Spero che cogliate il sarcasmo del titolo, ma per chi non lo sa, o non ne ha sentito parlare (beati voi che vi siete salvati la dose quotidiana di “cringe” che Internet offre), in cosa consiste la faccenda?

Per citare testualmente Fabio Volo, in onda su Radio Deejay:
«Ero in palestra, sul tapis roulant, e c’erano i televisori con questi canali di video musicali. A un certo punto c’è una che si chiama Ariana Grande, bellissima ragazzina, mora… Sembra abbia 15 anni, vestita di rosa, tutta sexy… se vado a una festa e una viene vestita così dico “chi è ‘sto putanun? Come si è introiata”.
Le donne sono come i fiori, in base ai colori e ai profumi attirano un certo tipo di uomo. Se tu hai paura perché sei insicura e quindi esageri con la sessualità attirerai solo gente che ti vuole sdraiare. Questa ragazzina è a quattro zampe, in ginocchio, impecorata che muove il c*lo e fa “l’ho visto, mi piace, lo voglio, ce l’ho/lo prendo”. Tutto il videoclip era un richiamo sessuale. Pensa io padre di due femmine, vado a lavoro, faccio le mie cose, mentre una società mi sta imputtanando la figlia. Ma non è possibile sia legale, che una per cantare una canzone si metta a quattro zampe, vestita da mignotta e muova il culo facendo “I want it, I got it…”»
Tralasciando che la canzone della Grande parla dei soldi e non del sesso, da dove cominciare? Forse dal fatto che Ariana Grande di anni ne ha 25, e a 25 anni ha già un Grammy Award e una sfilza di altri premi al suo talento di artista musicale. O magari dal fatto che è una filantropa femminista che supporta e finanzia da sempre cause per la ricerca medica contro l’HIV e il cancro, di sostegno ai senzatetto e ai gruppi LGBT+, raccogliendo ben 23 milioni di dollari solo per le vittime dell’attentato di Manchester. In soli undici anni di carriera è diventata una delle donne più importanti del pianeta… solo per venire insultata da un attore italiano, autore di romanzi rosa (parrebbe un controsenso, ma d’altronde anche 50 Sfumature è abbastanza misogino).

Porgo le scuse ad Ariana Grande per tutto questo, come almeno anche Volo ha avuto la decenza di fare. Tuttavia, il problema rimane, ed è un po’ più grande di quel che sembra: è il fatto che il nostro Paese sia ancora fatto di questi moralismi (e moralisti), per i quali un’artista (figuriamoci una persona normale) non può esprimere la propria sessualità come vuole, per i quali le donne sono o fiori da proteggere se caste e pure, o troie da incolpare se vittime. Fabio Volo si è scusato, sì, ma rimane il classico esempio di maschio bianco etero privilegiato che si sente minacciato da una società perversa che corrompe le sue figlie, uno stereotipo che, speravamo, fosse stata superato negli Anni Settanta.
Poi ovviamente il Congresso della Famiglia a Verona, questo marzo ha distrutto tali speranze, ma almeno Pillon si sta mangiando il cravattino ora che gli hanno bloccato il DDL.
di Lorenzo La Bella