COPERTINA – Caparezza: «Il Sud è la mia mamma»

Redazione Informare 28/10/2017
Updated 2017/10/28 at 12:25 PM
9 Minuti per la lettura

Capelli ricci, crespi: una chioma felina che serve ad aumentare uno spazio vitale, ad allargare l’area dedicata ai pensieri che, fuoriusciti, cadono come ciocche su un volto pungente. Punge lo sguardo, fatto di giocosa ironia. Pungono i capelli, come le rime fabbricate con cura icastica che affondano le proprie radici in ogni argomento, in ogni angolo del mondo circostante.

 

Caparezza - Photo credit Francesco Catalano
Caparezza – Photo credit Francesco Catalano

Caparezza non rappresenta, non simboleggia, non è accostabile ad alcuna categoria della musica da lui tanto amata. Ogni commento sembra superfluo e riduttivo di fronte a quest’artista che gioca con le parole e con i suoni regalando sensazioni ad ogni brano e ad ogni riascolto. Di certo e inconfutabile c’è solo il lavoro, la sicurezza di un significato alle spalle di ogni verso. In una melma di ritmi senza senso e artisti inventati per essere esposti in vetrina, risalta lui che, per lanciare un album fa attendere lunghe tempistiche al pubblico, scomparendo e dedicandosi alla sua vita e alla sua creatività. Perché Caparezza è fatto così: è un artista e a parlare deve essere la sua arte. Gli interessa poco l’ospitata in tivù o la partecipazione attiva sui social: preferisce di gran lunga avere contatto con i suoi fan durante i firmacopie o il tanto atteso tour. La vera intervista, sulla sua vita e sugli argomenti che gli interessano, la rilascia quotidianamente con la sua musica.

 

Leggi qui l’ultimo numero Novembre 2017 del Magazine Informare: 

 

Mi piace sapermi diverso, piacere perverso che riverso in versi

“La fitta sassaiola dell’ingiuria” – ?! – 2000

Il rap è lo stile prediletto da Michele Salvemini, in arte Caparezza. Sarà per natura

generazionale, oppure perché questo è l’unico stile con cui si può dire la verità senza alcun filtro. Attenzione, però, a definirlo rapper: lui è quanto di più diverso che la scena rap possa offrire. Si distacca da ogni cliché appartenente a questa categoria, fatta di bulli di quartiere che inneggiano alla bella vita, ai soldi e alla continua ostentazione dell’uomo macho e figo che tutto vuole e tutto può. Caparezza dal rap prende la tecnica e ne capovolge totalmente i contenuti, divenendo la voce di chi guarda la vita con le lenti del ragazzo all’ultimo banco, appassionato di manga e fumetti, con una visione del mondo, politica e sociale, ben definita. Un discendente diretto del vero cantautorato italiano, questo senza dubbio, che si adatta alla propria epoca mescolando le proprie influenze artistiche con i suoni dell’età contemporanea. La strada della maturità artistica ha seguito un reale iter catartico, partendo da un momento di riscossa giovanile, il “volerci provare a tutti i costi” di un acerbo e immaturo Mikimix. Melodico, dolce e dai capelli corti, questo ragazzo che decise di partecipare a Sanremo nel ‘97 rappresenta l’antitesi di ciò che poi è diventato Caparezza, un esperimento da cui ripartire per distaccarsi totalmente da quella radice.

 

Ecco l’ipocrita che giudica senza toga, quello fuori dal tunnelelel della droga 

“Annunciatemi al pubblico” – Habemus Capa – 2006

C’è un’intera generazione che conosce a memoria la canzone “Fuori dal tunnel”, uno dei pezzi più famosi di Caparezza che in quel lontano 2003 scalò le vette delle classifiche italiane. Per la sua orecchiabilità, perché questo flow velocissimo fatto di riferimenti continui rappresentava un unicum nella musica nostrana, perché si faceva a gara tra chi riusciva a cantarla senza prendere fiato. “Fuori dal tunnel” divenne un tormentone. Da tale lo trattò chi immediatamente volle cercarci dietrologie e significati nascosti. Qualcuno ipotizzò che il tunnel era un chiaro riferimento alla droga e al cammino per uscirne. La canzone era una critica al mondo del divertimentificio. Le tematiche di Caparezza toccano ogni categoria e l’artista non risparmia nessuno. Denunce velate di ironia, cantate con una dissacrante voce nasale che rimbomba nella testa del suo pubblico, ultimamente sempre più folto, abituato e incuriosito dalle scelte decisamente poco commerciali del cantante.

Caparezza

Puglia mia, tu Puglia mia, ti porto sempre nel cuore quando vado via. Subito penso che potrei morire senza te, subito penso che potrei morire anche con te!

“Vieni a ballare in Puglia” – Le dimensioni del mio caos – 2008

Pugliese DOC, Caparezza dà vita ad un progetto musicale completamente made in Molfetta, sua città natale, lavorando sempre con suoi conterranei: dagli artisti della band alle persone che partecipano al tour. Una piccola influenza viene dall’America con la recente collaborazione con Chris Lord Alge, tecnico del suono statunitense. «Il Sud è la mia mamma» ha affermato durante la nostra intervista in esclusiva. «Sono un uomo del Sud e la mia radicalità risalta molto dal punto di vista “ecologico”. Mi infastidiscono i soprusi sul nostro territorio, della Puglia e più generale del Sud. È un amore naturale ma non mi sento nello stereotipo». Come “Fuori dal tunnel”, anche “Vieni a ballare in Puglia” rappresenta una di quelle canzoni poco capite dalla massa. Una canzone molto triste, di amore verso una terra che non regala futuro luminoso, soprattutto dal punto di vista salutare per quanto concerne la questione dell’Ilva di Taranto (citata da Caparezza come simbolico inferno nel videoclip di “Argenti Vive”, tratta dall’album Museica, 2014).

Caparezza

Lasciami stare fa uno sforzo, e prenditi il cosmo

“Una chiave” – Prisoner 709 – 2017

Dopo il boom avuto con l’album “Museica”, interamente dedicato all’arte come spunto per la trattazione di temi estremamente attuali (tralasciando i pezzi “biografici” come “Cover” e “Chinatown”), la chioma di Molfetta è ritornata con un album decisamente più intimo, nato da un momento di grande riflessione sulla propria carriera artistica. “Prisoner 709” (disco di platino) è uno sfogo a denti stretti che origina dall’accentuarsi di un acufene che ha messo per un attimo in crisi l’ispirazione di Caparezza, come egli stesso descrive perfettamente nella canzone “Larsen”. Riflessioni sull’età che avanza, sulle proprie esperienze e motivi per “stare bene” fanno spazio tra le denunce e i continui riferimenti culturali di cui sono intrisi i suoi testi. Che Caparezza lasci un po’ di spazio a Michele? «Il CD è sempre mio, in entrambi i casi. Ci sono tracce più caparezziane e tracce più nuove rispetto al mio percorso, ma, come sempre, sono presenti entrambe le anime». La riflessione, quella fatta con il sorriso leggermente inarcato nella guancia, è accompagnata da ogni verso, da ogni parola che si trova lì per un motivo preciso, con uno scopo delineato. Caparezza fa ballare, fa riflettere e fa emozionare. Come l’emozione che si legge nei suoi occhi quando alla domanda La tua canzone preferita di quest’album? ci risponde in maniera decisa: «“Una chiave”: parla di me quando era bambino».

di Savio De Marco

Tratto da Informare n° 175 Novembre 2017

Caparezza "Prisoner 709"
Caparezza “Prisoner 709”
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