«Cari fratelli e sorelle del Canada, vengo tra voi per incontrare le popolazioni indigene».
Queste le prime parole che Papa Bergoglio ha pronunciato una volta esser sbarcato in Canada: un viaggio di penitenza tra le comunità indigene vittime di politiche coloniali di assimilazione.
«Spero che, con la grazia di Dio, il mio pellegrinaggio penitenziale possa contribuire al cammino di riconciliazione già intrapreso».
E poi invoca una comunione di fedeli: «Per favore, accompagnatemi con la preghiera».
Quella di Papa Bergoglio è la quarta visita che un pontefice compie in Canada, dopo i tre di Wojtyla, nel 1984, nel 1987 e nel 2002.
Viaggi indicativi del fatto che la Chiesa mostra di riconoscere le colpevolezze compiute in passato e chiede scusa. Una volontà riconosciuta dagli stessi indigeni che l’accettano e si dicono disposti a dialogare per la riconciliazione, come affermano i Capi delle comunità First Nations.
Ma cosa è successo?
Si stima che, a partire dal 1883 fino agli anni ’60 del secolo scorso furono compiuti “orrori” nel sistema delle scuole residenziali dove fu attuato un programma – sostenuto dalla Chiesa Cattolica- di assimilazione delle popolazioni aborigene, che portò circa 150 mila bambini delle Prime Nazioni, Métis e Inuit a frequentare una delle 139 scuole distribuite in tutto il Paese, rompendo il legame con le loro famiglie, con la loro lingua e cultura per essere trasformati in piccoli cristiani.
Tra abusi di ogni tipo – anche sessuali -, reclusioni e percosse a scopo punitivo-intimidatorio, a causa di malattie, fame, freddo, almeno 4 mila di questi bambini hanno trovato la morte.
La penitenza
Il pellegrinaggio penitenziale e le scuse di Papa Bergoglio, che ha mostrato di voler lasciarsi alle spalle le ideologie di una Chiesa colonialista, sono state ascoltate dalle popolazioni indigene canadesi.
A farsi portavoce del gruppo è Gran Capo George Arcand Jr., il quale ha parlato alla stampa alla Conferenza episcopale canadese: «È un momento storico importante per i sopravvissuti del sistema scolastico residenziale e del danno causato dalla Chiesa cattolica. Siamo stati colpiti tutti da questo sistema, direttamente o indirettamente. Queste scuse riconoscono quanto abbiamo vissuto e creano un’opportunità per la Chiesa di riparare ai rapporti con i popoli indigeni in tutto il mondo. Ma non finisce qui: c’è molto da fare. È solo un inizio».