Lina Sastri - Photo credit Carlo Bellincampi

COPERTINA – Lina Sastri: «Le cose belle vanno oltre la moda, il momento, il tempo e l’età»

Redazione Informare 05/04/2016
Updated 2017/10/16 at 5:06 PM
12 Minuti per la lettura
Lina Sastri - Photo credit Carlo Bellincampi

Napoli è donna

 

È donna nelle sue movenze, nelle sue forme, nelle sue inflessioni. Le parole che si tramandano altro non sono che sussurri negati di amori che hanno travolto poeti e cantautori, sentimenti verso una donna, verso la propria terra.

Napoli è donna e le donne sono Napoli. Sarà genetica, oppure magia, ma di fatto le donne della nostra città hanno sempre saputo cogliere in pieno l’animo del nostro popolo, tramandandolo e diventando manifesti viventi di una napoletanità pulita, intellettuale e, al contempo, verace. Lina Sastri è una donna di Napoli.

Attrice “per vocazione” come lei stessa ci ha dichiarato, Lina Sastri è una di quelle persone a cui non basta essere opera vivente delle nostrane bellezze, ma deve esserne attiva esecutrice. Ecco spiegato allora il battesimo teatrale al fianco del grande Eduardo, i film, uno su tutti “Mi manda Picone”, e gli spettacoli teatrali in cui la musica, altra sua grande passione, incontra la prosa in un collage di momenti dall’eccelsa artisticità. Una donna di Napoli non la si può invitare a bere del buon vino e può storcere il naso se le si chiede di fare insieme un “ape”. Ad una donna verace e nostrana si può solo offrire un caffè. Così abbiamo fatto.

 

Lina Sastri - Photo credit Gabriele Arenare
Lina Sastri – Photo credit Gabriele Arenare

 

«Inizio in questo periodo la fiction Mediaset “Il bello delle donne” – così Lina Sastri ha iniziato a parlarci dei suoi prossimi progetti – in cantiere c’è la musica, che mi manca molto e un altro progetto del quale per scaramanzia non voglio parlare. È nel mio cuore la produzione della sceneggiatura, e successivamente di un film, tratta da un libretto dedicato a mia mamma “La casa di Ninetta”. Lo stesso nome lo ha il ristorante di mio fratello a Napoli, che ha deciso di intitolarlo così proprio in merito al mio libro. Diventerà un film? Speriamo!». Il teatro, forma d’arte che la stessa Sastri ha definito a lei più vicina, a Napoli è stato calderone e palestra di grandissimi personaggi con cui Lina Sastri ha avuto il piacere di collaborare, interpretando i ruoli più diversi. Le donne, specialmente nel teatro napoletano, hanno sempre avuto posti di spessore pur sempre all’ombra dei ruoli maschili. «Chi l’ha scritto il teatro? È stato scritto sempre da uomini. Non solo, nella tradizione antica teatrale napoletana chi scriveva era anche attore. Le famiglie erano patriarcali e di conseguenza la donna non era sicuramente la protagonista, non lo poteva essere, era una figura salda, forte, che accompagnava da dietro, come un porto d’amore, di sacrificio e di profonda sensibilità di cuore. Quindi la donna poteva essere madre, sorella e ogni tanto, se era bellella, “poco di buono”».

Tanti ruoli, tante donne e tante storie da raccontare, ma tutti hanno una battuta, oppure un copione che più ha lasciato il segno nel proprio animo: «Io no. Ogni momento è momento ed io non mi ricordo nulla, per me è un grandissimo dono. Non ho la coscienza precisa delle cose. È ovvio, ti restano le prime immediate emozioni che ti hanno sorpreso il cuore: il primo David di Donatello non è come il terzo. Io tuttora conservo un senso di spavento, di sorpresa, di aspettativa magica ed innocenza molto giovane nei confronti della vita. Per questo motivo, ancora oggi, sento la grande differenza che c’è tra il cinema e il teatro: il primo resta, mentre il secondo ti dà la possibilità di mutare, di volta in volta».

 

Lina Sastri durante l'intervista - Photo credit Gabriele Arenare
Lina Sastri durante l’intervista – Photo credit Gabriele Arenare

 

Un’arte, il teatro, che sembra sempre più doversi adattare alla corsa dei tempi, quando sceglie di rinnegare le sue origini per far accorrere a sé il pubblico, con la speranza di mantenersi in vita. «In base alla mia esperienza vedo che in teatro la gente ci va. I giovani chiaramente meno perché costa molto, perché non sanno e per andare a teatro ci vuole un’educazione teatrale. A scuola non c’è un’Educazione alla Storia del Teatro che possa dare un’infarinatura generale per la quale ti nasca un minimo di curiosità. Oggi il giovane non ha nemmeno la memoria. Non so neanche se sappia chi fosse Anna Magnani, per esempio. Il giovane è tartassato da mille informazioni, è informato su tutto ma non sa realmente niente. É abituato al consumo giornaliero della notizia che è fine a se stessa. Viviamo un’epoca di grande solitudine e anche di grande difficoltà: un ragazzo ha bisogno di riferimenti che non ha. Non li ha nella famiglia che purtroppo non c’è più, reperto archeologico del dopoguerra dove aveva ancora un senso. Parlare così è parlare da vecchi? Non lo so, ma noi da giovani volevamo rompere gli schemi. La cultura, in questo senso, ha un ruolo favoloso».Il teatro deve evolversi senza disperdere la sua natura catartica ed artistica. Forse approcciarlo a nuove tecniche di comunicazione potrebbe permettere una rinascita culturale che parta proprio dal piglio sulle nuove generazioni. «Sarebbe utile, ma non ce lo fanno fare. Perché non avrebbe, secondo loro, l’audience che permette il ritorno economico fatto di pubblicità, sponsor … per questo non lo fanno fare. Sarebbe utile ma non per i giovani, che nemmeno lo vedrebbero. Loro non la guardano la tv, hanno il computer. Semmai più per quelle persone che non si possono muovere da casa. Oggi non c’è più rispetto per questa generazione, oggi gli anziani li vogliono rottamare!».

La movenza e la veracità che solo una napoletana può possedere e sfruttare. Le frasi in dialetto diventano declamazioni artistiche di detti e battute teatrali alle quali si può rispondere soltanto con un delicato sorriso. Una reale bellezza. «Le cose belle vanno oltre la moda, il momento, il tempo, l’età… vanno oltre!».

…E lei, sig. Sastri, è bellissima!

di Savio De Marco
Foto di copertina Carlo Bellincampi
Servizio fotografico interno a cura di Gabriele Arenare

 

Lina Sastri: l’artista oltre il teatro

«Amo la musica, arte che ti fa essere solo te stessa»

Il nostro incontro romano con Lina Sastri si è composto di vari momenti in cui l’artista si è svelata ad ‘Informare’ in tutta la sua poliedricità e il suo autentico sentire artistico. Ed è emersa così la sua anima musicale, quella che non trasmette le tante facce e le molteplici interpretazioni del teatro, ma quella che lascia spazio all’“essere se stessi” che solo la musica può far emergere e può trasmettere a chi ascolta. Ebbene, Lina ama molto la musica e tra le sue peculiarità ha quella di essere anche una brava cantante: ha pubblicato nel tempo numerosi album, principalmente in napoletano, ad esempio “Concerto napoletano” nel 2004 in cui sono raccolte le canzoni più prestigiose del ‘900, ha tenuto concerti anche all’estero tra cui in Giappone nel 2002, ha collaborato con cantanti come Gigi D’Alessio e Peppe Barra. Nel 1992 ha inoltre partecipato al Festival di Sanremo con “Femmene ‘e mare”. Ecco cosa ci ha raccontato su questa passione:

Qual è l’approccio alla musica di Lina Sastri? Quali sono le sue emozioni rispetto a quest’ambito artistico?
«La musica mi manca molto quando me ne distacco. Ho in cantiere un progetto musicale per quest’anno ma non dico troppo per scaramanzia. La musica sei tu, sei tu che canti. Ho creato, o almeno mi è sembrato di farlo, con la musica il teatro. Il mio teatro, il teatro di Lina, è uno spettacolo che si chiamava “Cuore mio”, uno spettacolo che è andato in tutto il mondo, da Buenos Aires a Tokyo; poi ho fatto “Eros”, e “Corpo Celeste” tratto in parte da Anna Maria Ortese, in seguito ho realizzato “Mese Mariano”, tutto dedicato a Di Giacomo, il cui primo tempo era interamente musicale. Sono 20 anni che io comunico la musica con il teatro, mo ‘o fanno tutti quanti, ma io lo faccio da sempre!».

 

da sx: Rossella Bicco, Fabio Corsaro, Lina Sastri, Savio De Marco e Valeria Vitale - Photo credit Gabriele Arenare
da sx: Rossella Bicco, Fabio Corsaro, Lina Sastri, Savio De Marco e Valeria Vitale – Photo credit Gabriele Arenare

 

Suona qualche strumento musicale?
«No, io ho l’orecchio assoluto. So esattamente cosa voglio sentire e chi lo deve suonare, come va suonato ecc. I miei musicisti sono molto bravi a capire quello che voglio, ma io sono molto chiara. Perché ho l’immagine. Quando realizzo un mio spettacolo musicale, l’ultimo è stato “Appunti di viaggio”, e prima c’è stata “Linapolina”, fatta solo di poesie in lingua italiana edite da me, io li faccio in teatro, non faccio il tour musicale».

La gente che viene ai suoi spettacoli a teatro si aspetta quest’aspetto musicale?
«Si, la gente in questo caso si aspetta la musica quando si inizia, e invece trova la prosa. Crei qualcosa, gli dai quello che non si aspettano, e ci devi riuscire. Se non ci riesci è colpa tua! Se ci riesci è bello, perché gli hai dato qualcosa oltre quello che loro pensavano. Bisogna sempre provarci, e mai rifare quello di cui sei sicuro».

E questo è naturalmente il segno distintivo di un’artista degna di questo nome, che non si risparmia mai nelle multisfaccettate espressioni della sua arte.

di Valeria Vitale e Rossella Bicco

Tratto da Informare n° 156 Aprile 2016

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