Un buco nero. Così si presenta l’autismo a chi tenta di avvicinarsi allo studio, oppure alla semplice ricerca legata a questa patologia. Non se ne conoscono le cause, anche se da anni gli esperti monitorano quali possono essere gli elementi genetici, ambientali e neurologici che possono portare all’autismo. Non esiste una cura, sarebbe utopico, ma esistono tanti aiuti che possono portare la persona affetta da questa malattia a migliorarsi e, soprattutto, ad integrarsi nella società. Esistono associazioni, cooperative, in rete dal nord al sud dello stivale, che combattono con le famiglie per una causa comune: aiutare.
Una di queste è l’A.N.I.R.E. (Associazione Nazionale Italiana di Riabilitazione Equestre) che approccia le persone affette da autismo attraverso un modo molto originale. «La nostra trentennale esperienza nel campo della riabilitazione considera l’autismo come una difficoltà in cui convivono diversi disturbi che vanno dallo spettro autistico, ai disturbi pervasivi dello sviluppo, psico fisici», ci ha spiegato Danièle Nicolas Citterio, presidente dell’A.N.I.R.E. «La errata sensazione tattile dello schema corporeo comporta un’estrema difficoltà a percepire il concetto spazio-temporale, e, senza questi, non si ha la normale evoluzione fisica e psichica». Questo è un punto teorico imprescindibile da cui partire nel momento in cui si parla di integrazione e riabilitazione dell’autistico, in un secondo livello, poi, ogni ente sceglie il modo più originale per aiutarlo ed interagire. «Il nostro operatore speciale è il cavallo. Nel soggetto autistico interveniamo attraverso protocolli terapeutici unici, ma personalizzati e adeguati al grado di difficoltà del paziente. Questa prima fase è indispensabile al prosieguo di un percorso terapeutico per un progetto di vita che, attraverso le nostre equipe multidisciplinari, e con l’aiuto del “dottor” cavallo si concretizza con la riappropiazione dello schema corporeo e delle proprie capacità intellettive e motorie, senza per questo “gridare al miracolo”».
Originale, creativo e, soprattutto, efficace, il metodo A.N.I.R.E risulta essere, ad oggi, una vera e propria terapia di riabilitazione. L’incontro tra il soggetto autistico ed il cavallo, con l’aiuto dei tutor, rappresenta una terapia psico-fisica all’avanguardia che porta grandi risultati. Fondamentale è il ruolo dell’operatore, che deve essere accuratamente preparato verso il paziente. «La scuola nazionale per operatori in M.R.G.C. (metodo di riabilitazione globale a cavallo) di Milano è ad oggi l’unica sede di formazione Nazionale e Internazionale; possiamo ben dire che oggi in Italia si contano circa 180 centri affiliati ANIRE, gestiti dai nostri operatori» ci ha raccontato la dott.ssa Citterio. «La nostra metodica è oggi riconosciuta anche dalle Linee Guida Nazionale sugli interventi assistiti con gli animali, tanto da considerarci l’unica, tra le tante, a poter essere collocata tra le terapie di riabilitazione». Fondamentale risulta essere l’espansione delle tecniche di riabilitazioni nuove e funzionali, soprattutto nei punti in cui la sanità nazionale vacilla e c’è bisogno di una spinta sociale concreta e, soprattutto, specializzata. «Oggi possiamo affermare che quasi tutte le regioni del nord, in testa la Lombardia, sembrano aver recepito le potenzialità di tale metodica con l’apporto di un regime sanitario. Al Sud, invece, il tutto langue nonostante la presenza di valenti ricercatori nel campo». Mai perdere la speranza nella ricerca, ma queste sono le esperienze che rendono l’attesa sicuramente meno dura.
Tratto da Informare n° 180 Aprile 2018