L’arteterapia vien definita “l’insieme di tecniche e metodologie che utilizzano le attività artistiche visuali – come la danza, il teatro o la musica – come mezzi terapeutici finalizzati al recupero e alla crescita della persona nella sfera emotiva, affettiva e razionale”. In altre parole è un aiuto e un sostegno che utilizza l’espressione artistica affinché il processo creativo diventi un mezzo attraverso il quale migliorare la qualità della vita delle persona coinvolta nel progetto, allo scopo di avere un incremento della consapevolezza che ha di sé stessa. Francesco Centorame giovane attore abruzzese, conosciuto per il ruolo di Elia nella serie “SKAM Italia” e per quello di Giulio ne “Gli anni più belli”, ha dato vita a “Dietro La Maschera Lab”, un laboratorio biennale di teatroterapia che ha l’intento di rendere chi vi partecipa un attore preparato e un essere umano più consapevole.
Come nasce Dietro La Maschera?
«Dagli 11 ai 18 anni ho dovuto fare i conti con ansia, depressione e attacchi di panico. Lo psicologo che mi seguiva mi consigliò di fare teatroterapia per aiutarmi ad affrontare i problemi. Così, quando ne ho avuto la possibilità, ho voluto creare un luogo per far sentire a proprio agio chi ha vissuto – in linea di massima – quel che ho vissuto io. Avevo voglia di dare un luogo sicuro a chi ha sofferto o soffre per queste cose».
Qual è l’obiettivo del laboratorio?
«Il lavoro lo svolgo facendo coppia con un terapeuta, per ogni ragazzo fissiamo degli obiettivi concentrandoci in maniera individuale su ognuno di loro. Spesso questo può essere anche il solo arrivare a parlare davanti al pubblico senza aver paura del giudizio o migliorare l’autostima smarrita nel percorso antecedente al laboratorio. L’obiettivo generale è far capire ai ragazzi che sono quello che pensano di essere e non quello che gli altri pensano che loro siano e liberarli dal fatto di non dover essere per forza perfetti. Miriamo a tutelare la fragilità, non a nasconderla. Abbiamo avuto degli incontri con personalità come Ambra Angiolini e Michele Bravi che hanno fatto della loro fragilità la loro forza. Questo tipo di sensibilità ha un potenziale per fare del bene anche agli altri, è per questo importante che i ragazzi la capiscano e la accolgano senza farsene una colpa».
Avete mai preventivato la possibilità che si potrebbe in qualche modo fallire? Che la teatroterapia si riveli non giusta per i vostri ragazzi?
«Sì, è un percorso che deve fare bene a chi decide di farne parte, dopo un periodo di prova, facciamo una chiacchierata per vedere come procedono le cose. Con alcuni abbiamo fatto fatica ma per fortuna non abbiamo mai “fallito”. Abbiamo avuto diversi ragazzi che dopo il primo anno hanno deciso di intraprendere l’accademia e per noi sono state grandi soddisfazioni».
Se dovessi scegliere tra le due, preferiresti continuare a lavorare sul set o dedicarti ai ragazzi?
«Ho iniziato un film a giugno e una serie a ottobre, ma sono sempre stato capace di fare entrambe le cose. Riesco sempre ad arrivare bello carico perché ho un’energia sempre viva. Non sceglierei mai l’una o l’altro: dietro la maschera la porterò avanti a prescindere dal mio lavoro. La cosa bella di questo posto è che, a differenza di tanti altri luoghi, ha un prezzo basso ed è stato un investimento mio fatto perché penso che un luogo del genere al Francesco di 16 anni avrebbe fatto bene. Cerco quindi di mettere a disposizione tutto ciò che è utile a un ragazzo della mia età».