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Formare gli insegnanti al linguaggio non verbale

Teresa Coscia 11/09/2020
Updated 2020/09/11 at 5:29 PM
3 Minuti per la lettura
I cancelli delle scuole non sono mai stati serrati così a lungo e la difficile ripartenza che si prospetta all’orizzonte ha più dubbi che certezze.

Mascherina sì, mascherina no, distanziamento sociale, didattica a distanza: problemi insormontabili e irrisolvibili, che si sommano a quelli che fra le mura scolastiche ci si ritrova ad affrontare di consueto, cercando di accompagnare nel mondo degli adulti ragazzi in periodi della vita estremamente delicati. A ritrovarsi ad assolvere a questo delicato compito sono spesso insegnanti oggettivamente impreparati, con una formazione del tutto inadeguata a comprendere e risolvere dei disagi adolescenziali lampanti e spesso sottovalutati, talvolta fulcro di ferite impossibili da scrollarsi di dosso.

Caserta, almeno da questo punto di vista, ha deciso di affrontare questo anno scolastico diversamente, forte di un progetto mirato al coinvolgimento di più scuole possibili per la formazione di insegnanti capaci di padroneggiare nuove tecniche di comunicazione, relazione e gestione della relazione funzionale al benessere psicologico. Ne abbiamo parlato con Fabio Ianniello, psicologo capofila del progetto che sta coinvolgendo varie province del casertano – e non solo. «Gli insegnanti sono la prima antenna di ricezione del malessere, è necessario che riescano a captare soprattutto gli indicatori non verbali di bambini che, magari, non hanno il coraggio di chiedere aiuto: sguardo sfuggente, difficoltà nell’eloquio, tremore». Un gruppo di psicologi e assistenti sociali in prima linea per provare a modificare in qualche modo un sistema impantanato da tempo immemore in un’attenzione specifica alla psicologia dei ragazzi, che si è trovato inizialmente di fronte ad un muro. Paradossalmente, infatti, gli insegnanti sono fra le persone meno propense a mettersi in gioco, per questo all’inizio estremamente diffidenti. Durante il primo progetto pilota presso una scuola di Afragola, tuttavia, è diventata evidente la necessità di prestare maggiore attenzione alla sfera psichica.

L’obiettivo del progetto si dipana sostanzialmente su tre differenti punti: formare gli insegnanti per rendere, almeno per la maggior parte dei casi, la figura dello psicologo “inutile”, evitando un’ulteriore ghettizzazione per i ragazzi che, effettivamente, ne hanno bisogno, mantenendo tuttavia una figura professionale capace di promuovere la cultura della socializzazione e dell’aggregazione, in contesti in cui oggi è sempre più complicato sentirsi parte di un gruppo nel quale ci si rispecchi e, al contempo, garantendo l’attività di questa figura professionale in loco.

Un tentativo, insomma, di debellare il problema dalla radice, evitando che piccoli intoppi possano trasformarsi in questioni troppo grandi per essere affrontate e risolte, tutto sommato, indolore.

di Teresa Coscia

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