DISTORTED è il titolo della miniserie in uscita negli States per Scout Comics firmata da Salvatore Vivenzio e Gabriele Falzone. Il duo ritorna a collaborare insieme dopo il volume Gamble, edito da ALT! Associazione Lettori Torresi, e La rabbia, pubblicato per Shockdom.
L’esordio sul mercato statunitense avviene con una trama ben delineata che segna la coralità della natura dell’opera: Tom è un investigatore privato costretto a lavorare per un’agenzia governativa a caccia dei “distorted”, persone con poteri speciali che non riescono a controllare. James è un ragazzo in piena crisi post adolescenziale, in contrasto con un mondo che lo vorrebbe diverso; Brennar è un mercenario che caccia i “distorted” per conto di qualcuno di imprecisato, Mason è un serial killer cannibale convinto che mangiare gli altri “distorted” lo renda più potente. In questo affresco si muovono le pedine: uomini che portano sulle spalle un fardello e le cui storie saranno costrette a intrecciarsi.
Distorted è un sogno che si realizza, come dice Vivenzio nell’intervista per Gli Audaci «è un fumetto che vogliamo realizzare da quando abbiamo iniziato a lavorare in questo ambito.» Continua poi, «è una storia di super poteri senza super eroi.»
Ho avuto il piacere di intervistare Salvatore in merito alla trama e al progetto del fumetto, che spazia dal tema della stigmatizzazione sociale, alla diversità per sfociare nella ribellione a tutti i dogmi e preconcetti. Abbiamo ricalcato insieme le origini della sua carriera e la genesi dell’opera.
Al termine dell’intervista potrete trovare anche delle tavole del fumetto in esclusiva!
Se dovessi presentarti, cosa diresti al tuo pubblico?
«Non mi piacciono molto le presentazioni, in verità. La mia necessità di comunicare si scontra con una sorta di barriera che spesso metto tra me e gli altri. Sono una persona abbastanza schiva, so di essere fragile, spesso scompaio anche con i miei amici per un po’ di tempo. Scrivo proprio per questo. Lo faccio da quando ero piccolo perché lo trovo il mio modo naturale per comunicare. Quindi, il mio migliore biglietto da visita è sicuramente un mio scritto. Se dobbiamo dare delle informazioni sommarie: ho ventiquattro anni, tutto quello che ho studiato a scuola non mi è mai servito a niente, scrivo da quando sono adolescente e ho dedicato alla scrittura la mia vita».
Pensi di appartenere ad una corrente stilistica in particolare per quanto riguarda i tuoi lavori?
«Ci sono molti bravi autori di fumetti davvero giovani. Io ho iniziato alla fine del 2016/inizio 2017 con un collettivo che si chiamava “La Stanza”, avevamo voglia di fare cose nuove, rompere un po’ gli schemi. Il mondo dei collettivi all’epoca era un po’ stantio, fermo, e noi provammo a portare la nostra visione. In qualche modo forse è servito a qualcosa».
Tre aggettivi per descrivere “Distorted”.
«Doloroso, passionale, potente, sanguinante, vivo (lo so, sono cinque, scusa).»
Pensi che i protagonisti “superdotati” possano, in qualche modo, essere paragonati ai ragazzi considerati “diversi”? Che ruolo ha avuto la diversità nella tua vita?
«La metafora è esattamente questa. Come sappiamo tutti si scrive per metafore, cercando di non essere banali. Nella mia vita mi sono sempre sentito diverso. Non sono mai stato un ragazzino come gli altri, da quando avevo dodici o tredici anni e i miei amici erano appassionati di cose di cui a me non fregava nulla. Io invece iniziavo a scoprire la lettura, la scrittura. Avevo una sensibilità particolare. Questo mi portava un po’ a chiudermi, ad auto-ghettizzarmi. Purtroppo a volte nella diversità ci si sguazza. È croce e delizia. È un coltello del quale a volte stringi la lama, a volte il manico.
Il punto di svolta, a mio avviso, è capire che non sei solo. Essere diverso non vuol dire essere solo o essere unico. Ci sono tanti altri diversi come me, e abbiamo bisogno di stare insieme, noi diversi, per sopravvivere. Per riconoscerci l’uno nell’altro e non essere soli».
«Chi identificheresti come punto di riferimento per i tuoi lavori?»
«Ho iniziato a leggere fumetti con voracità e continuità a causa dei super eroi americani, ma i miei preferiti erano quelli non convenzionali. Il “Daredevil” di Bendis, il “Batman” di Miller, lo “Spiderman” di Straczynski (soprattutto quello della saga “Back in Black”). Non mi è mai interessata la figura dell’eroe infallibile, dell’eroe imbattibile. Mi interessava l’eroe sconfitto, l’eroe sfigato, l’eroe perdente. Per questo lavoro in particolare (DISTORTED) però direi che l’influenza più grande è stata un film di Josh Trank, scritto da Max Landis, del 2012 intitolato “Chronicle”. Lì c’era un po’ il seme del nostro racconto: come vivrebbero dei ragazzi normali con i super poteri? Abbiamo cercato di dare la nostra visione».
«Come è avvenuto il “salto” negli States?»
«Più che un salto è stata una traversata a nuoto. Un po’ su una nave scassata, un po’ a bracciate, come i vecchi migranti italiani. Sono stato indirizzato da Massimo Rosi, uno sceneggiatore italiano che lavora da tempo all’estero. Uno dei pochi, perché è davvero difficile per scrittori italiani approcciarsi al mondo del fumetto americano. Avere a che fare con l’orecchio americano, con lo slang, c’è una barriera linguistica non indifferente, non basta saper parlare un po’ di inglese. Ci è voluto tanto lavoro, tanta volontà, tanta passione. Ma se una storia sanguina, se è vera, se ne accorgeranno in tutte le lingue del mondo. E così è successo».
«Progetti futuri?»
«Scrivere. Raccontarmi. Raccontare quello che vedo e che penso sia importante comunicare agli altri.
Quello che ho da dire, perché l’unica cosa importante è avere qualcosa da dire. E poi continuare a lavorare all’estero. L’Italia è il mio paese ovviamente, ma è molto difficile lavorare in questo ambito qui. Preferisco espandere le mie conoscenze del settore in America (magari anche altrove) e costruire una “carriera” all’estero. Lo trovo più stimolante.
Chiudo ringraziandoti per lo spazio e per l’interesse, che non è mai scontato, soprattutto qui. Viva i diversi, i deboli, i fragili e gli sconfitti. Per sempre».
Di seguito le anteprime di “DISTORTED”: