F. A. I. SOSTIENE L’APPELLO DI INFORMARE
Abbiamo dedicato la copertina di questo mese al grave problema del racket e dell’usura che aumentano il controllo e la potenza dalla criminalità organizzata sui nostri territori. Ci troviamo ad affrontare un periodo di crisi economica post-covid, sappiamo che queste condizioni potrebbero favorire un’azione maggiore dei clan. Per tale ragione sentiamo l’esigenza di ribadire un chiaro messaggio: la camorra non dovrà passare.
Siamo orgogliosi di poter annunciare che la Federazione delle Associazioni Antiracket e Antiusura Italiane (F.A.I.) sostiene la nostra campagna e questa copertina che speriamo possa dare un forte messaggio sociale.
Nel giugno del 2008 dedicammo la nostra copertina a Mimmo Noviello, imprenditore castellano ucciso dal clan dei casalesi dopo aver denunciato le estorsioni.
Oggi, ben 12 anni dopo, sentiamo l’esigenza di dover lanciare un ulteriore messaggio: la camorra non deve rialzare la testa nei nostri territori. La delicata situazione post crisi è una ghiotta occasione per i clan del casertano e del napoletano: ora più che mai chiediamo alle Istituzioni massima attenzione, particolarmente al litorale domizio.
Per fare il punto della situazione abbiamo intervistato Luigi Ferrucci presidente della Federazione delle Associazioni Antiracket e Antiusura Italiane (F.A.I.).
Si teme davvero un ritorno “più prepotente” della criminalità organizzata in questi territori, soprattutto attraverso l’usura e il racket?
«È un problema che può emergere e crediamo che emergerà anche in tempi brevi; come sappiamo questa emergenza sanitaria ha determinato la chiusura delle attività per mesi, con tutte le conseguenze economiche del caso.
Il problema principale è la mancanza di liquidità per le imprese, e lo dico da imprenditore. Si è cercato di affrontare tutto col decreto liquidità, che prevede finanziamenti dalle banche attraverso una garanzia dello Stato, ma ecco cosa è successo: nell’articolo 1 comma B, queste garanzie vengono a cadere qualora l’attività abbia una “sofferenza” pregressa al 31 dicembre. Questo è un fatto tutt’altro che raro, per cui molti si sono visti rifiutare la richiesta di questo sostegno. Ciò determina che l’impresa in difficoltà può essere tentata, trovarsi con le spalle al muro e costretta a rivolgersi ad un usuraio: ecco la nostra preoccupazione.
Queste cose non sono facili da evidenziare in questa fase, perché ovviamente il malcapitato non andrà a denunciare l’usuraio che gli ha dato soldi in brevissimo tempo.
È chiaro che le probabilità di denuncia sono molto basse in questo caso. Per quanto concerne le infiltrazioni nelle imprese, in un momento di difficoltà, una persona vicina alla criminalità organizzata può offrire il suo aiuto economico e così l’imprenditore si ritrova in primis un socio occulto, poi socio di minoranza, poi prestanome della propria azienda e infine si trova a far parte delle cosiddette “lavatrici dei clan”».
Qual è la situazione in merito alle richieste di pizzo?
«Per il pizzo la considerazione che facciamo è questa: c’è stata questa chiusura e anche coloro che chiedono il pizzo hanno avuto ripercussioni economiche. Io temo che molte attività non riusciranno a riaprire, ma quando ci sarà una ripresa generale ci aspettiamo che i clan vorranno recuperare il terreno perduto: molti saranno più aggressivi, e questo è un altro aspetto da non sottovalutare».
La FAI non ha registrato quindi un aumento di denunce per pizzo o usura in questo periodo…
«In questo periodo c’è stato chi si è rivolto a noi, ma per situazioni pregresse.
Essendo stati chiusi per mesi, il racket è stato fermo, mentre per l’usura vale il discorso esplicitato poc’anzi. Si è presentata qualche situazione pregressa perché ci sono persone che con la crescita di questa crisi non ce l’hanno fatta più e finalmente hanno denunciato, ma nessuna situazione è strettamente legata a questa emergenza».
Oltre ad essere Presidente del FAI conosci anche molto bene il territorio, hai più preoccupazione per il Litorale Domizio?
«Il Litorale, storicamente ai tempi dei “casalesi”, è stato sempre il bancomat del clan. Sono ormai anni che la nostra zona è economicamente disastrata, e come ho già detto bisogna sempre tenere alta l’attenzione perché non abbiamo ancora vinto questa guerra, anche se è stato fatto tanto. Non dobbiamo permettere tentativi di riorganizzazione».
Con l’evoluzione delle mafie anche nel settore finanziario, quanto conta ancora il pizzo e l’usura nelle sue casse?
«Il pizzo è ancora una bella fetta dell’economia mafiosa, ma non dobbiamo mai dimenticare che il pizzo serve a controllare il territorio e attraverso il pizzo c’è il riconoscimento dell’estorsore e dell’organizzazione.
Ci sono casi di pizzo anche di cinquanta o cento euro, cifre irrisorie, che vanno comunque denunciate, perché così come viene riconosciuta l’autorità dello Stato attraverso il pagamento delle tasse, così viene riconosciuto il controllo delle mafie attraverso il pagamento del pizzo. È un fatto di legittimazione, ed è ancora una grossa parte del loro sostentamento fermo restando che, come abbiamo detto, in questo periodo anche loro hanno avuto un danno».
Un operatore economico che è minacciato da una richiesta estorsiva e decide di parlare, come può avvicinarsi a voi e come intervenite?
«Anche in questi giorni di lockdown non siamo rimasti fermi, il nostro sportello è stato sempre attivo e diversi soggetti sono stati ascoltati in videoconferenza. Il 3 giugno a Gela abbiamo presentato lo sportello online, uno degli strumenti utili ad un primo incontro conoscitivo. Diciamo sempre di rivolgersi alle forze dell’ordine con fiducia o ad associazioni antiracket.
La nostra funzione è fare da tramite tra imprenditore ed istituzioni, per trovare una via d’uscita.
Non è facile, ma insieme si può fare».
di Antonio Casaccio