2,9 milioni di euro a supporto delle criticità causate dalla proliferazione del granchio blu giunto nei nostri mari. Ad annuncialo il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, al termine del Consiglio dei Ministri che si è concluso nella serata di lunedì 7 agosto. Il decreto approvato prevede di incentivare economicamente i soggetti che si dedicano alla cattura e allo smaltimento del granchio blu.
Il granchio blu, il nome scientifico è Callinectes sapidus viene definito una specie aliena, perché non è autoctona del Mar Mediterraneo. Originaria dell’Atlantico, vive fino a 35 metri di profondità e in acque con temperature comprese tra i 3°C e 35°C. La tropicalizzazione delle nostre acque ha creato l’ambiente adatto per la loro proliferazione anche nei nostri mari. Si tratta di una specie invasiva, dove le femmine possono deporre fino a due milioni di uova e le larve necessitano di una temperatura di circa 20°C per svilupparsi del tutto.
La prima segnalazione di questo esemplare nel Mediterraneo risale al 1949 negli ultimi anni si è ampiamente diffuso soprattutto lungo le coste adriatiche. In Toscana il fenomeno si sta diffondendo, soprattutto lungo le coste della Maremma. Negli ultimi giorni si è registrato un aumento eccessivo in termini di esemplari soprattutto nella Laguna di Orbetello. In difficoltà, seppur con numeri inferiori, ha anche Buano e l’isola d’Elba.
Ma perchè si parla di emergenza granchio blu? Ottime capacità natatorie e molto vorace questa specie distrugge molluschi e pesci negli allevamenti. Già il 27 luglio Federagripesca aveva anticipato che l’invasione del granchio blu rappresentava un problema serio per la filiera. Cibandosi di molluschi mette a rischio la produzione di vongole, cozze e ostriche. Il crostaceo infatti ha causato danni di oltre il 50% ai produttori bivalvi in Italia, andando a minare un’economia da 100 milioni di euro.
Possibili soluzioni al problema: ipotesi biometano
L’eradicazione totale è impensabile ma una riduzione del numero e quindi della minaccia è possibile.
“Può diventare un opportunità, dobbiamo dare valore a un prodotto che al momento è solo un problema” ha detto Carlo Salvan, vicepresidente di Coldiretti Veneto.
Tra le possibili soluzioni c’è quella di creare una filiera del granchio blu, le cui carni sono molto apprezzate, ma che arginerebbe solo parzialmente il problema dato che il mercato cerca solo gli esemplari più grandi.
Fino alla scorso anno il granchio blu non era molto commercializzato nel mercato ittico, essendo molto pregiato il prezzo si aggirava anche sui 14 euro al chilo. Oggi dato la crescente diffusione il prezzo si è abassato notevolmente tuttavia la domanda di prodotto continua a non essere elevata.
Ridurli a farina per farne mangimi, con risultati più o meno soddisfacenti per via della durezza del carapace. Una possibilità interessante potrebbe essere quella della produzione di biometano, con gli esemplari catturati in un digestore per la produzione di combustibile green.
Ad oggi la soluzione sarebbe un mix delle tre soluzioni, quest’ultime supportate da un attività di raccolta che potrebbero essere svolta in modo continuativo anche durante il periodo di fermo pesca.