Il mondo dell’edilizia ha da sempre rappresentato in Italia uno dei settori principali per il tessuto economico del paese, sia in termini di manovalanza che per le ingenti quantità di denaro che circolano all’interno della filiera.
Complice il forte distaccamento da parte dello Stato e una forte presenza delle mafie all’interno della filiera, questo mondo è sempre stato arduo da analizzare. Nello specifico, se ci soffermiamo sul personale utilizzato in questa filiera, notiamo le grosse falle che contiene: lo sfruttamento e il mancato rispetto delle regole sono all’ordine del giorno. Basti pensare che secondo le indagini svolte dall’Istat, dall’Agenzia delle Entrate e dall’INL (Ispettorato Nazionale del Lavoro), solo per l’anno 2018 si contano più di 4 miliardi evasi in edilizia, con più di 400 mila lavoratori coinvolti.
FRANCESCO E LA SUA TESTIMONIANZA
Abbiamo deciso di soffermarci sulla parte oscura del settore. Decidiamo infatti di raccogliere una testimonianza importante in tema sfruttamento lavorativo nella filiera dell’edilizia. Ci interfacciamo con Francesco, un giovane ragazzo campano che ha deciso di raccontarci la sua esperienza.
Quante ore lavori solitamente e qual è stata la tua esperienza lavorativa fino ad oggi?
«Nella mia vita ho conosciuto decine e decine di finti imprenditori affaristi pronti solo a sfruttare, che magari fanno promesse di certe paghe e poi addirittura non ti danno quanto pattuito o spesso non ti pagano proprio. Ho lavorato per qualsiasi cifra, anche 25 euro al giorno per 8 ore di lavoro durante la pandemia: era l’unica alternativa per sopravvivere.
Attualmente però lavoro per una ditta come muratore, svolgo mediamente nove ore di lavoro per circa 50 euro al giorno, dal lunedì al sabato. Non ho mai ricevuto un contratto lavorativo regolare, non ho mai firmato nulla di chiaro, tranne delle volte in cui alcuni datori di lavoro mi inquadravano con delle forme contrattuali inesistenti, utili solo a salvarli in caso di controllo da parte delle forze dell’ordine. Dopo anni di lavoro sono cosciente che non avrò mai una pensione, ho sempre lavorato a nero, l’intero sistema non prevede alcun diritto per noi. Siamo tutte vittime e complici di una cultura dello sfruttamento».
Se questa è la situazione contrattuale che hai vissuto, come valuti le misure di precauzione durante i lavori in edilizia?
«Nella mia vita non mi è mai stata fornita una mascherina per alcuni lavori a contatto con sostanze tossiche o mai un casco protettivo; non ho mai lavorato su un’impalcatura degna con i giusti sistemi di sicurezza. Di infortuni sul lavoro ne ho avuti a decine, alcuni più gravi altri meno: soprattutto in questo settore il pericolo è dietro l’angolo e senza le dovute precauzioni è facilissimo infortunarsi, ed ovviamente nessuno ti paga, anzi ti scaricano perché non sei più utile, resti fuori dal giro».
APPIAH KWASI: «GLI IMMIGRATI COME CARNE DA MACELLO SENZA NESSUN DIRITTO»
La filiera dell’edilizia è un settore in continua carenza di manodopera, e viste queste necessità, ha utilizzato fin da subito una elevata quantità di immigrati come manovalanza. Per comprendere al meglio il tema, abbiamo incontrato Appiah Kwasi, un mediatore culturale che opera a Castel Volturno e si occupa di tutela e rappresentanza degli immigrati sfruttati nel settore edilizio.
Quanto è vasto il fenomeno degli immigrati sfruttati nell’edilizia?
«Gli immigrati utilizzati nell’edilizia nelle province di Caserta e Napoli sono davvero tanti, molti di più di quelli utilizzati nei campi. Soprattutto nei periodi freddi, la gran parte di loro lavora come imbianchino o muratore. Tanti di loro vengono adescati con delle false promesse in merito alla paga».
Come giungono gli immigrati nei cantieri, quale organizzazione c’è dietro la loro selezione?
«La base organizzativa è simile a quella del caporalato agricolo, la procedura anche. Gli immigrati al mattino si recano alle rotonde, come quella di Pescopagano, e attendono l’arrivo dell’intermediario (anche lui immigrato) che gli propone la paga: se l’immigrato la ritiene soddisfacente allora sale sull’auto alla volta del cantiere.
Le auto che li trasportano nei cantieri sono guidate da persone senza patente e i veicoli non sono assicurati. Per il trasporto, gli immigrati pagano una cifra che va dai 3 ai 5 euro, dati poi al conducente. Ci sono anche altri immigrati che ad esempio lavorano a Napoli o Pozzuoli e utilizzano delle navette abusive per raggiungere la stazione della cumana situata a Licola e da lì raggiungono Pianura, Pozzuoli o Napoli centro».
In che condizioni lavorano gli immigrati e come si compone la loro giornata lavorativa?
«Solitamente raggiungono i cantieri intorno alle 8 e lavorano per 10/12 ore al giorno, con al massimo un’ora di pausa. Vengono pagati al termine della giornata e non ricevono più di 35-40 euro al giorno, ma tanti di loro però vengono pagati in forte ritardo o in alcuni casi non pagati proprio. A loro vengono destinati i lavori più duri, quelli dove si rischia di più. La maggior parte subisce danni fisici o infortuni sul lavoro quasi quotidianamente, come tagli, abrasioni, lesioni etc.
Proprio in merito a questo, ho conosciuto un ragazzo ghanese che ha completamente perso un dito a causa di un taglio subìto a lavoro. Lui lavorava come muratore, ed utilizzando una sega nel modo sbagliato (tanti di loro non sanno correttamente utilizzare le attrezzature) si è amputato un dito. Il ragazzo lavorava a Pozzuoli, ma senza alcun contratto regolare e ad oggi lo stiamo seguendo, nella speranza di convincerlo a denunciare».
In che modo i caporali dell’edilizia influiscono sulla possibilità di denuncia del lavoratore sfruttato?
«Un caso drammatico del quale sono venuto a conoscenza è avvenuto l’anno scorso. In un cantiere a Cancello Arnone, un ragazzo africano mentre utilizzava un macchinario per distruggere e sminuzzare i resti di cemento. Rimase bloccato con un braccio all’interno e lo perse completamente, il capo cantiere italiano cercò in ogni modo di occultare le prove di questo avvenimento. Tanto da mandarlo in ospedale con la raccomandazione di non dire che stesse lavorando lì. Quando venni allertato di questo avvenimento, giunsi subito sul posto per accompagnare questo ragazzo in Ospedale a Pineta Grande e poi alla caserma dei Carabinieri per denunciare. Il ragazzo dopo aver minacciato di denunciare fu prima aggredito e poi costretto ad andare via da Castel Volturno».
FILLEA CGIL, VINCENZO MAIO: «SERVE UNO STATO VIGILE E ATTENTO»
Per comprendere al meglio lo sfruttamento lavorativo nella filiera dell’edilizia abbiamo intervistato Vincenzo Maio, il segretario regionale della Fillea Cgil. Sindacato attivo nella tutela dei lavoratori impiegati nel settore edile. Insieme a lui abbiamo analizzato il momento storico vissuto dalla filiera.
Nel precedente numero di Magazine Informare abbiamo intervistato un giovane che ci ha parlato della sua esperienza lavorativa all’interno di una multinazionale. Soprattutto di come quest’ultime camuffino sfruttamenti del lavoro con ditte subappaltanti. Qual è la realtà dietro queste dinamiche?
«La filiera dei subappalti è una delle pratiche più nefaste che possano esistere. E man mano che questa si allunga, aumenta la bruttezza del lavoro, aumenta la fatica, lo stress e il rischio agli infortuni. Paghe bassissime, diritti neanche a parlarne, ore infinite di lavoro. Che a detta di qualche padroncino “ti pago per lavorare e non per stare in ferie”.
Un mondo tutto a sé di lavoratori e lavoratrici schiavi dei propri aguzzini. Se parli ti licenzio, se ti ribelli ti licenzio, se ti lamenti ti licenzio. Il lavoro non è più riscatto di vita, ma ricatto di vita. Pochi sono quelli che denunciano, e chi lo fa sa che farà fatica a trovare un lavoro nuovo, perché poi sul posto i “padroncini” si scambiano le informazioni e si diventa “merce” non buona. Siamo nel 2023 e lo sfruttamento dell’essere umano sull’essere umano sembra non solo non conoscere tregua, ma addirittura rinvigorirsi».
Quanto è esteso in Campania il fenomeno del lavoro nero all’interno del settore edilizio?
«Prima dell’entrata in vigore del DURC di Congruità, l’edilizia era sicuramente, insieme all’agricoltura, ma anche servizi e commercio, tra i settori a forte presenza di lavoro nero e grigio. Ma con l’entrata in vigore del DM n.143 del 25 giugno 2021, governo “Conte 2” e Ministro del Lavoro Andrea Orlando. Parliamo del DURC di congruità il fenomeno ha subìto un forte ridimensionamento. Basti pensare che in soli due anni, presso le nostre casse edili in Campania siamo passati da 40.121 addetti a 70.335 addetti con un incremento di ben 30.214 unità».