Il libro, edito da Wood&Stein di Ales-sandro Tartaglione, è un racconto ben articolato che prosegue lungo 17 itinerari e che esplora, in lungo e in largo, il territorio della Terra di Lavoro. Conoscere questo territorio, vista la sua particolare vocazione naturalistica, significa soprattutto abbandonare le proprie comodità mondane per avventurarsi alla scoperta delle ricchezze paesaggistiche, culturali, territoriali, storiche ed enogastronomiche che lo compongono. L’autore ci invita a seguirlo in questa avventura in sella ad una bici, perché come lui stesso suggerisce, “ignorando i ritmi frenetici dei viaggi su motore saremo in grado di guardare da prospettive diverse, e con paziente e logica razionalità dello sguardo, luoghi che già conosciamo e che quotidianamente frequentiamo”. Dai suoi viaggi in bici, Carlo Scatozza, noto giornalista casertano, ha estratto il racconto delle sue esperienze. Questo per descrivere in prima persona, e pertanto attraverso gli occhi di chi ha vissuto e visitato i luoghi evocati, territori di un Sud Italia spesso banalizzati e condannati dalle parole di media nazionali che riservano ad essi perlopiù solo storie di degrado e di destini segnati. Non una guida, ma un racconto di territorio attraverso il cicloturismo. A sostenere la scrittura di Scatozza c’è anche l’intento di fare luce su alcune problematiche che attanagliano le possibilità di nuove trasformazioni della città e della cultura dei cittadini. Come lucidamente detto in una iniziativa di presentazione da Nicola Sorbo, ex sindaco di Caiazzo e presidente della locale Associazione Città Paesaggio, questo libro costituisce una sorta di piano strategico sui temi del turismo sostenibile e della mobilità sostenibile in una parte importante della provincia di Caserta. Per le pagine di Informare, l’autore ha dialogato con Angelo Morlando per raccontarci il suo lavoro.
L’INTERVISTA A CARLO SCATOZZA
Quali sono le motivazioni principali per il tuo racconto?
«Comincio dicendo che non ho voluto fare una guida tradizionale, ma ho cercato di descrivere un territorio raccontato dalla prospettiva delle due ruote, tenendo presente che vedo in queste terre sia potenzialità enormi, sia problemi longevi, sia fenomeni interessanti sviluppatisi solo recentemente. Noi stiamo vivendo una trasformazione importante, orientata verso un rispetto più attento della natura. Ormai ho quasi 50 anni, ricordo che una quindicina di anni fa eravamo in pochi a girare in MTB o a percorrere sentieri di trekking. Oggi molte più persone si dedicano a tali attività e coltivano una sensibilità maggiore per l’ambiente. Una cosa positiva è che dal 2017 abbiamo anche una segnalazione di molti percorsi grazie alla segnaletica CAI (Club Alpino Italiano) realizzata anche in una progettualità della Regione Campania. Credo, però, che il nostro territorio faccia passi avanti troppo lenti, lo dico e lo spiego nel libro, ma in generale credo che la Regione Campania sul tema del turismo sostenibile stia un passo indietro rispetto anche ad altre regioni del Mezzogiorno.
Tutto ciò perché esistono troppe aree urbanizzate e perché c’è un turismo che ha altri canali principali di funzionamento come quello culturale e quello balneare, che ovviamente sovrastano le attenzioni e non sempre sono integrabili. Ritengo che la bici elettrica sia in grado di aprire una fruizione incredibilmente nuova con immense possibilità per questo settore turistico. Il cicloturismo è pieno di sviluppo e si rivolge sostanzialmente a tutti, dai più piccoli ai più anziani. Permette di percorrere con facilità i luoghi dei centri abitativi e di quelli circostanti senza causare danni all’ambiente. Con il mio libro voglio rivolgermi a chi va in bici così da aiutarlo a scoprire nuovi elementi di questa terra, ma anche a chi non va, per offrirgli un punto di vista diverso, e chissà, invogliarlo ad essere turista in sella nei dintorni del suo territorio».
La scrittura del tuo testo pone al centro del discorso anche la politica del territorio. Quali sono i problemi più evidenti che hai notato andando in bici?
«Uno dei gravi problemi delle nostre città è il fatto che esse sono scarsamente presidiate. Ci sono pochi vigili, ad esempio e non sempre si è consapevoli che la strada non è solo delle auto. Diciamo che certe città sono più sviluppate per senso civico, altre meno; se a Caserta parcheggi l’auto sulla pista ciclabile di via Napoli o via Giannone non succederà mai nulla e questo non va bene. Tutti i beni pubblici vanno presidiati. Se un territorio non è presidiato diventa calamita di una serie di azioni borderline e svanisce il senso civico».
Perché il punto di partenza di tutti gli itinerari è Piazza Carlo di Borbone a Caserta?
«È il punto di partenza logico per chi viene da fuori ed è il punto di partenza per quello che la Reggia rappresenta per la sua città. Tra l’altro la Piazza Carlo di Borbone è la più grande d’Italia, una delle maggiori d’Europa e del mondo. Non sempre abbiamo la consapevolezza di ciò. Inoltre, difronte alla piazza c’è la stazione ferroviaria; la connessione treno-bici, che riguarda alcuni degli itinerari, parte da essa. Tutto concettualmente parte dalla Piazza; insomma, questo è il senso. La stessa città è… nei dintorni della Reggia; la città non cresce senza la Reggia e senza di essa non sarebbe esistita nel ruolo e nella funzione che ha avuto. I miei concittadini, talvolta, fanno leva su un’identità casertana alternativa a quella di Napoli…Tutto ciò è folle! Ricordiamo che Caserta nasce e si afferma nel mondo grazie alla intuizione della delocalizzazione reale. Come Napoli e Caserta siano unite lo si comprende quando ci si reca sulla collina di San Leucio e si guarda il panorama. Si osservano da lì la Reggia e subito il Vesuvio maestoso e i quartieri collinari di Napoli in maniera molto chiara. In nessun capoluogo di provincia della regione si osserva il capoluogo di regione così come lo si vede da San Leucio. Questo dovrebbe farci capire che noi siamo “Anteprima” di Napoli e come io spiego, questo significa anche imparare ad essere destinazione di tante persone che giungono in Campania per conoscere Napoli».
Il libro si completa con un’appendice, Giro Gustando, presente in ognuno dei 17 itinerari dove in maniera non banale si parla di produzioni tipiche riscoperte e artigiani del gusto che hanno un legame con il mondo della bici. Al termine del libro una breve directory dà la possibilità al lettore di scoprire bikeservice ed attività solidali del territorio legate alle due ruote, come ad esempio, Generazione Libera, associazione che ha creato un percorso di integrazione con migranti legati ad una ciclofficina del centro di Caserta. Non mancano note familiari ed autobiografiche come l’incontro ad Ercole di Caserta di Fausto Coppi con la nonna dell’autore nel dopoguerra.
UN’ULTIMA DICHIARAZIONE DELL’AUTORE
«Sono lieto che il libro stia avendo tantissimi momenti pubblici di confronto; da fine maggio ad oggi, sono stati già organizzati almeno 16 appuntamenti molto partecipati (tra i quali anche la presenza al Napoli BikeFestival) e dove, oltre che in librerie come “Pacifico Libri”, “La Feltrinelli” di Caserta ed “Io Ci Sto” al Vomero, è possibile acquistare il libro. Un ottimo successo lo sto avendo anche attraverso gli acquisti digitali (Amazon). Alla ripresa dopo le ferie estive, ho già presentato il libro al “Settembre al Borgo” a Casertavecchia e al Casale di Teverolaccio di Succivo; ci apprestiamo ad organizzare un evento alla Sagra del Fico d’India di Castel Morrone, uno dei luoghi narrati cui sono più affezionato e poi ancora Maddaloni, Capua, Valle di Maddaloni, Durazzano. Ci saranno anche tanti appuntamenti nelle aziende vitivinicole del territorio casertano e della parte di Sannio che racconto e che mi sono state vicino in questa avventura».
di Angelo Morlando e Nicola Iannotta