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Il delitto paga: il restauro dell’affresco di Porta San Gennaro a Napoli

Redazione Informare 04/06/2021
Updated 2021/06/04 at 4:52 PM
5 Minuti per la lettura

Il delitto paga: il restauro dell’affresco di Porta San Gennaro a Napoli di Mattia Preti (1657)

Può un affresco, anzi una serie di affreschi, che decoravano e in parte ancora decorano le Porte di una città, scaturire da un delitto, da un omicidio addirittura? E mica finisce qui. À la fin de la pièce l’omicida ci guadagna anche una bella sommetta!

L’omicida in questione è il celebre pittore seicentesco Mattia Preti, padre del miglior tenebrismo, il Cavalier Calabrese, pittore “corposo e tonante, veristico e apocalittico”, secondo la celebre definizione di Roberto Longhi. Non è qui il caso di richiamare tutta la vicenda artistica del Preti.

Ne parliamo perché il 19 maggio 2021 si è concluso il restauro dell’unico affresco rimasto dei sette che furono commissionati al Preti dal Consiglio degli Eletti nel 1657 per le Sette Porte (“Tebe dalla Sette porte chi la edificò?” direbbe Brecht) della città.

Il restauro, partito nel settembre del 2019, è stato possibile grazie alla sinergia tra settore pubblico e privato: Associazione Restauratori Napoletani, un gruppo di imprenditori raccolti nell’Associazione Friends of Naples, l’Associazione Costruttori Edili Napoli e il FAI della Campania.

Il restauro è stato condotto dalla Sovrintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio del Comune di Napoli nella persona di Laura Giusti, storico dell’arte e di Barbara Balbi, restauratrice. Alla cerimonia erano presenti il Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris e il Sovrintendente Luigi Rocca. Un bel parterre per il frutto di un delitto.

E sì! Perché a stare al racconto di Bernardo De Dominici, fonte primaria settecentesca con le sue Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani, giunto in città da Roma alla fine del 1656, ignaro del divieto di ingresso per impedire il riprendersi dell’epidemia di peste che aveva devastato la città, aveva ucciso una guardia che aveva cercato di fermarlo.

Arrestato, la sua fama lo salvò dalla condanna a morte; il Consiglio Collaterale propose di far dipingere gratis sopra le porte della città le immagini dell’Immacolata Concezione, di San Gennaro e di altri Santi protettori. Il Vicerè, Don García de Avellaneda y Haro decise così di commutare la pena, decretando che Excellens in arte non debet mori.

E così veniamo al nostro affresco, figlio di un delitto non punito. Nella parte superiore vi è l’Immacolata Concezione in gloria con il Bambino mentre ai lati San Gennaro offre il suo sangue per chiedere la grazia per il suo popolo e dall’altro troviamo San Francesco Saverio. In basso è mirabilmente rappresentata la Peste, una donna enorme coperta di piaghe e stracci.

Si astenne giudiziosamente il Preti dal dare a questa figura quella bellezza e grazia, “che dar solea alle altre sue, e facela ad arte di enorme e gigantesca grandezza, e situata malamente con poca acconcia attitudine, imperciocchè quando mai fu bella e leggiadra la peste?”. Ma De Dominici ci descrive altresì le figure in basso, che nell’affresco restaurato sono le più danneggiate.

Sono coloro che portano i cadaveri a seppellire (non a caso la Porta si apre verso il Rione Sanità in cui si trova il famoso Cimitero delle Fontanelle, gigantesco ossario formato proprio dai resti degli appestati e ora luogo di curiosità turistica ma un tempo luogo di culto per i napoletani).  Tra questi colpisce la figura di una donna che trascina un cadavere tenendosi una benda sul naso e sulla bocca. Ecco, hanno detto i napoletani, c’era la mascherina anche allora: “San Gennà nun è cagnat nient”! (San Gennaro non è cambiato niente).

di Roberto Nicolucci

TRATTO DA MAGAZINE INFORMARE

N°218 – GIUGNO 2021

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