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Il Mare Fuori ci è entrato dentro: perché ci piace così tanto la serie TV?

Redazione Informare 08/03/2023
Updated 2023/03/08 at 4:48 PM
9 Minuti per la lettura

La serie tv napoletana “Mare Fuori” ha ormai conquistato una grande fetta del pubblico italiano. Dai giovani agli adulti, ogni fascia d’età è entrata in contatto con la serie e l’ha analizzata sotto i suoi vari punti di vista. Abbiamo deciso quindi di sondare un po’ il terreno e conoscere il parere delle varie fasce d’età in relazione al tema, con questionari ed interviste. Da un campione selezionato di circa 100 unità è emerso che i più coinvolti nelle dinamiche della serie, forse anche per il loro essere nativi digitali, sono proprio i giovani, che costituiscono circa il 76,5% degli intervistati. La serie inoltre, ha ottenuto come previsto molti più consensi nel Sud Italia, sicuramente riconducibili alla questione della rappresentatività. Infatti, l’84,7% del campione analizzato afferma di conoscere la serie e di averla vista, mentre l’86,7% conferma di sentirsi rappresentato e di empatizzare molto con i personaggi. Più della metà degli intervistati ha sostenuto che “Mare Fuori” trasmettesse un messaggio del tutto differente da quello di “Gomorra”, incoraggiando invece i giovani e coloro che vivono in queste situazioni di disagio a battersi per un futuro migliore.

Le opinioni però, continuano ad essere differenti non solo in base all’età, infatti consensi più bassi si raggiungono nelle fasce d’età più alte, ma anche in relazione alla professione svolta.

“MARE FUORI” SECONDO UNA DOCENTE

Abbiamo ascoltato anche il parere di Carolina Cardelia, docente di lettere presso l’Istituto Alberghiero Torrente di Casoria, per capire com’è percepito e diffuso il fenomeno della serie nei giovani attraverso la scuola.

Come sei arrivata a conoscere “Mare Fuori”?

«Ho iniziato a guardarla all’inizio della trasmissione per caso, facendo zapping una sera con mio figlio piccolo alla televisione. All’inizio la reputavo troppo cruda e pensavo che potesse condizionarlo negativamente, poi con il passare delle puntate ho ipotizzato che forse avrebbe potuto essergli d’aiuto guardare questo genere di contenuti, anche per comprendere i fenomeni più vasti che abbracciano la realtà di cui lui stesso è protagonista».

Come pensi stiano reagendo al fenomeno della serie? Cosa si sta manifestando?

«I ragazzi lo vedono di buon occhio, soprattutto per le tematiche sociali che affronta, come la diversità e il dover fronteggiare uno stile di vita costellato da difficoltà economiche. Inoltre, dove insegno io c’è una realtà molto varia, dove convivono ragazzi di differenti estrazioni sociali; è proprio tra questi ultimi che ho notato che la serie acquista più consensi. Probabilmente perché legata ad un concetto di rappresentatività, dove ovviamente ragazzi lontani da questi contesti preferiscono altri contenuti. Sono inoltre molto vicini alle tematiche delle storie d’amore, dunque forse proprio perché adolescenti mettono in secondo piano il tema della lotta alla criminalità organizzata».

Parlando di colleghi, quali sono i pareri più diffusi?

«Alcuni colleghi lo reputano sicuramente differente da Gomorra, ma sostengono che il messaggio di contrasto alla criminalità minorile non sia arrivato nel modo corretto. Infatti, molti studenti prendono quasi come modello le vicende raccontate nella serie, sostenendo la promozione di uno stile di vita basato su un estremo carpe diem. Nonostante abbiamo messo più volte in luce gli aspetti negativi di questo genere di condotta, molti lo ritengono ancora avvincente sottolineando l’importanza di vivere oggi da leoni, a discapito delle conseguenze».

Probabilmente, resta da porsi un unico rilevante quesito: prima di “Mare Fuori”, cosa c’era che parlava ai giovani di educazione alla legalità? E inoltre, sostenere che la scuola abbia un peso relativo in relazione alla condotta degli alunni se questi vivono in famiglie difficili, non significa implicitamente condannarli ad un destino già scritto?

ALICE, UNO SGUARDO DAL NORD

“Mare Fuori” è arrivata su un tema già largamente affrontato da Gomorra, che negli scorsi anni ha scosso l’opinione pubblica italiana e internazionale. Sono state sollevate molte critiche proprio sul rischio che spettacoli di questo tipo potessero influenzare negativamente e peggiorare i pregiudizi esterni sulla Campania. “Mare Fuori” è stata sicuramente d’impatto per gli spettatori di tutta Italia, in particolare chi non è mai stato a Napoli ed ha una prospettiva diversa su ciò che viene mostrato. Ecco perché un giudizio esterno può essere fondamentale per capire come viene percepita la serie da chi Nisida non sapeva cosa fosse.

Abbiamo chiesto quindi anche a persone fuori dalla Campania cosa ne pensassero. Tra questi c’è Alice, una studentessa dell’Università di Bologna che ne è rimasta molto colpita: «Di solito non guardo questo tipo di serie tv, però “Mare Fuori” mi ha presa tantissimo. Ho iniziato a guardarla su consiglio di amici».

Cosa ti piace della serie?

«Sicuramente la recitazione. L’interpretazione dei ragazzi – soprattutto nelle scene drammatiche – merita davvero tanto. Mi piacciono molto anche le canzoni, non solo la colonna sonora ma anche le altre che si sentono nelle diverse puntate».

Credi che la rappresentazione della criminalità sia veritiera?

«Credo che sia molto romanzata, spesso si sente che è costruito. Dubito che determinate dinamiche si possano verificare in un carcere minorile nella realtà, però capisco che tocca dei temi molto importanti. Le storie dei personaggi, sia quelli principali sia i secondari, ti lasciano qualcosa perché spesso hanno dei background personali diversissimi da ciò che ti aspettavi».

Quali sono questi temi?

«La serie è mirata specificamente a un pubblico di giovani, che vivono la strada. C’è una frase detta dalla direttrice che racchiude un po’ tutto, cioè che se un adolescente sbaglia devono rifletterci su gli adulti. Non credo che sia una classica serie sulla malavita, ma dà degli spunti importanti sul fatto che molti errori commessi a quella età sono anche dovuti al contesto in cui i ragazzi crescono».

IL COMPITO DEL GENITORE, MARIA TERESA

A questo punto della nostra analisi, ci sembrava accurato prendere anche il parere di un adulto, sul quale forse questa serie può dare un impatto diverso. Avere dei figli e cercare di proteggerli da questi errori è forse l’obiettivo primario di ogni genitore, ma fino a che punto “Mare Fuori” ha trasmesso questo messaggio? Abbiamo quindi fatto due chiacchiere con una mamma del nostro territorio, Maria Teresa, che ci ha spiegato i suoi pensieri sulla serie.

«Credo sia una serie giusta ma non totalmente reale, alla fine la favola è presente in ogni puntata. Nella realtà, penso che l’astio tra i ragazzi del carcere sia ancora più grande e che quelle poche amicizie che vediamo siano ancora di meno».

Perché guardi “Mare Fuori”?

«Ho iniziato a guardarlo perché ero interessata al racconto di questi ragazzi. Ogni giovane potrebbe ritrovarsi in quelle stesse situazioni, in contesti dove dovrebbero far attenzione a non entrare: questo porta a mille riflessioni per loro».

E tu, donna e mamma, come empatizzi con la serie?

«Non credo che questa serie riguardi poi così tanto la fascia adulta, piuttosto quella dei ragazzi di oggi. Come genitore, certo che mi rivedo. Avendo dei figli ho paura che loro possano ritrovarsi in queste situazioni, anche se per scherzo, gioco o immaturità, o anche se proveniamo da una buona famiglia. Lo vediamo proprio con un personaggio di “Mare Fuori”: Filippo non cresce in un contesto criminale, a differenza di altri, eppure per delle scelte stupide si ritrova a scontare una pena in carcere. Ogni ragazzo, anche il più educato, potrebbe correre lo stesso rischio. Come genitori, abbiamo il compito di insegnargli, o almeno provare, a non fare queste scelte stupide».

di Valeria Marchese, Giovanna Di Pietro e Iolanda Caserta

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