Al Tribunale di Santa Maria Capua Vedere, una lettura dei versi della Divina Commedia, in occasione del Dantedì.
Il Dantedì
25 marzo 1300. Questa la data che, secondo alcuni studiosi, segna l’inizio del viaggio di Dante Alighieri nell’aldilà. La questione è ancora controversa e non mancano ricostruzioni che collochino l’avvio del percorso dantesco in un momento differente. A coronare il contrasto, lasciando il dibattito ai fini letterati, una direttiva approvata dal Consiglio dei ministri, istitutiva del Dantedì, la Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri, ricorrente – udite, udite – il 25 marzo. Numerose e disseminate su tutto il territorio italiano gli eventi per celebrare il Sommo Poeta. Tra questi, l’omaggio del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con un po’ di anticipo rispetto alla data ufficiale: il 22 marzo in luogo del 25.
Al centro del cortile del Tribunale civile, nel mezzo di Via Albana, una copia della Divina Commedia, sorretta da un leggio, illuminata dal pallido sole di marzo: un piccolo assaggio della bella stagione. I versi dell’Opera di Dante hanno risuonato per le aule del Tribunale. Hanno prestato la loro voce magistrati e tirocinanti, dinanzi ad un pubblico di operatori del diritto e no. Noncuranti del vento gelido che scorreva le pagine, a scapito della splendida giornata di sole.
Il messaggio valoriale della Divina Commedia
Dante e Giustizia: c’è un legame? “Si potrebbe rispondere a questa domanda in molti modi: basti pensare che tantissimi versi della Divina Commedia hanno attinenza con la realtà giudiziaria odierna,” dichiara il magistrato Raffaele Sdino, Presidente della I sezione civile. “Va sottolineata, innanzitutto, la tensione morale che permea la Divina Commedia. Dante era un cittadino che credeva nei valori e in questo sta la sua modernità. Nella realtà odierna parlare di valori come l’onestà, il rigore, la coerenza sembra anacronistico e suscita una certa onta.”
I valori di cui la Divina Commedia si fa portavoce sono universali. Dante è, dunque, chiamato ad assolvere una funzione pedagogica, nei confronti della collettività tutta. Destinatari del suo messaggio etico e morale sono, soprattutto, i magistrati, chiamati a rendere giustizia e a farsi “costruttori di nuovo”. Lo ricorda il magistrato Francesco Balato, Presidente della sottosezione ANM del Tribunale. Nel suo accorato discorso, si delinea l’esigenza di un magistrato colto: che conosca il diritto ma che si faccia depositario, altresì, di un sapere multidisciplinare, che lambisca anche le arti musicali e letterarie. Al magistrato si impone, inoltre, il dovere di essere onesto e competente: estrinsecazione sul piano pratico dei valori e dei principi di cui l’Opera dantesca costituisce esaltazione.
Come nasce il Dantedì in Tribunale
Il Presidente Sdino, entusiasta per la riuscita dell’evento, ne ricorda la genesi: un anno fa, in piena pandemia. “Il Dantedì è nato come reazione ad un momento di tristezza che toccava ciascuno di noi, nel mezzo situazione emergenziale. Nasce, in primo luogo per lanciare un messaggio di speranza sul luogo di lavoro. Ulteriore finalità, ma al tempo stesso strumento per realizzare il primo obiettivo, è stata ritrovare la bellezza nel leggere Dante ad alta voce. Un’occasione rara, considerato che spesso la lettura resta confinata nella mente.”
Le aule di giustizia si propongono quale scenario consono al messaggio del Poeta. Come ci spiega il Presidente Sdino: “si legge Dante in Tribunale perché il Tribunale è un luogo di vita!”. Nel suo sguardo, la salda convinzione nella necessità di rinnovare quotidianamente le virtù civiche negli operatori del diritto e, soprattutto, il fervore per la giustizia: quell’amore che, come insegna il Sommo, “move il sole e l’altre stelle”.