Falsi scoop e vero giornalismo, ricordando Andrea Purgatori

Redazione Informare 01/08/2023
Updated 2023/08/01 at 12:29 PM
4 Minuti per la lettura

Pubblichiamo per intero l’articolo di Toni Mira, giornalista e componente del comitato scientifico de lavialibera. Una riflessione sul giornalismo d’inchiesta, in ricordo di Andrea Purgatori.

“Parlate della mafia”

Il 19 luglio abbiamo ricordato, e scritto, del terribile attentato nel quale morirono Paolo Borsellino e i cinque poliziotti di scorta, Agostino CatalanoEddie Walter CosinaVincenzo Li MuliEmanuela Loi Claudio Traina (mai limitarsi a scrivere “uomini della scorta”, avevano e hanno un nome, e il nome è il primo diritto). Borsellino, tra le tante importanti riflessioni che ci ha lasciato, si rivolse una volta al mondo dell’informazione, a noi giornalisti. “Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene”.

Lo stesso giorno dell’anniversario della strage di via D’Amelio ci ha lasciati Andrea Purgatori, uno che di mafia ha parlato e scritto alla radio, in televisione e sui giornali. Ma anche di stragi, terrorismo, corruzione e dei tanti “misteri d’Italia” che hanno caratterizzato la nostra storia e che ancora la caratterizzano, compresa la strage di via D’Amelio. Lo ha fatto sempre alla ricerca della verità, non dello scoop.

Familiari delle vittime contro la nomina di Colosimo alla guida dell’Antimafia

Per contribuire alla ricerca della verità, stando così al fianco dei magistrati e delle vittime, non per apparire come il più bravo (e Andrea era davvero un bravo giornalista). E a proposito di scoop, terza coincidenza, il giorno dopo, 20 luglio, i bravissimi magistrati palermitani, guidati dal procuratore Maurizio De Lucia hanno fatto arrestare un maresciallo dei carabinieri e un politico locale che stavano provando a vendere a giornalisti dei file trafugati sulla cattura del superlatitante Matteo Messina Denaro. Il tramite era il fotografo e giornalista Fabrizio Corona, noto per gossip e altre inchieste, e nuovamente indagato. C’era dunque chi vendeva scoop, sicuro di trovare qualcuno disposto a comprare. Perché purtroppo gli scoop, più o meno veri, si comprano, così come le interviste a mafiosi, ex mafiosi, collaboratori di giustizia veri o inquinatori, 007 reali o farlocchi. Scoop facili, se si hanno soldi e se si è spregiudicati.

Scoop come ricerca spasmodica dell’apparire, il giornalista che diventa notizia e non che cerca la notizia. Lo scoop invece è fatica, tempo, approfondimento, verifica, capacità di fare filtro. E anche sensibilità deontologica e etica. E questo non lo compri. Non è il tutto per tutto, non è l’io, ma un contributo per il noi. E quando lo raggiungi puoi essere giustamente orgoglioso: non lo sbatti in faccia ai colleghi o lo usi per farti bello. Lo condividi, soprattutto quando tra colleghi si fa squadra. Proprio per arrivare alla verità.

Alessandra Dino: “Le stragi, Cosa nostra e la forbice sociale”

Così accadeva tra noi cronisti che frequentavamo tra la fine degli anni ‘80 e gli anni ‘90 Palazzo San Macuto, il “palazzo dei misteri”, la sede delle commissioni bicamerali d’inchiesta, la commissione Antimafia, la commissione Stragi e Terrorismo, la commissione Ecomafie, la commissione Moro. Tra noi anche Andrea (quell’esperienza l’ha poi raccontata nel film Muro di gomma), ed altri “grandi” che non ci sono più come David Sassoli, Peppe D’Avanzo, Franco Giustolisi. Cronisti, appunto, che cercano la notizia, leggono documenti, ascoltano testimoni, scavano, consumando la suola delle scarpe come ci invita a fare Papa Francesco. Che rischiano, ma senza vantarsi delle minacce quasi fossero medaglie, perché quello che conta non è il titolo su di te ma le notizie che riesci a raccontare. E a raccontarlo bene, con passione e con cura della scrittura.

Articolo pubblicato il 31 luglio 2023 da Toni Mira su “La via libera

Condividi questo Articolo
Lascia un Commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *