Fabio Quagliarella
Denuciate sempre non bisogna aver paura!
Nella vita non bisogna mai prendersi responsabilità di giudizio, azione, direi neanche pregiudizio. Se non si è vissuto direttamente. Se non si conoscono di persona i protagonisti, le situazioni. Nella vita una cosa che ho imparato è che le vittime vengono a conoscenza delle calunnie tardi, quando è difficile ristabilire la verità. I calunniatori invece sono abili a creare storie, antagonisti. I calunniatori sono i più abili a parlare e smuovere coscienze innocenti ed ignare contro vittime innocenti. I calunniatori sono infami, serpi. Però ogni volta che noi diamo risalto ed agiamo in base a sentito dire e notizie non provate, diventiamo peggio dei calunniatori. Diventiamo peggio. È la giustizia che deve giudicare equamente, non noi. Si deve denunciare, non giudicare. Questa è una storia come molte, solo che il protagonista è pubblico.
La redazione
“”Sono passato per l’infame della situazione e credimi, davanti alla tua gente è la cosa peggiore in assoluto. Non potevo andare in giro che subito qualcuno ti insultava, lanciava la “parolina”. Una, due, tre volte, poi è ovvio che non sopporti più, anche perché magari reagiva la gente lì intorno a te e io non volevo che accadesse tutto ciò. Non potevo litigare con la mia gente… Ma non potevo parlare, non potevo dire come stavano le cose realmente (c’erano delle indagini in corso per via di uno stalking, Raffaele Piccolo, che gli ha rovinato la vita n.d.r.). Per cinque anni ho sofferto e ha sofferto la mia famiglia per colpa di una persona che non so cosa gli sia passato per la testa e che noi tutti reputavamo affidabile, visto che era un ufficiale della polizia postale e ci aveva aiutato a risolvere dei problemi con i computer… Iniziò tutto con una lettera anonima con delle foto di ragazzine, dove c’era scritto che ero un pedofilo. Da lì me ne sono arrivate a centinaia, dove c’era scritto di tutto e di più. Che ero immischiato con la Camorra, che ero nel giro della droga… Mandava messaggi a mio padre anonimi con scritto di stare attento, che mi avrebbero sparato, che avrebbero messo una bomba nel palazzo… Un incubo. Li la paura ti assale, perché pensi “e se è vero?” Così presi dal terrore ci affidammo proprio a lui. Iniziò un tunnel senza fine. Ci raggirava come voleva, ci “palleggiava”, mi faceva fare delle denunce che poi non venivano mai depositate, ci diceva che stava lì lì per scoprire chi fosse e di non parlarne con nessuno. Noi ovviamente facevamo tutto quello che ci diceva… Poi ha iniziato a mandarle anche in sede al Napoli e la cosa li è degenerata. Ricordo che eravamo in Svezia, dovevamo giocare una partita di coppa e io ero titolare. Poco prima della partita mi chiamano in disparte e mi dicono: “tu non giochi, ti abbiamo venduto.” Non potevo crederci. L’incubo nell’incubo. Mi avevano venduto alla Juve senza dirmi niente e a Napoli la gente è andata fuori di testa. Bruciavano le mie maglie, i miei poster, venivano sotto casa, chiamavano in piena notte minacciandomi. E io ero impotente. Come glielo spiegavo alla gente come stavano veramente le cose? Piangevo spesso, tutto ciò ha segnato la mia carriera, la mia vita. Mi immaginavo ancora tanti anni a Napoli, sognavo di diventare capitano… Sono stati anni infernali… Poi è mio padre a scoprire tutto! Un giorno Raffaele gli dice che avevano iniziato a mandare anche a lui messaggi di minacce. Così mio padre gli chiede di fargli vedere i messaggi e lui lì prende una scusa strana, dicendogli che li ha cancellati. Papà mi chiama subito: “E’ lui a merd”, ne era certo. È andato in caserma e in poco tempo hanno scoperto tutto e lo hanno inchiodato. Dopo tutti quegli anni, è stato come rinascere, è stata una liberazione…”
Fabio Quagliarella