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Guerra russo-ucraina: quale il ruolo della Bielorussia sullo scacchiere di guerra?

Nicola Iannotta 27/02/2022
Updated 2022/02/28 at 6:39 AM
6 Minuti per la lettura

È da ieri mattina che si leggono insistentemente notizie di un intervento della Bielorussia nel conflitto russo-ucraino.

Proprio ieri mattina il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy confermava la sua disponibilità a parlare con Mosca ma non su un territorio considerato nemico, come quello della Bielorussia: «Ci sono molte notizie su possibili colloqui tra Ucraina e Russia che possono porre fine a questa guerra e riportare la pace a tutti noi. Minsk è spesso menzionata lì come piattaforma per questi colloqui. È la città che non abbiamo scelto e nemmeno voi bielorussi in effetti. È stato scelto dalle autorità russe», ha detto Zelensky. «Vogliamo la pace, vogliamo incontrarci e porre fine alla guerra. Varsavia, Bratislava, Budapest, Istanbul, Baku, le abbiamo proposte tutte alla parte russa e accetteremo qualsiasi altra città in un paese che non sia stato utilizzato per il lancio di missili. Solo allora i colloqui potranno essere onesti e porre fine alla guerra».

D’altro canto, Putin non ha replicato al commento del presidente ucraino, di fatto si è mostrato indisposto a voler patteggiare. La sua è una scelta unilaterale, un ultimatum di concessione che l’Ucraina può o non può accettare, insinuando la possibilità di un tragico scenario di morte nucleare in caso di rifiuto.

E su questa pressione psicologica gioca anche la Bielorussia di Alexander Lukashenko. Ben conosciamo la dipendenza di Lukashenko da Putin, e la posizione dell’autocrate bielorusso è stata chiarita dallo stesso nella mattinata di ieri: «Le sanzioni contro la Russia sono peggio di una guerra. La Russia viene spinta verso una terza guerra mondiale. Dovremmo essere molto riservati e stare alla larga da essa. Perché la guerra nucleare è la fine di tutto».

Di Putin, Lukashenko condivide l’autorità totalitaristica. La storia della sua posizione politica all’apice del governo bielorusso è quella di una continua manomissione della carta costituzionale, in spregio a qualsiasi legittimità, per fini e scopi del tutto personali (o forse non soltanto personali). Ricordiamo che attraverso varie modifiche della carta costituzionale Lukashenko dal 2020 ha confermato la sua carica sovrana per la sesta volta consecutiva.

E sulla sua abitudine a modificare il testo della Costituzione si adagia anche il referendum indetto ieri. Dal 1992 la potenza nucleare della Bielorussia, dopo lo scioglimento dell’URSS, aderì al “trattato di non proliferazione delle armi nucleari” (TNP). Il Trattato fu approvato dall’Assemblea generale dell’ONU il 1° luglio 1968 ed entrò in vigore il 5 marzo 1970. «Prevede che gli Stati in possesso di armamenti nucleari si impegnino a non cedere a terzi materiale fissile e tecnologia nucleare. Gli Stati non-nucleari, viceversa, sono tenuti a non mettere a punto armi di distruzione di massa o a non procurarsene. Inoltre, il trasferimento di materiale e tecnologie nucleari utilizzabili per scopi pacifici deve avvenire sotto lo stretto controllo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica» (Enciclopedia Treccani).

Il Trattato fu originariamente sottoscritto da 3 Stati nucleari dichiarati (USA, URSS e Gran Bretagna) e da 40 paesi non nucleari. All’inizio degli anni 1990, quattro repubbliche scaturite dallo scioglimento dell’URSS (Russia, Ucraina, Bielorussia e Kazakistan), che ne hanno ereditato gli arsenali, hanno ratificato l’adesione al TNP.

Ora, Lukashenko, con il referendum indetto vorrebbe modificare proprio quei punti della Carta costituzionale che chiariscono la posizione della Bielorussia rispetto al TNP. In particolare, si vorrebbe intervenire sull’articolo 18 della Costituzione bielorussa, che ha garantito la neutralità nucleare del paese sin dalla sua indipendenza dall’Unione Sovietica nell’agosto 1991 e che potrebbe essere eliminato. Possibile anche l’eliminazione di qualsiasi forma di cooperazione con i Paesi occidentali. Tra le altre questioni nel referendum, c’è anche l’impossibilità per i presidenti e gli ex presidenti di essere perseguiti per crimini o violazioni di legge avvenuti durante il loro mandato. Il nuovo testo costituzionale prevede l’introduzione di un limite di due mandati consecutivi. Parte del potere verrebbe affidata a un nuovo organo, l’Assemblea Popolare Bielorussa, che potrebbe essere presieduta dal presidente uscente.

Il Referendum indetto in Bielorussia si accompagna agli orribili e recenti riferimenti di Putin sull’utilizzo nucleare. Pressione psicologica utile ad annientare il nemico ucraino, o minaccia realmente possibile? Purtroppo, soltanto Putin sa se Putin può davvero arrivare a tanto.

Intanto, le agenzie di comunicazione internazionali confermano le trattative di pace tra le due parti in guerra.

«Abbiamo convenuto che la delegazione ucraina si sarebbe incontrata con la delegazione russa senza precondizioni al confine ucraino-bielorusso, vicino al fiume Pripyat». Lo afferma in un messaggio su Telegram il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, confermando l’incontro negoziale con la Russia. Durante la conversazione telefonica con il presidente bielorusso, «Alexander Lukashenko si è assunto la responsabilità di garantire che tutti gli aerei, elicotteri e missili di stanza sul territorio bielorusso rimangano a terra durante il viaggio, i colloqui e il ritorno della delegazione ucraina», ha concluso Zelensky.

L’evocazione dello spettro nucleare segna una nuova fase nella strategia del conflitto. Oggi ci sarà l’incontro fra le parti per discutere sulle trattative di pace:si attendono gli sviluppi.

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