi rendevo conto che era di un’attualità quasi triste seppur successo negli anni Settanta. Il senso profondo per chi fa l’attore è raccontare storie che hanno un impatto sociale importante. Tengo molto alla necessità di raccontare quella storia”.

Quali sono i tuoi prossimi progetti artistici?

“Fare l’attore è come navigare in un mare a volte calmo ed a volte in tempesta. L’importante è remare, farsi sorprendere dai territori che possono scoprirsi. Non so dove mi vedo, ma so dove voglio arrivare, so che tipologia di cinema voglio fare, cosa voglio raccontare. Da poco ho realizzato, con amici, un film, indipendente, fresco, in dialetto cetrarese, nato da leggende di marinai. Non bisogna dimenticarsi del cinema indipendente”.

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