È morto questa mattina, 18 maggio, a settantasei anni, il cantautore Franco Battiato. La notizia, appresa dai primi giornali e dal passaparola degli amici, è stata un colpo al cuore. Battiato è stato uno degli artisti—se non l’artista—della musica nostrana che con le sue canzoni ha segnato in maniera indelebile i miei diciassette anni.
Canzoni come Bandiera bianca, La Cura, Centro di gravità permanente, così intrise per il suo disprezzo per la mediocrità, eppure di voglia di vivere, con quella musica pop incredibilmente sperimentale. Esse riassumono in maniera perfetta il turbine di emozioni e tormenti dell’adolescenza, in cui si cerca di costruire la propria identità e in cui si fanno i primi conti con quello che non ci piace del mondo.
E poco importa che Battiato fosse già piuttosto adulto quando ha composto queste canzoni. I suoi testi, così ricchi di riferimenti all’attualità quanto alla cultura sia alta che pop, e la sua musica che variava dal classico, all’etnico, alla new wave, al rock progressivo, è qualcosa che risuona. Era un vero e proprio distillato di culture, al pari della sua terra, quella Sicilia araba, normanna, spagnola, greca e latina.
Tutti lo chiamano “Maestro”, al pari di grandi della musica classica italiana come Ezio Bosso o Ludovico Einaudi, ma forse il paragone più vicino è Ennio Morricone.
Morricone ha rivoluzionato il modo di fare colonne sonore ed è riuscito a ottenere un enorme successo sia di critica e di pubblico. Ha composto colonne per più di 500 film e serie TV, due Oscar, tre Golden Globe, sei BAFTA, dieci Nastri d’argento e dieci David di Donatello. Battiato ha avuto l’onore di essere il primo artista italiano a vendere oltre un milione di copie con un solo disco, La voce del padrone, nel 1981. Per intenderci, l’album di Bandiera bianca, Cuccurucucù, Centro di gravità permanente.
Entrambi furono molto attivi nella politica, inoltre. Morricone fu uno dei democristiani che presero parte alla primissima Assemblea costituente del PD, mentre Battiato divenne addirittura assessore per il turismo della Regione Sicilia nel 2012. Venendo poi cacciato l’anno dopo per avere appellato ‘troie’ coloro che praticavano voto di scambio e compravendita di voti.
È sempre stato un irriducibile ‘diverso’, Battiato, rifiutando sempre di conformarsi. E la sua musica, anche dopo la sua morte, può continuare ad essere balsamo e fiamma per chi non riesce a non sentirsi ‘diverso’. Perché come testimonia la sua musica, anche se noi viviamo, invecchiamo e moriamo, le nostre opere rimangono, e c’è sempre chi, dopo di noi, vi si identificherà e ne trarrà forza e conforto.
È davvero azzeccato, allora, che il singolo con cui due anni fa chiuse la propria carriera si chiamasse Torneremo ancora, e che fosse un’ode alla libertà anche di fronte alla morte. Si sapeva che fosse da tempo malato, Battiato. Forse aveva intravisto la fine, e aveva voluto lasciare un ultimo saluto in preparazione. E così se ne è andato avendo detto tutto quello che voleva dire, come probabilmente lui stesso voleva. Ma lasciandoci la speranza.
di Lorenzo La Bella