Giacomo Casaula e la solitudine con “Siamo tutti figli unici”

Grazia Sposito 24/05/2023
Updated 2023/05/22 at 11:44 PM
4 Minuti per la lettura

Giacomo Casaula è uno scrittore e un artista talentuoso dal carattere nobile e sensibile. Nella sua ultima opera letteraria, “Siamo Tutti Figli Unici” (Ed. Guida), quella per cui l’abbiamo incontrato per questa intervista, già dai primi capitoli analizza il concetto esistenziale di solitudine e che vede la famiglia come ancora di salvezza. Famiglia che, nel racconto, vive a Roma ed è composta dai genitori Alma e Riccardo (lei un avvocato, lui un insegnante di educazione fisica) e dai due figli unici, Luca e Francesco. A vent’anni Luca decide di trasferirsi a Londra, non a seguito di un conflitto generazionale, bensì per assecondare un irrinunciabile desiderio di rottura con il suo pur breve passato, scegliendo di interrompere ogni contatto per ben otto anni.

Del suo libro hanno parlato scrittori importanti, come Maurizio De Giovanni, che ha espresso parole di estrema fiducia per un autore capace di analizzare le mancanze di ognuno dei personaggi da lui creati, ai quali manca quella luce necessaria per essere felici davvero. Ecco il suo commento: “Un romanzo delicato e molto emozionante, un giovane scrittore da seguire con attenzione“.

Pagine che danno voce alle fragilità più o meno di tutti noi, dalle nostre ansie alle nostre paure più assurde che affliggono il nostro cuore. “Siamo tutti figli unici” porta ogni lettore a riflettere che dai giorni più bui, dai giorni in cui rischi di toccare il fondo si può risalire in superficie e ritrovare una nuova luce misteriosa. Forse, è proprio da quel dolore che si mescola con la nostra anima che troviamo la forza del cambiamento, e niente e nessuno può distruggere i nostri sogni.

Abbiamo fatto qualche domanda a Giacomo, che ci fatto conoscere il suo mondo fatto di parole.

Benvenuto Giacomo, presentati ai lettori di Informare…

«Sono un ragazzo di 30 anni, napoletano e sono un artista».

Come e quando nasce il bisogno, il desiderio di scrivere “Siamo tutti figli unici”?

«Il bisogno è nato agli inizi del 2020, volevo parlare principalmente di un tema, quello della solitudine, poi poco dopo è sopraggiunto il Covid e le due cose paradossalmente si sono unite, seppur nel romanzo non faccia minima menzione della pandemia».

La solitudine è la protagonista indiscussa del tuo ultimo lavoro letterario. Cosa consiglieresti a chi si trova a vivere questo status?

«Credo che tutti in fondo siamo un po’ soli e non per forza questo è un male assoluto. Non sono in grado di dare consigli, quello che sentivo ho provato a scriverlo proprio attraverso ‘Siamo tutti figli unici’».

Oltre ad essere uno scrittore è anche un musicista. In quale delle due vesti si riconosce di più?

«Più che musicista sono un attore teatrale, poi chiaramente scrivo e canto anche prodotti inediti. Non c’è una veste in cui mi riconosco di più, credo che entrambe siano di stimolo in maniera vicendevole».

L’emozione è diversa quando termina di scrivere un racconto rispetto a quando finisce di trovare l’ultima nota sulla sua chitarra?

«Sono due sensazioni molto simili, l’importante è che in entrambe ci sia veramente qualcosa di urgente da dover comunicare».

Quali sono i tuoi futuri progetti?

«Continuare a fare tutto quello che sto facendo, spettacoli, presentazioni, allargarmi anche in altri campi (tv e cinema) ed essere felice».

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