In tempo di pandemia riemerge impietoso il tema dell’obbligo vaccinale, sventolato a mo’ di vessillo da alcuni, aborrito senza mezzi termini da altri.
Cominciamo col dire che l’art. 32 della Costituzione si presta a poche interpretazioni poiché latore di un dettato abbastanza chiaro: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Quindi, la volontarietà del trattamento sanitario rappresenta la regola, mentre l’obbligatorietà (si pensi ai trattamenti sanitari obbligatori) è un’eccezione che comprime la libertà del soggetto di scegliere le cure o di rifiutare un trattamento sanitario. Ciò significa che il legislatore deve necessariamente tenere presenti i risultati tecnico–scientifici, che in ogni caso non possono mai portare all’adozione di disposizioni normative contrarie ai principi costituzionali, essendo possibile solo una compressione degli stessi per un determinato periodo di tempo, ed in ogni caso senza mai dar luogo ad una violazione dei limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Il tema dell’obbligatorietà di un trattamento sanitario, nel caso di specie dell’obbligatorietà vaccinale, è un vero e proprio campo minato poiché ci si muove tra diritto, scienza e coscienza, ma una recente pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza n. 5/2018), sembra aver in qualche modo ammesso l’obbligo vaccinale laddove sancisce che “La giurisprudenza di questa Corte in materia di vaccinazioni è salda nell’affermare che l’art. 32 Cost. postula il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo (anche nel suo contenuto di libertà di cura) con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l’interesse della collettività”. “In particolare, questa Corte ha precisato che la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost.: se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili; e se, nell’ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato (sentenze n. 258 del 1994 e n. 307 del 1990)”.
Inoltre, la stessa Corte, si spinge fino a sostenere che per assicurare una prevenzione efficace dalle malattie infettive si può ricorrere talora alla raccomandazione, talora all’obbligo, anche con misure sanzionatorie, stabilendo che la discrezionalità per tali misure deve essere esercitata alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche, accertate dalle autorità preposte (sent. 268/2017), e delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica, che debbono guidare il legislatore nell’esercizio delle sue scelte in materia (sent. 282/2002).
Alla luce di tali considerazioni sembrerebbe verosimile la possibilità che il legislatore italiano si spinga fino a rendere obbligatoria, almeno per alcune categorie di operatori (come quelli sanitari) la vaccinazione per infezione da Covid-19.
di Davide Daverio