Da troppi anni si parla di possibili correlazioni tra problematiche legate all’ambiente e l’insorgere di tumori, principalmente in una vasta area che comprende la provincia Nord di Napoli e l’Agro Aversano, ma non esiste ancora alcuna certezza. Spesso si usano luoghi comuni e parole dal sicuro impatto emotivo per orientare l’opinione pubblica, per creare facili sensazionalismi, pur difettando un’informazione scientifica certa al riguardo.

L’incontro con il dott. Gerardo Botti, rinomato anatomo patologo, già sub-commissario della Sanità per la Regione Campania, oggi direttore Scientifico dell’Istituto Tumori Fondazione Pascale di Napoli, ci ha aiutato a porre qualche punto fermo in una problematica di grande importanza, ma dai contorni ancora non decifrabili.
Dott. Botti, è possibile fare chiarezza circa la possibile incidenza di fattori ambientali sull’insorgere di neoplasie nella cosiddetta Terra dei Fuochi?
«Io direi che correlazioni certe non ce ne sono. Esistono soltanto dati epidemiologici che in quella zona sono alquanto particolari. Qualcosa ce lo spieghiamo con i dati che ci sono pervenuti dall’Airtum, nonché il registro tumori nazionale, che indica la Terra dei Fuochi a maggiore incidenza per alcune forme di tumori come polmone, vescica e altri tumori solidi negli adulti; nei bambini invece l’incidenza è la stessa del dato nazionale. Quello che però appare quantomeno singolare è che nella stessa area questo indice di rischio si diversifica nell’ambito di pochi chilometri. Mi spiego: in un comune si può avere un dato che è vicino a quello nazionale, nel comune immediatamente vicino vi è invece un aumento dell’incidenza. Quindi significa che ci sono certamente dei fattori ambientali ma che non possono essere generalizzati. In questa stessa area, nelle zone a ridosso del mare, ed anche nelle isole più vicine come Procida, non si ha un aumento di incidenza, e ciò ce lo spieghiamo, con un pizzico di razionalità scientifica, con il fatto che la brezza marina favorisce la rimozione di quelli che possono essere cancerogeni ambientali volatili, cosa che non avviene in ambienti chiusi con alta densità di popolazione e costruzioni. È come se questo aumento si concentrasse soltanto in determinati comuni. Ciò ci lascia certamente supporre che i fattori ambientali incidono, ma oltre a quelli generali, dovuti alla combustione dei rifiuti dal quale prendono sostanza i cancerogeni, ci sono senza dubbio altri fattori di tipo genetico legati alla popolazione in sé. Esistono, inoltre, altre forme di inquinamento, come quello elettromagnetico o le discariche localizzate oppure attività lavorative e i sistemi di sicurezza in questi ambienti. Il cancro è una malattia genetica, cioè è il DNA che si ammala. Ma ci può essere un DNA molto labile, e in questo caso parliamo di predisposizione ad ammalarsi. In situazioni particolarmente dannose, un cofattore può diventare determinante in una persona dove c’è una maggiore predisposizione ad ammalarsi. In definitiva, il cancro è una malattia multifattoriale. Certamente, nella “Terra dei Fuochi” ci sono punti di alto rischio e maggior incidenza, però ciò che è strano è che a soli pochi chilometri quel picco di incidenza di mortalità rispetto ai dati nazionali non c’è più. Da un recente studio comparato che ha riguardato una serie di pazienti provenienti dalla Terra dei Fuochi e non, possiamo affermare che, a parità di stadio clinico e di diffusione del tumore, l’evoluzione della malattia era la stessa. Ciò significa che questi fattori ambientali, che possono avere generato un aumento dell’incidenza, di fatto non sono fattori maggiormente abili a determinare l’evoluzione del cancro».
Qual è una delle forme tumorali più diffuse?
«Il cancro del polmone oggi ha una incidenza notevole, con un tasso di mortalità elevato, anche se ridotto rispetto al passato grazie alle nuove terapie.
Il problema della gestione del cancro al polmone è che si diagnostica in una fase avanzata, ed il 75% dei casi è inoperabile. Quindi si va avanti con target terapy, immunoterapie personalizzate, che rispetto al passato hanno consentito tempi di sopravvivenza davvero inimmaginabili».
Nelle scorse settimane si è parlato molto del registro tumori infantili della Regione Campania. Sembrerebbe che i dati regionali sono in linea con il trend nazionale.
«In età pediatrica non c’è un aumento rispetto ai dati nazionali e ciò ce lo spieghiamo perché un cancerogeno per avere effetto ha bisogno di un tempo di azione prolungato. L’incidenza è maggiore negli adulti rispetto ai bambini poiché questi ultimi, evidentemente, hanno difese maggiori che consentono di respingere i danni ambientali. Un cancerogeno ambientale ha bisogno di anni per trasformarsi in fattore cancerogeno diretto».
Questi dati sono stati contestati perché non ritenuti attendibili, come se lo spiega?
«A mio avviso, in una piccola comunità, il tasso di incidenza di una malattia neoplasica viene iper percepito. L’Airtum però si basa sui dati delle schede di dimissioni dei pazienti ammalati: si tratta quindi di indici molto precisi».
a cura di Fabio Russo
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Tratto da Informare n° 171 Luglio 2017