Colore rosa

Il rosa: un colore senza genere

Elisabetta Rota 26/01/2023
Updated 2023/01/26 at 12:02 AM
6 Minuti per la lettura

Da sempre ci hanno insegnato che il rosa è il colore delle femmine e l’azzurro quello dei maschi, ma la storia ci mostra come questi stereotipi siano stati costruiti nel tempo. In questo articolo esploreremo le origini di questi pregiudizi e come essi siano cambiati nel corso dei secoli, sfatando i falsi miti che ancora oggi ci accompagnano sulla loro associazione di genere.

Ogni colore ha un proprio passato e una propria funzione, ad esempio, nel Medioevo il nero era il colore dei poveri mentre nel Rinascimento diventa un colore elegante e viene sfoggiato dai nobili. Tra il XV e il XVI secolo, a Venezia, il giallo era indossato dalle prostitute in quanto associato alla lussuria e alla sensualità. Il rosso simboleggia da sempre ricchezza e potenza, seguito dall’arancione che veniva indossato dalla classe media per emulare il rosso degli abiti della nobiltà, il colore era simile ma costava meno. Inoltre i colori venivano utilizzati anche per rappresentare uno status symbol importante, coloro più benestanti sfoggiavano, infatti, le “livree”. Degli abiti che richiamavano i principali colori dello stemma di una famiglia importante, poter indossarli era un onore ed aveva un forte significato simbolico.

Il rosa è per l’uomo

In passato, dunque, indossare un capo colorato era un affare diverso da come lo pensiamo oggi, la totale libertà con la quale ci si abbigliava ai tempi, oggi potrebbe sorprenderci. In questo tripudio di colori, infatti, il rosa veniva considerato un colore per uomini! Il motivo principale è legato al fatto che il rosa era visto come una sfumatura del rosso, essendo simile a quest’ultimo era prediletto nelle sue sfumature più accese perché ritenuto un colore forte e deciso in grado di mettere in risalto la figura. Il blu, al contrario, offriva delle sfumature più delicate e quindi più adatte all’incarnato chiaro della donna.

Per tutto il ‘400 il rosa è un colore prettamente maschile e si sperimentano nuove tecniche di fissaggio per ottenere stoffe rosa sempre più intense. Ma la soluzione migliore la si ha con la scoperta dell’America. Qui viene trovata una pianta dal legno rosso, la Cesalpinia Sappan. Il legno di questa pianta se lasciato macerare in acqua, rilascia il suo colore trasformando l’acqua in una sorta di acquarello rosa usato poi per tingere gli abiti. Questo legno è presente in grandi quantità in Brasile, che viene così, nominato “terra della pianta tintoria”.

Il colore rosa nell’arte

Il rosa prosegue il suo cammino nei secoli successivi fino al 1600, dove il Rococò esalta le sfumature pastello di questo colore. È in questo secolo che il colore rosa subisce per la prima volta un’appropriazione da parte di una donna. Si tratta di Jeanne Antoniette Poisson meglio conosciuta come Madame Pompadour, la compagna di re Luigi XV. Era una mecenate dell’arte e della scienza, innamoratasi del colore rosa, nell’anno 1757 il pittore Philippe Xrhouet la omaggiò inventando per lei una tonalità di rosa che ancora oggi porta il suo nome, il “rosa Pompadour”. In questa tonalità verranno creati alcuni dei manufatti storici più belli provenienti dalla Manifattura Sèvres.

Nonostante ciò, il rosa rimane molto presente nel raffinato vestiario maschile di questo secolo e di quello successivo, ed è proprio un uomo italiano a segnare il 1700 con una nuova tonalità di rosa. Si tratta del “rosa Tiepolo” che prende il nome dal pittore e incisore che l’ha ideato.

Il rosa diventa per donne

Fino agli albori del ‘900 il rosa continua ad essere presente nei guardaroba di tutti. A testimoniare la sua associazione agli abiti maschili, è il celebre “pink suit” immaginato da Fitzgerald indosso al protagonista del suo libro “Il grande Gatsby”. Indossato anche da Leonardo Di Caprio nell’omonimo film del 2013 diretto da Baz Luhrmann. Ma è proprio nel 1900 che una serie di eventi porteranno il colore rosa ad essere una tonalità prettamente per donne.

Sicuramente gli uomini eliminarono il rosa dal loro armadio dopo le persecuzioni naziste. A tutti coloro accusati di omosessualità, infatti, veniva cucito un grande triangolo fucsia sul petto affinché fosse ben riconoscibile anche da lontano. Da quel momento il rosa venne associato all’effeminatezza o al genere femminile e portava con sé un significato vergognoso se indossato da un uomo. Contemporaneamente a questi eventi, la chimica riesce a creare un nuovo tono di rosa, tutt’oggi il più famoso: il “rosa shocking”. La stilista Schiaparelli se ne innamora e fa di questo colore il suo cavallo di battaglia, il rosa diventa definitivamente un simbolo della donna.

Da questo momento in poi non si torna più indietro! Dagli anni 40 le tutine per neonati vengono distinte in due modi, rosa per le bambine e azzurro per i maschietti. Ripercorrere la secolare storia di questi due colori, magari, può aiutarci a liberarci dai nostri pregiudizi ma per il momento c’è ancora bisogno di un Pink Shirt Day. Ogni 22 febbraio uomini e donne si vestono di rosa per combattere i tantissimi pregiudizi che riguardano questo colore e l’identità di genere. Ancora una volta ci sembra chiaro come, invece di imparare dal passato, quest’ultimo venga erroneamente accantonato.

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